2019-11-30
Parigi si vuol mangiare un altro gioiello tech
Il colosso delle transazioni Wordline interessato all’acquisto della controllata di Cdp. Si aprirebbe il tema del golden power Il neo presidente della società è Lovadina, renziano doc, che farà la differenza nella scelta del partner difensivo: Poste o Nexi?Il 2020 porterà in Italia la guerra dei pagamenti. Un mercato in pieno sviluppo che per rafforzarsi spingerà il piede sull’acceleratore del consolidamento. Così nelle scorse settimane banca Intesa ha confermato l’interesse di massima per avere una quota di Nexi e per sviluppare assieme la componente dei Pos, mentre Sia, controllata da Cdp, adesso è al bivio dell’Ipo. A darne conferma è stato ieri il Sole 24 Ore che però ha riportato altri rumor in essere da giugno scorso di abboccamenti tra il numero uno di Cassa, Fabrizio Palermo, e l’ad di Wordline, Gilles Grapinet. La notizia è stata smentita da Cdp: l’ipotesi di un matrimonio tra Sia e il gruppo francese dovrebbe andare contro a uno dei vincoli basilari, perchè l’azienda è considerata strategica dallo Stato. Wordline inoltre è un colosso da 10 miliardi quotato a Parigi e dunque - dal punto di vista francese - l’unica possibilità sarebbe l’acquisizione di Sia da parte dei francesi. In pratica si mangerebbero la tecnologia italiana ed entrerebbero a gamba tesa nel mercato tricolore. Un’eventualità sulla quale si è mossa ieri anche la Lega. Il deputato Giulio Centemero ha spiegato che «si susseguono sulla stampa indiscrezioni relative a una possibile fusione tra il gruppo Sia e la francese Wordline. Un’indiscrezione che, se confermata, non può non destare preoccupazione rispetto al futuro di un gruppo che rappresenta per il nostro Paese un patrimonio di know how tecnologico in un settore - quello dei pagamenti digitali - assolutamente strategico». Centemero in una nota quindi ha osservato: «Risulta difficile individuare dei vantaggi in una possibile fusione di Sia con Worldline: fusione, del resto, non è il termine adatto. Si tratterebbe di un’acquisizione in piena regola. Difendere da incursioni straniere i nostri asset deve essere una priorità per le istituzioni e per Cassa depositi e prestiti, che di Sia è azionista di riferimento».Anche molti analisti sono del parere che sarebbe diverso ipotizzare una fusione con Nexi, al momento detenuta dai fondi di private equity. In questo caso la leva potrebbe essere tutta interna al Paese. Banca Intesa più Cdp, poi la tecnologia di Sia e la struttura di Nexi. E forse anche per questo motivo Giuseppe Conte avrebbe intenzione di convocare Palermo per avere rassicurazioni sul tema. Non vorrebbe che Cdp porti avanti alcun tipo di trattativa al di fuori dei confini. Non è però solo una posizione di tutela degli asset italiani, ma anche una riorganizzazione degli schemi dopo che le nomine dell’altro giorno hanno spalancato una serie di consigli di amministrazione. In particolare alla presidenza di Sia è andato proprio l’avvocato centrale per il Giglio magico, Federico Lovadina, socio di Francesco Bonifazi.Lovadina è rimasto uno dei pochi esponenti del Giglio magico a non essere saltato agli onori delle cronache in qualche inchiesta della magistratura. Per rimanere all’attualità va ricordato che nel 2017 curò l’acquisizione da parte di Nexi (Istituto centrale delle banche popolari italiane) di Bassilichi, azienda fiorentina specializzata in pagamenti digitali. Ora da presidente di Sia potrebbe ritrovarsi a gestire la fusione proprio con Nexi, per creare un colosso di paytech italiano. Oppure potrebbe favorire una fusione con Poste, dove amministratore delegato è Matteo Del Fante, in ottimi rapporti con Renzi, che lo nominò nel 2014 in Terna. L’operazione Poste potrebbe addirittura essere alternativa a quella con Nexi, il che esplicita il ruolo di ago della bilancia dei renziani. Il business dei pagamenti digitali è uno dei più promettenti e non solo per il 2020, ma per il prossimo decennio. Ecco perché l’incarico di Lovadina assume una sfumatura di estrema importanza. E rende le mosse di Palermo ancora più complicate.
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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Il Comune di Merano rappresentato dal sindaco Katharina Zeller ha reso omaggio ai particolari meriti letterari e culturali della poetessa, saggista e traduttrice Mary de Rachewiltz, conferendole la cittadinanza onoraria di Merano. La cerimonia si e' svolta al Pavillon des Fleurs alla presenza della centenaria, figlia di Ezra Pound.