2022-02-08
In Parlamento arrivano tre decreti. L’Aula corregga le follie del governo
Emendamenti leghisti sulla card a esenti dai sieri e guariti. M5s: «Via quella rafforzata».Visto che il presidente Sergio Mattarella è stato freneticamente applaudito quando, nel suo discorso di re-insediamento, ha deplorato la compressione eccessiva delle possibilità di esame parlamentare dei decreti legge (da lui peraltro firmati e autorizzati…), c’è ora una spettacolare possibilità di garantire alle Camere una sorta di rivincita. In sequenza, i due rami del Parlamento sono infatti chiamati alla conversione in legge di ben tre decreti legge pandemici: quelli del 24 dicembre, del 29 dicembre e del 5 gennaio. Ricordiamo che, mentre in epoca di Giuseppe Conte si procedeva attraverso dpcm (atti amministrativi non sottoposti al vaglio parlamentare), sotto il governo di Mario Draghi si è almeno compiuto un timido passo verso una maggiore correttezza costituzionale, adottando decreti legge, cioè atti normativi di rango primario, immediatamente efficaci, giustificati proprio dalla necessità e urgenza, e che tuttavia il Parlamento deve trasformare in legge entro 60 giorni. A onor del vero, anche con Draghi gli inghippi sono stati due. Primo: molto spesso l’urgenza evocata era eventuale o differita nel tempo. Secondo: tale è la raffica di provvedimenti, che poi, quando il Parlamento è chiamato a esaminarli, le norme risultano vecchie, legate a una fase pandemica già superata.C’è da augurarsi che il Parlamento prenda coraggio. Già risultano depositati (ad esempio dalla Lega, ma non solo) emendamenti interessanti, al Senato, su uno dei decreti in questione (per i feticisti delle cifre, il 221 del 2021). Sarebbe grave se il governo si opponesse o pretendesse di vincolare l’esame parlamentare attraverso l’imposizione della fiducia, di fatto azzerando le possibilità di modifica. Le questioni da affrontare sono numerose. Primo: il balletto delle mascherine. Secondo: il nodo delle quarantene per i positivi asintomatici. Che senso ha inchiodare ai domiciliari persone che stanno bene e che potrebbero tornare al lavoro (al limite, con la precauzione della mascherina)? Va ricordato che il positivo asintomatico è oggi sottoposto all’alea del tempo necessario a negativizzarsi: alcuni hanno la fortuna di tornare presto negativi, altri - pur stando bene - restano inchiodati a casa fino a 20 giorni. Terzo: è ora di cestinare il sistema dei colori. Quarto: c’è da smantellare la logica del green pass, che tuttora (si pensi alle dichiarazioni infelici di Franco Locatelli e di Walter Ricciardi) qualcuno vorrebbe confermare nella sua funzione «premiale», come se lo Stato dividesse i cittadini in buoni e cattivi, o protrarre fino all’estate. Alla faccia del ritorno alla normalità sbandierata da media e governo, d’altronde, dal 15 febbraio, gli over 50 dovranno esibire la card rafforzata sul lavoro. Il senatore leghista Alberto Bagnai, intanto, ha depositato due emendamenti per facilitare la vita a italiani che patiscono una discriminazione nella discriminazione: uno prevede di estendere il certificato a chi ha un’esenzione vaccinale, un altro di abolirne la scadenza per tutti i guariti. Quinto: c’è da abolire la didattica a distanza. È la ragionevolezza a suggerire questa ipotesi, insieme alle caratteristiche più tenui della variante Omicron (in particolare per bambini e ragazzi). Se è così, il ragazzino ipoteticamente «raffreddato» potrà stare a casa per qualche giorno, e gli altri continueranno regolarmente in presenza. Se non si cambia paradigma ora, con il 90% di vaccinati e con una così vasta diffusione di Omicron (quindi con un mix di elevata immunità vaccinale e di elevata immunità naturale), quando mai si potranno alleggerire norme ormai superate? E c’è un altro segnale interessante. Ieri 16 parlamentari pentastellati hanno diffuso una nota in cui affermano che «il green pass rafforzato sta letteralmente affossando le attività commerciali, i settori alberghiero, turistico e della ristorazione; cinema, teatri e musei sono in fortissima difficoltà, e le società sportive si dichiarano non più disponibili ad accettare restrizioni palesemente discriminatorie». Anche loro hanno l’opportunità di passare dalle parole ai fatti.
Eugenia Roccella (Getty Images)
Carlotta Vagnoli (Getty Images)