2025-10-08
Non poté dire addio al marito morente durante la pandemia: Rsa condannata
Il tribunale di Novara riconosce un risarcimento alla vedova per il mancato commiato, negato a causa delle restrizioni nel 2021.Le cavillose e surreali limitazioni imposte durante la pandemia ora sono solo un brutto ricordo, ma le loro conseguenze restano attuali. Anche nei tribunali. Quello di Novara, in particolare, ha appena emesso una sentenza storica, riconoscendo per la prima volta il «diritto al commiato» e condannando una casa di riposo a risarcire con 5.000 euro una donna a cui era stato impedito di vedere, per l’ultima volta, il marito morente a causa delle restrizioni anti Covid. Una sorte toccata a tante famiglie, alcune delle quali non poterono nemmeno celebrare le esequie dei propri cari, messe al bando per quasi due mesi dal ministero della Salute, allora guida da Roberto Speranza. I fatti di Novara risalgono al 2021: le condizioni del signor Pietro, ospite della Rsa dal luglio 2020 e affetto negli ultimi anni da decadimento cognitivo, il 20 gennaio si aggravarono irrimediabilmente, dopo un peggioramento nei giorni precedenti nei quali alla moglie, Rosa, era stato concesso di accedere alla struttura. Come si legge negli atti, alle ore 10.20 circa, la signora Rosa telefonava in struttura per avere ragguagli circa le condizioni del marito». Il direttore sanitario della struttura «la informava circa un ulteriore drastico peggioramento delle condizioni di salute del marito e ne preannunciava l’imminente decesso. In tale occasione la signora chiedeva quindi nuovamente la possibilità di poter effettuare un accesso urgente in struttura, con tutte le precauzioni del caso (in particolare l’effettuazione di un tampone) per poter assistere il coniuge negli ultimi momenti della sua esistenza in vita. Tuttavia, l’autorizzazione ad effettuare tale accesso le veniva ancora una volta negata. Solo alle 14.12 la caposala avvisò Rosa dell’imminente decesso, invitandola a raggiungere la struttura. Arrivata verso le 14.30, «veniva quindi invitata comunque a salire per prestare un ultimo saluto alla salma del coniuge, ma si rifiutava, ritenendolo tragicamente vano». I coniugi della coppia, infatti, come noto al personale della Rsa, «erano entrambi non credenti, convinti dell’assenza di una vita ultraterrena dopo la morte, e che con quest’ultima cessi ogni rapporto umano e spirituale fra le persone». Tali circostanze, scrive il giudice Giuseppe Siciliano nella sentenza, hanno reso ancor più doloroso per la signora Rosa non poter essere vicina al marito, con il quale aveva condiviso 50 anni di vita familiare e lavorativa, negli ultimi momenti della sua esistenza. Questo ha causato un dolore ancor maggiore di quello determinato dalla scomparsa del compagno di una vita».In propria difesa, la Residenza per anziani dichiarò di essersi semplicemente attenuta alle norme imposte dal governo Conte bis. Il giudice ha in effetti riconosciuto che «il contesto normativo vigente all’epoca (nella quale - innegabilmente - vi era stato e vi era un continuo proliferare di provvedimenti e atti normativi di vario rango, in particolare Dpcm) porta a ritenere che una Struttura insistente nel territorio della Regione Piemonte avesse effettivamente la possibilità di limitare o anche vietare le visite in determinati reparti o nell’intero plesso». Tuttavia, la toga non ha basato la sua decisione soltanto valutando «la stretta applicazione delle norme» ma controllando come viene declinato nel caso concreto un «potere discrezionale». Il magistrato ha quindi individuato un «eccesso di potere» da parte dei responsabili della Rsa: «In conclusione e in estrema sintesi, un comportamento, in generale plausibile in forza di un potere conferitole dalle norme allora vigenti, ma esercitato in modo non del tutto corretto (con tutta probabilità, un eccesso di prudenza ma comunque un eccesso; un avviso della imminente morte, con tutta probabilità, dato con troppo ritardo; insomma, un “eccesso di potere” non assoluto-arbitrario e generalmente animato da una volontà di cautelare i ricoverati o anche di cautelarsi ma comunque un eccesso di potere». Il giudice spiega infatti inoltre che «il divieto o limitazione di ingresso (nella Rsa novarese, ndr) è stato adottato anche quando strutture ospedaliere, nello stesso periodo, consentissero le visite soprattutto in caso di visita a soggetto in condizioni di salute oggettivamente gravi».La sentenza quindi, oltre ad aprire la strada a nuove istanze giudiziarie presentate da familiari che durante il Covid hanno subito simili divieti, ha una forte portata simbolica, poiché riconosce l’esistenza e la risarcibilità del danno da «mancato commiato» per «avere negato quel momento essenziale per l’elaborazione del lutto che è il passaggio, per certi versi formale, di addio».
Iil presidente di Confindustria Energia Guido Brusco
Alla Conferenza annuale della federazione, il presidente Guido Brusco sollecita regole chiare e tempi certi per sbloccare investimenti strategici. Stop alla burocrazia, realismo sulla decarbonizzazione e dialogo con il sindacato.
Visione, investimenti e alleanze per rendere l’energia il motore dello sviluppo italiano. È questo il messaggio lanciato da Confindustria Energia in occasione della Terza Conferenza annuale, svoltasi a Roma l’8 ottobre. Il presidente Guido Brusco ha aperto i lavori sottolineando la complessità del contesto internazionale: «Il sistema energetico italiano ed europeo affronta una fase di straordinaria complessità. L’autonomia strategica non è più un concetto astratto ma una priorità concreta».
La transizione energetica, ha proseguito Brusco, deve essere affrontata con «realismo e coerenza», evitando approcci ideologici che rischiano di danneggiare la competitività industriale. Decarbonizzazione, dunque, ma attraverso strumenti efficaci e con il contributo di tutte le tecnologie disponibili: dal gas all’idrogeno, dai biocarburanti al nucleare di nuova generazione, dalle rinnovabili alla cattura e stoccaggio della CO2.
Uno dei nodi principali resta quello delle autorizzazioni, considerate un vero freno alla competitività. I dati del Servizio Studi della Camera dei Deputati parlano chiaro: nel primo semestre del 2025, la durata media di una Valutazione di Impatto Ambientale è stata di circa mille giorni; per ottenere un Provvedimento Autorizzatorio Unico ne servono oltre milleduecento. Tempi incompatibili con la velocità richiesta dalla transizione.
«Non chiediamo scorciatoie — ha precisato Brusco — ma certezza del diritto e responsabilità nelle decisioni. Il Paese deve premiare chi investe in innovazione e sostenibilità, non ostacolarlo con inefficienze che non possiamo più permetterci».
Per superare la frammentazione normativa, Confindustria Energia propone una legge quadro sull’energia, fondata sui principi di neutralità tecnologica e sociale. Uno strumento che consenta una pianificazione stabile e flessibile, in linea con l’evoluzione tecnologica e con il coinvolgimento delle comunità. Una recente ricerca del Censis evidenzia infatti come la dimensione sociale sia cruciale: i cittadini sono disposti a modificare i propri comportamenti, ma servono trasparenza e dialogo.
Altro capitolo centrale è quello delle competenze. «Non ci sarà transizione energetica senza una transizione delle competenze», ha ricordato Brusco, rilanciando la necessità di investire nella formazione e nel rafforzamento della collaborazione tra imprese, università e scuole.
Il presidente ha infine ringraziato il sindacato per il rinnovo del contratto collettivo nazionale del settore energia e petrolio, definendolo un esempio di confronto «serio, trasparente e orientato al futuro». Un modello, ha concluso, «basato sul dialogo e sulla corresponsabilità, capace di conciliare la valorizzazione del lavoro con la competitività delle imprese».
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Mario Venditti. Nel riquadro da sinistra: Maurizio Pappalardo, Silvio Sapone e Antonio Scoppetta (Ansa)