2024-10-01
Sui medici abortisti il Papa fa il Papa. Ma per i progressisti doveva fare la Bonino
Jorge Mario Bergoglio, Papa Francesco (Ansa)
Ira per le parole sulla pratica «omicida» e i dottori «sicari». Per piacere a sinistra, Francesco dovrebbe abiurare la fede.Non nascondiamoci dietro a un dito: tra i tratti distintivi di questo Pontificato, non c’è la linearità. Un giorno il Papa dà l’impressione di voler accrescere il ruolo delle donne nella Chiesa; il giorno dopo dice che è «brutto» quando «una donna vuole fare l’uomo». Un giorno organizza un Sinodo sulla sinodalità per avviare profonde riforme; il giorno dopo sottolinea che le riforme non devono essere quelle «alla moda». Un giorno ammette che l’Italia, da sola, non può accogliere tutti (il Paese «è saturo», tuonò nel 2019); il giorno dopo - oggi, per la precisione - organizza in Vaticano una celebrazione in cui bisognerà chiedere perdono per i «peccati contro i migranti». Su un argomento, però, Francesco è sempre stato coerente: la difesa della vita fin dal concepimento. E benché, sedotti dal suo ecologismo, dal suo pauperismo, dalla sua insofferenza al sovranismo, i progressisti lo abbiano spesso coccolato, questa fermezza non gliela perdonano.Lo dimostra il coro d’indignazione che si è levato dopo gli ultimi commenti del vicario di Cristo sull’aborto. È un «omicidio», ha ribadito Jorge Mario Bergoglio sul volo di ritorno dal Belgio, al termine di un viaggio in cui ha tenuto discorsi dai toni insolitamente «ratzingeriani». Al punto da entrare in polemica con l’università di Lovanio, che lo ha accusato di essere maschilista. Ripetendo una formula già usata in passato, il Pontefice ha pure definito «sicari» i medici che lo praticano, in quanto pagati per eliminare esseri umani. Apriti cielo.In difesa della categoria è intervenuto direttamente il presidente degli Ordini, Filippo Anelli: «I medici sono sempre vicini alle persone che soffrono», ha replicato. «Nel caso specifico, svolgono questo delicato compito», cioè l’interruzione di gravidanza, «rendendo possibile l’applicazione di una legge dello Stato, la 194/1978. Una legge che prevede il rispetto della salute e della dignità della donna e della libertà sia della donna che del medico». L’Associazione ostetrici ginecologi ospedalieri scriverà al Papa, sicura «si sia sbagliato. Non meritiamo tale trattamento». Sulla querelle si sono pronunciate anche diverse «mediche», come ci tengono a farsi chiamare ora. Secondo Alessandra Kustermann, la responsabile del centro antiviolenza Svs Donna aiuta di donna di Milano, interpellata dal Corriere della Sera, Francesco «difetta di misericordia». Su Vanity Fair, Silvana Agatone, della Libera associazione italiana ginecologi per l’applicazione della legge 194, ha deplorato «un linguaggio che inneggia all’odio e al giudizio». Su Quotidiano sanità, i ginecologi Anna Pompili e Corrado Melega hanno riesumato il più antico adagio anticattolico: la denuncia della «inaccettabile ingerenza» vaticana. Sembra quasi di essere tornati ai tempi di Giovanni Paolo II, o di Benedetto XVI, della sfida referendaria sulla fecondazione assistita. Non a caso, si è mossa pure la politica. Si sono rivisti i radicali contro la Santa Sede: +Europa ha esortato nientemeno che il ministro della Salute, Orazio Schillaci, a schierarsi al fianco dei ginecologi. Donatella Albini, già medico - anzi, «medica» - abortista, nonché responsabile sanità di Sinistra italiana, ha ribattuto al successore di Pietro con un post su Facebook: «Ho applicato la legge 194, con attenzione e professionalità, ho guardato le donne negli occhi, ho raccolto le loro parole, ho avuto rispetto e cura della loro autodeterminazione. Non sono una sicaria». Per Carlo Calenda, quelle del Papa sono state «parole profondamente sbagliate», «espressioni di una violenza incomprensibile», all’interno di «un dibattito pubblico generale fatto già di urla e rabbia». Quasi quasi, Bergoglio è diventato come l’estrema destra che spesso aveva bacchettato: sbraita, insulta, offende le donne. Gli rimane soltanto l’incrollabile sostegno alle imprese marine di Luca Casarini e ciurma.Carlo Verdelli del Corriere, su X, ha ribaltato un dogma, evocando la «fallibilità del Papa» e ribadendo che i medici non obiettori «consentono alle donne, a differenza di altri colleghi, di affrontare una scelta difficile ma garantita da un diritto». Il grande politologo Gianfranco Pasquino ha rilanciato il post e rincarato la dose: «Quelle parole del Papa non sono solo fallibilità, sono abominio».Atteso che un Pontefice è infallibile esclusivamente nei verdetti ex cathedra, cioè quando si pronuncia in materia di fede, constatiamo comunque che, per i suoi fan illuminati, Francesco è buono soltanto quando si comporta come se fosse il segretario che manca al Pd. Ovvero, quando, anziché ribadire la dottrina, sembra aggiornarla alle tendenze del momento. È vero: pure i conservatori spesso lo attaccano. Pure loro paiono entusiasti di Bergoglio a corrente alterna. Ma c’è una differenza sostanziale: essi chiedono semplicemente che il vescovo di Roma confermi il magistero, cosa più importante della persona e delle idee di chiunque si trovi a governare la Chiesa. I progressisti, invece, pretendono che Francesco trasformi la Chiesa nel partito socialdemocratico, o in quello radicale. La cosa migliore è lasciare a ognuno il proprio mestiere. Che il Papa faccia il Papa. Non la Bonino.
Lo ha dichiarato il presidente del Consiglio europeo in occasione del suo incontro con il premier greco Kyriakos Mitsotakis.
Antonella Bundu (Imagoeconomica)