2025-01-10
Il Papa coi diplomatici non è diplomatico: «Sedetevi a trattare con chi non vi piace»
Dal Pontefice uno schiaffo all’immobilismo sul dossier Putin. Monito in Siria: «Niente pace se non si tutelano i cristiani».Lampi da conservatore. Papa Francesco spiazza i diplomatici accreditati in Vaticano, intervenuti alla cerimonia degli auguri, e comincia l’anno nuovo ribadendo alcuni capisaldi di quella dottrina che spesso finisce in sacrestia quando a maneggiarla sono i vescovi progressisti della Cei. Nell’aula della Benedizione del Palazzo Apostolico il pontefice parla di valori non negoziabili, di intelligenza artificiale, di Cancel culture, di «paura della guerra mondiale», di necessità di negoziare «anche con chi è considerato scomodo» (come Vladimir Putin). Poiché il raffreddore gli causa difficoltà respiratorie, lo fa per interposta persona incaricando monsignor Filippo Ciampanelli di leggere il fluviale intervento.Il santo padre parte da temi etici che gli stanno a cuore: l’aborto, la tecnocrazia, la manipolazione delle coscienze. «È inaccettabile parlare di un cosiddetto diritto all’aborto che contraddice il diritto alla vita. Tutta la vita va protetta dal concepimento alla morte naturale, perché nessun bambino è un errore o è colpevole di esistere. Così come nessun anziano o malato può essere privato di speranza e scartato». In questo contesto ammonisce a non piegarsi alla cultura dell’individualismo e all’assolutismo tecnologico. «Mai come in quest’epoca l’umanità ha sperimentato progresso, sviluppo e ricchezza. E mai come oggi si è trovata sola e smarrita, non di rado a preferire gli animali domestici ai figli». Francesco punta il dito contro il pensiero unico e non mostra feeling nei confronti dell’intelligenza artificiale. «Nel nostro tempo la negazione di verità evidenti sembra avere il sopravvento. Alcuni diffidano delle argomentazioni razionali mentre altri ritengono di possedere in modo univoco la verità che si sono autocostruiti, esimendosi così dal confronto e dal dialogo con chi la pensa diversamente». È la società dei social network e della cultura della solitudine. «Queste tendenze sono incrementate dai moderni mezzi di comunicazione» mette in guardia il Papa, «e dall’intelligenza artificiale, abusati come mezzi di manipolazione della coscienza a fini economici, politici e ideologici». Davanti agli ambasciatori, Francesco sottolinea la sua contrarietà a idolatrie modaiole, a manipolazioni della Storia. «Sono preoccupato dalla colonizzazione ideologica che tenta di sradicare le tradizioni, la storia e i legami religiosi dei popoli. Si tratta di una mentalità che fa spazio alla Cancel culture, non tollera differenze, si concentra solo sui diritti degli individui trascurando i doveri nei confronti dei più deboli». Ribadisce la sua strategia sui migranti («non sono solo oggetti da collocare ma hanno dignità e risorse») e chiede uno sforzo congiunto per affrontare il fenomeno senza dimenticare «la creazione di percorsi regolari sicuri». Ma il Papa non ha finito. Con una sottolineatura non banale parla della Siria. «Auspico pace e unità per il popolo siriano. Ma non c’è vera pace se non viene garantita anche la libertà religiosa, che implica la possibilità di manifestare pubblicamente la propria fede. I cristiani vogliono contribuire all’edificazione delle società in cui vivono. Anche laddove non sono maggioranza nella società, essi sono cittadini a pieno titolo, specialmente in quelle terre in cui abitano da tempo immemorabile». Allargando l’orizzonte, Francesco chiede a gran voce la pace. «Di fronte alla sempre più concreta minaccia di una guerra mondiale, la vocazione della diplomazia è quella di favorire il dialogo con tutti, compresi gli interlocutori considerati più scomodi o che non si riterrebbero legittimati a negoziare». Sembra quasi un invito a sedersi al tavolo della pace con Putin. È molto di più: una critica all’Onu, all’Unione Europea e alle organizzazioni incapaci di svolgere le funzioni «per le quali sono state create». Ricordando la Guerra Fredda, il pontefice muove un’accusa a chi è immobile. «È urgente recuperare lo spirito di Helsinki con il quale Stati contrapposti e considerati nemici sono riusciti a non abbandonare il dialogo. Questo perché oggi le istituzioni multilaterali non sembrano più in grado di garantire la pace e la stabilità, la lotta contro la fame e per lo sviluppo, né di rispondere in modo efficace alle sfide del 21º secolo». Poi l’affondo più pesante: «Molte istituzioni sovranazionali necessitano d’essere riformate nel rispetto della sovranità paritaria degli Stati. Duole constatare che c’è il rischio della frammentazione in club che lasciano entrare solo quanti la pensano allo stesso modo». Su Gaza il diplomatico prova a farlo lui. Da un lato ribadisce che «la popolazione palestinese deve ricevere gli aiuti necessari dove c’è una situazione umanitaria gravissima e ignobile». Dall’altro condanna «le crescenti espressioni di antisemitismo che interessano sempre più comunità ebraiche nel mondo». Un equilibrio perfetto dopo la lettera aperta di Eliezer Weisz, membro del Gran Rabbinato d’Israele, che ha accusato Bergoglio di «aver prestato l’autorità papale al moderno antisemitismo, equiparando la democrazia israeliana a un’organizzazione terroristica come Hamas». Il cerchiobottismo papale è doveroso.
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