La Meloni convoca i sindacati sulla manovra. Ma la Cgil è preoccupata per la decisione della Consulta che potrebbe aprire le aziende a Usb, Cobas e Orsa. Intanto Stellantis produce meno di mille auto al giorno.
La Meloni convoca i sindacati sulla manovra. Ma la Cgil è preoccupata per la decisione della Consulta che potrebbe aprire le aziende a Usb, Cobas e Orsa. Intanto Stellantis produce meno di mille auto al giorno.C’è una certa fibrillazione nel mondo sindacale di sinistra. Una gara a non perdere le ali più estreme e movimentiste che si sta combattendo a colpi di scioperi, dichiarazioni bellicose contro il governo, blocchi nelle fabbriche e competizioni a chi riempie di più le piazze. I protagonisti sono il leader della Cgil, Maurizio Landini, ça va sans dire, e le sigle autonome che partono dall’Usb e arrivano fino ai Cobas, Orsa ecc. Sigle che hanno avuto il loro momento d’oro nelle ultime settimane con una serie di iniziative - il solito stop delle attività di venerdì - che hanno dimostrato plasticamente che quando si tratta di creare difficoltà a lavoratori e famiglie i cosiddetti sindacati di base sono imbattibili. La competizione rischia di diventare ancora più aspra se domani la Consulta dovesse aprire le porte agli autonomi nelle rappresentanze aziendali. A oggi infatti la legge prevede che i sindacalisti che sono incaricati di seguire le vertenze delle singole aziende (Rsa) possono essere scelti esclusivamente tra le confederazioni che partecipano alle trattative per la firma del contratto collettivo. Tant’è che quasi sempre nei grandi gruppi e nelle Pmi ritroviamo solo i rappresentanti di Cgil, Cisl, Uil e Ugl. Se la Corte Costituzionale dovesse accogliere le istanze del Tribunale del Lavoro di Modena, a stretto giro si aprirebbero le porte a decine di sindacalisti che fanno capo alle sigle autonome pronti a surriscaldare il clima nelle aziende. Insomma, si rischierebbe di ripetere in piccolo la scena degli scorsi giorni con la Cgil costretta a dichiarare sciopero generale dopo l’Usb per non perdere «posizioni» a sinistra. Un circolo vizioso a tinte rosse dove il vincitore è incerto, ma lo sconfitto è sicuro: i lavoratori.Un bel problema politico per Landini che adesso è costretto a sperare che i giudici della Consulta dicano no alle richieste delle toghe del lavoro. E non finisce qui. Perché con una decisione a sorpresa e dopo le insistenze della Cisl, Giorgia Meloni ha deciso di convocare le parti sociali. Cgil, Cisl, Uil, Ugl e Confsal sono attesi a Palazzo Chigi per il 10 ottobre alle 16 e 30. Per una volta di venerdì niente sciopero ma l’incontro con il premier per parlare della manovra. Incontro che dovrebbe andare come da copione. Con la Cisl pronta a dialogare e la Cgil che si dirà delusa su tutto chiedendo più soldi per sanità, contratti del pubblico impiego, pensioni ecc. L’anno scorso il leader della Cgil aveva rubato qualche scatto regalando al premier, il libro Albert Camus, «L’uomo in rivolta». Ecco, l’unica curiosità è capire cosa si inventerà tra qualche giorno Landini per prendersi un po’ di scena. Il problema è che mentre il sindacalista duro e puro pensa a posizionarsi a sinistra, il mondo del lavoro viaggia a una velocità che la Cgil finge di non vedere. Proprio ieri è arrivata un nuovo studio della Cisl che certifica, non che ce ne fosse bisogno, la crisi di Stellantis in Italia. I numeri sono sotto gli occhi di tutti da mesi. Ma suddivisi per stabilimenti fanno ancor più impressione. Il dato generale dice che la produzione della multinazionale nel terzo trimestre è calata del 31,5% a 265.490 unità, calcolando insieme vetture e veicoli commerciali (auto -36,3% a 151.430 unità e veicoli commerciali -23,9% a 114.060). Con perdite che partono dal -17% di Mirafiori e arrivano al collasso di Modena, -65%. «Le previsioni per la chiusura dell’anno sono nere, ancora più negative rispetto al previsto. Il 2025 chiuderà con una riduzione di un terzo dei volumi produttivi, poco più di 310.000 unità, con le auto sotto quota 200.000», ha evidenziato Ferdinando Uliano, segretario generale Fim-Cisl, durante la presentazione del rapporto, sottolineando che «i nuovi prodotti che verranno in produzione non avranno un forte impatto quest’anno, più probabilmente nel 2026». Così tutte le attenzioni si stanno concentrando sul 20 ottobre, la data dell’incontro con l’ad del gruppo, Antonio Filosa. A Torino. «È indispensabile costruire relazioni sindacali solide e costruttive per affrontare le gravi difficoltà del gruppo e del settore. Quando si parla di centralità degli stabilimenti, per noi significa che devono seguire azioni e investimenti concreti», ha continuato il segretario dei metalmeccanici della Cisl.Del resto è difficile imputare a Filosa gli errori (soprattutto nella strategia sull’elettrico) commessi dall’accoppiata Tavares-Elkann. Ma se si pensa che l’obiettivo dichiarato a più riprese da Stellantis era di arrivare a produrre circa 1 milione di auto all’anno in Italia, mentre oggi siamo poco sopra le 300.000 (meno di 1.000 auto al giorno) si capisce bene che la situazione è drammatica. Così come è stato drammatico il silenzio di Landini che per mesi non ha detto una parola sul lento addio dell’ex Fiat e sulle strategie fallimentari del suo management.
Vincenzo Spadafora ed Ernesto Maria Ruffini (Imagoeconomica)
L’operazione Ruffini, che Garofani sogna e forse non dispiace a Mattarella, erediterebbe il simbolo di Tabacci e incasserebbe l’adesione di Spadafora, già contiano e poi transfuga con Di Maio. Che per ora ha un’europoltrona. Però cerca un futuro politico.
Ma davvero Garofani ha parlato solo una volta? No. Francesco Saverio Garofani, il consigliere per la Difesa del presidente Mattarella, non ha parlato di politica solo una volta. Possiamo dire che solo una volta le sue parole sono uscite. Così, la sua incontenibile fede giallorossa si è avvitata all’altra grande passione, la politica, provocando il cortocircuito.
Roberta Pinotti, ministro della Difesa durante il governo Renzi (Ansa)
Per 20 anni ha avuto ruoli cruciali nello sviluppo del sistema di sicurezza spaziale. Con le imprese francesi protagoniste.
Anziché avventurarsi nello spazio alla ricerca delle competenze in tema di Difesa e sicurezza del consigliere del Colle, Francesco Saverio Garofani, viene molto più semplice restare con i piedi per terra, tornare indietro di quasi 20 anni, e spulciare quello che l’allora rappresentante dell’Ulivo diceva in commissione.Era il 21 giugno 2007 e la commissione presieduta dal poi ministro Roberta Pinotti, era neanche a dirlo la commissione Difesa. Si discuteva del programma annuale relativo al lancio di un satellite militare denominato SICRAL-1B e Garofani da bravo relatore del programma ritenne opportuno dare qualche specifica.
Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa podcast del 21 novembre con Flaminia Camilletti
Gianfranco Lande durante un’udienza del processo che l’ha coinvolto (Ansa)
I parenti del consigliere hanno investito una fortuna con Gianfranco Lande. Che per prendere tempo li spingeva a fare «condoni» sui capitali.
Francesco Saverio Garofani in questi giorni viene raccontato come il gentiluomo delle istituzioni, il cattolico democratico che ha attraversato mezzo secolo di politica italiana con la felpa della responsabilità cucita addosso. Quello che nessuno racconta è che lui, insieme a una fetta consistente della sua famiglia, è stato per anni nel giro di Gianfranco Lande, il «Madoff dei Parioli». E che il suo nome, con quello dei tre fratelli, Carlo, Giorgio e Giovanna (che negli atti della Guardia di finanza vengono indicati in una voce cumulativa anche come fratelli Garofani), riempie la lista Garofani nell’elenco delle vittime allegato alla sentenza che ha raccontato, numeri alla mano, la più grande stangata finanziaria della Roma bene, insieme a quello di un certo Lorenzo (deceduto nel 1999) e di Michele, suo figlio, del cui grado di eventuale parentela però non ci sono informazioni.






