2025-05-13
Il Papa disarma i giornalisti con l’elmetto
Papa Leone XIV durante l'incontro con i cronisti (Getty Images)
Leone XIV incontra i cronisti e li invita a cambiare la comunicazione per favorire il cessate il fuoco. Esattamente il contrario di quanto gran parte della stampa ha fatto finora. Accusando di putinismo chiunque mettesse in dubbio la sconfitta della Russia.«Disarmiamo le parole, così disarmeremo il mondo». Chissà se la frase di papa Leone XIV, pronunciata ieri durante un incontro con i giornalisti, ha fatto saltare sulla sedia qualche collega. Il pontefice ovviamente non ha fatto nomi, ma l’invito alla tregua, in un conflitto che non si combatte soltanto con le armi ma pure con le opinioni, sembra rivolto a chi, da tre anni a questa parte, ha fatto il tifo per una vittoria militare e a tutti i costi, anche quando si era capito che sarebbe stata pagata con il sangue di molti soldati. A me sono tornate in mente le liste di proscrizione compilate sul Corriere della sera, contenenti i nomi di coloro che avevano manifestato qualche obiezione all’idea di una guerra dura e pura, senza paura (ovviamente degli inviati da salotto).Fino almeno allo scorso anno, a parlare di cessate il fuoco senza premettere che la Russia avrebbe dovuto restituire tutti i territori ucraini occupati e anche ripagare i danni dell’invasione - cosa che, ovviamente, renderebbe impraticabile qualsiasi accordo - si rischiava l’accusa di collaborazionismo. Chiunque invocasse la pace senza dire che, però, avrebbe dovuto essere giusta, cioè prevedere la sconfitta di Mosca, era sospettato di essere un putiniano camuffato da sincero democratico. Dunque, nei primi due anni di guerra, quando ancora nelle trincee delle redazioni si alimentava l’idea di una controffensiva delle truppe di Kiev che ricacciasse indietro gli aggressori, è stato difficile, se non impossibile, parlare di pace. E i primi a non volerlo fare sono stati i giornalisti militanti i quali, troppo spesso, scambiano le loro passioni e le proprie idee con la realtà.Il Papa adesso dice che bisogna disarmare, mettere da parte pregiudizi, fanatismo e rancori. Quando a pronunciare la parola pace fu Francesco, siccome aveva deciso di non cantare nel coro di chi criticava solo ed esclusivamente la Russia, i giornali fecero finta di non sentire. Pronti a raccogliere qualsiasi confidenza di Sua Santità soprattutto sui migranti ma anche sul movimento gay, i cronisti decisero di ignorare le frasi che apparivano critiche nei confronti dell’Occidente. A Bergoglio è subentrato Prevost e, anche se gli inviati hanno fatto a gara a descrivercelo come un clone di papa Francesco, Leone XIV sembra avere non solo un altro stile, ma anche posizioni diverse rispetto al predecessore.Non ha solo indossato i paramenti della tradizione e, a quanto pare, imboccato la strada per un ritorno alla residenza papalina che prima di Bergoglio ospitava i pontefici. Il Santo Padre ha messo l’informazione al primo posto e non tanto per parlare di sé, ma per parlare di guerra. «È un dovere scegliere con coraggio la strada di una comunicazione di pace», ha detto incontrando la stampa. Lasciamo perdere tutte le bugie che sia sull’invasione dell’Ucraina e che sul conflitto a Gaza sono stati diffusi.All’opinione pubblica è stata propinata una massa di panzane (ad esempio sul prossimo collasso dell’Armata rossa, dell’economia russa e anche sulle condizioni di salute di Putin) che ora, di fronte all’evidenza, molti giornalisti dovrebbero recitare il mea culpa, cambiando mestiere subito dopo. Ma anche senza riconoscere errori ed esagerazioni, dovrebbero fare tesoro delle parole del Papa e dismettere, se non la macchina per scrivere, almeno le armi. Con il termine embedded si intende un cronista al seguito di un esercito: lo si definisce in inglese «incorporato» perché, sebbene non sia arruolato e, dunque, agli ordini del comandante che guida le truppe, quasi fa parte dell’organico militare, come se si trattasse di una specie di addetto stampa del battaglione. Ecco, in questi anni ho avuto la sensazione che molti colleghi, invece di riferire in maniera indipendente l’evolversi del conflitto, abbiano deciso di diventare il megafono di una parte. Va bene difendere gli aggrediti, che siano ucraini, israeliani o palestinesi, ma il nostro mestiere non si risolve pendendo da un lato, bensì nel riferire tutto, anche ciò che scopriamo di politicamente scorretto, senza tacere nulla, pur se dispiace a qualcuno.Credo sia questo il monito di Leone XIV. Che per chi ha silenziato Bergoglio quando invitava ad alzare bandiera bianca pur di avere la pace, e fino a ieri sognava un pontefice anti Trump, non è un buon inizio.
Iil presidente di Confindustria Energia Guido Brusco
Alla Conferenza annuale della federazione, il presidente Guido Brusco sollecita regole chiare e tempi certi per sbloccare investimenti strategici. Stop alla burocrazia, realismo sulla decarbonizzazione e dialogo con il sindacato.
Visione, investimenti e alleanze per rendere l’energia il motore dello sviluppo italiano. È questo il messaggio lanciato da Confindustria Energia in occasione della Terza Conferenza annuale, svoltasi a Roma l’8 ottobre. Il presidente Guido Brusco ha aperto i lavori sottolineando la complessità del contesto internazionale: «Il sistema energetico italiano ed europeo affronta una fase di straordinaria complessità. L’autonomia strategica non è più un concetto astratto ma una priorità concreta».
La transizione energetica, ha proseguito Brusco, deve essere affrontata con «realismo e coerenza», evitando approcci ideologici che rischiano di danneggiare la competitività industriale. Decarbonizzazione, dunque, ma attraverso strumenti efficaci e con il contributo di tutte le tecnologie disponibili: dal gas all’idrogeno, dai biocarburanti al nucleare di nuova generazione, dalle rinnovabili alla cattura e stoccaggio della CO2.
Uno dei nodi principali resta quello delle autorizzazioni, considerate un vero freno alla competitività. I dati del Servizio Studi della Camera dei Deputati parlano chiaro: nel primo semestre del 2025, la durata media di una Valutazione di Impatto Ambientale è stata di circa mille giorni; per ottenere un Provvedimento Autorizzatorio Unico ne servono oltre milleduecento. Tempi incompatibili con la velocità richiesta dalla transizione.
«Non chiediamo scorciatoie — ha precisato Brusco — ma certezza del diritto e responsabilità nelle decisioni. Il Paese deve premiare chi investe in innovazione e sostenibilità, non ostacolarlo con inefficienze che non possiamo più permetterci».
Per superare la frammentazione normativa, Confindustria Energia propone una legge quadro sull’energia, fondata sui principi di neutralità tecnologica e sociale. Uno strumento che consenta una pianificazione stabile e flessibile, in linea con l’evoluzione tecnologica e con il coinvolgimento delle comunità. Una recente ricerca del Censis evidenzia infatti come la dimensione sociale sia cruciale: i cittadini sono disposti a modificare i propri comportamenti, ma servono trasparenza e dialogo.
Altro capitolo centrale è quello delle competenze. «Non ci sarà transizione energetica senza una transizione delle competenze», ha ricordato Brusco, rilanciando la necessità di investire nella formazione e nel rafforzamento della collaborazione tra imprese, università e scuole.
Il presidente ha infine ringraziato il sindacato per il rinnovo del contratto collettivo nazionale del settore energia e petrolio, definendolo un esempio di confronto «serio, trasparente e orientato al futuro». Un modello, ha concluso, «basato sul dialogo e sulla corresponsabilità, capace di conciliare la valorizzazione del lavoro con la competitività delle imprese».
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