2025-08-02
Palazzopoli Milano, spunta pure il riciclaggio
Nelle carte dell’inchiesta che ha portato all’arresto di sei professionisti emerge una fitta trama di conti offshore e scatole cinesi che fanno capo all’imprenditore Bezziccheri (Bluestone). Per la Procura, solo chi pagava vedeva il proprio progetto approvato. L’ex vicesindaco De Cesaris diceva: «Basta volumetrie in più». Hanno fatto l’opposto. Lo speciale contiene due articoli.Cosa succede quando la rigenerazione urbana di una metropoli viene trasformata in una farsa ben coreografata, dove le regole si piegano, le cariche si monetizzano e le autorizzazioni si pagano con bonifici da conti offshore o con mazzette in contanti chiuse in cassette di sicurezza? Succede che una delle più ambiziose stagioni di trasformazione architettonica di Milano si riveli, parola della Procura di Milano - come «un sistema clientelare consolidato, fondato sulla corruzione, sul mercimonio della funzione pubblica e sull’occupazione politica degli strumenti di pianificazione». Dopo l’ondata di arresti di giovedì scorso, con la decisione di tutti e sei gli indagati di fare ricorso, dall’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Mattia Fiorentini emergono nuovi dettagli sull’inchiesta urbanistica che ha travolto la giunta del sindaco Beppe Sala.Un esempio tra i più eclatanti citati lo racconta l’architetto Alessio Grison. Stimato professionista, Grison si era rifiutato di pagare tangenti richieste da due funzionarie comunali per far approvare i suoi progetti. Da quel momento ogni sua pratica venne affossata con ostacoli pretestuosi. Ma se lo stesso progetto veniva ripresentato da uno studio «in linea» col sistema, magari coinvolgendo Marco Emilio Cerri, ex membro della commissione per il Paesaggio, tutto si sbloccava. Cerri non aveva alcuna competenza giuridica, né ruolo formale, ma riceveva parcelle cospicue per un solo motivo: era il «risolutore», colui che apriva le porte negli uffici del Sue (Sportello unico per l’edilizia). Il compenso? Percentuali sugli appalti, incarichi camuffati da consulenze.Questo era solo uno degli ingranaggi del sistema, che aveva come perno Giuseppe Marinoni, presidente della commissione per il Paesaggio. Una carica pubblica ma utilizzata per raccogliere incarichi privati. Come ha ammesso di fronte agli inquirenti Federico Pella, imprenditore del gruppo J+S, «l’80% delle commesse legate ai progetti approvati dalla commissione passava da Marinoni». Un patto corruttivo travestito da collaborazione professionale: a Marinoni le parcelle e i progetti, alla J+S il residuo 20%. Il giudice Mattia Fiorentini parla di un «ruolo occulto di pianificatore», di un sistema in cui Marinoni utilizzava la sua carica per favorire partner commerciali, ricevendo incarichi milionari in cambio dell’orientamento delle decisioni della commissione.E Marinoni non operava da solo. A spalleggiarlo c’era l’allora assessore Giancarlo Tancredi, che favorì la sua nomina e ne sponsorizzò le iniziative. A dimostrazione della saldatura tra interessi pubblici e privati, emerge dagli atti l’accordo sottobanco tra Tancredi e Carlo Masseroli, ex assessore e manager di Nhood Service Italy. Quest’ultimo, sollecitato da Marinoni e Pella, suggeriva a Tancredi di costruire ad hoc un convenzionamento urbanistico da impugnare in sede amministrativa per ottenere un indebito vantaggio economico. Il meccanismo era: una causa simulata da parte del privato avrebbe permesso di ottenere, tramite il contenzioso, una riduzione degli oneri di urbanizzazione dovuti al Comune. Un doppio guadagno: meno costi per il privato e più potere contrattuale nei successivi negoziati. Tancredi, invece di rigettare l’idea, ne conservava copia sulla sua scrivania. Del resto, secondo il gip Fiorentini, il sistema attorno all’urbanistica milanese strumentalizzava persino l’interesse pubblico, come l’edilizia sociale, per giustificare operazioni immobiliari redditizie.Parallelamente, Alessandro Scandurra, architetto e commissario, diventava l’uomo-chiave per Andrea Bezziccheri. Il costruttore, imprenditore milanese a capo del gruppo Bluestone, lo aveva, secondo le accuse, di fatto a libro paga. Quando i progetti erano di Bezziccheri, Scandurra firmava. Quando non lo erano direttamente, li manovrava. Le chat in mano alla Procura parlano chiaro: Scandurra rassicurava Bezziccheri che avrebbe «sistemato tutto». In cambio, consulenze e incarichi per assicurare il via libera urbanistico. In questo panorama si inserisce anche Manfredi Catella di Coima, imprenditore di punta della rigenerazione milanese e, a detta degli inquirenti, perfettamente inserito nel meccanismo. Nessun ruolo attivo nelle condotte corruttive, ma piena partecipazione a un sistema dove le norme venivano piegate per favorire i soliti noti.Il caso Bezziccheri è esemplare. L’imprenditore è finito in carcere per un motivo: anni di operazioni opache, precedenti per bancarotta e prove schiaccianti di movimentazioni sospette. La Guardia di finanza ha trovato nella sua cassetta di sicurezza 120.200 euro in contanti, in mazzette ben ordinate. L’inchiesta ha ricostruito un reticolo societario che include conti offshore (anche all’isola di Jersey), bonifici senza causale, scatole cinesi tra società collegate. Da anni Bezziccheri, si legge nell’ordinanza, utilizzava società a lui riconducibili per movimentare liquidità senza giustificazione, con l’obiettivo di «riciclare e autoriciclare» fondi illeciti, creando riserve occulte da usare per pagamenti in nero, comprese le tangenti.Il nome di Giorgio Santambrogio ricorre spesso accanto a quello di Bezziccheri. Classe 1944, socio in Bluestone Aspromonte e Bluestone Holding, è ritenuto dagli investigatori il vero finanziatore ombra delle operazioni immobiliari. Santambrogio, con precedenti per traffico internazionale di stupefacenti, immigrazione clandestina e porto abusivo d’armi, risulta il beneficiario effettivo di molte società del gruppo Bluestone. La Uif di Bankitalia ha segnalato numerose operazioni sospette a suo carico. Le sue società riversavano milioni nei conti di Bluestone, senza causali. E i capitali sparivano, poi, in triangolazioni con altre società come Egidio holding e Patron Milan Residential. E mentre Milano sventolava al mondo la bandiera della smart city e della sostenibilità, i piani regolatori venivano smontati pezzo a pezzo in favore dei palazzinari più scaltri. «Occorre essere fiduciosi», diceva Marinoni a Pella. Fiduciosi che nessuno si accorgesse di nulla. Ma qualcuno, stavolta, se n’è accorto.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/palazzopoli-milano-2673800064.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="nel-2012-promettevano-case-e-rigore-oggi-autorizzano-cantieri-ovunque" data-post-id="2673800064" data-published-at="1754089241" data-use-pagination="False"> Nel 2012 promettevano case e rigore. Oggi autorizzano cantieri ovunque «Nessun tunnel tra Linate e Rho, niente grattacieli in via Stephenson, cancellati i progetti di nuovi grandi quartieri: in sostanza, meno cemento e più verde». Era il 23 gennaio 2012. Così si apriva il Tgr Rai dedicato al nuovo Piano di governo del territorio della giunta Pisapia. Allora, l’assessore all’Urbanistica Ada Lucia De Cesaris assicurava una svolta: «Ci sarà una riduzione degli indici di edificabilità e si punterà sull’edilizia convenzionata: 24.000 nuovi alloggi, case per giovani coppie e anziani, per tutte quelle persone che per motivi della vita hanno bisogno. Questa è la risposta che Milano deve dare».Tredici anni dopo, quella risposta è diventata un atto d’accusa. Nel centro del mirino oggi c’è proprio quel sistema che doveva restituire giustizia urbana alla città. De Cesaris è indagata per tentata concussione e, secondo i magistrati, fu lei, dal 2012 al 2015, a rendere la commissione per il Paesaggio un organo autonomo e fuori controllo. Un piccolo crocevia decisionale trasformato, dicono le carte, in cerniera tra politica, interessi privati e corruzione. Da quel varco sarebbero, poi, passati pareri pilotati, incarichi paralleli, consulenze camuffate, progetti spinti in violazione delle regole. Era il primo atto di un sistema urbanistico che oggi implode sotto il peso delle indagini. I protagonisti delle inchieste, da Giuseppe Marinoni a Federico Pella, da Alessandro Scandurra ad Andrea Bezziccheri, parlano nelle chat di «strategie», «alte parcelle», «spolverate di edilizia sociale». Proprio così: l’edilizia convenzionata, quella promessa nel 2012 per aiutare chi aveva bisogno, è diventata uno strumento per giustificare operazioni immobiliari private, in cui l’«interesse pubblico» veniva evocato in modo strumentale. Lo scrive il gip Mattia Fiorentini, parlando della rigenerazione dei «nodi» urbani: «Non faceva mistero di aver concordato con l’assessore Tancredi di inserire una “spolverata” di edilizia sociale per ravvisare un interesse pubblico». Una foglia di fico. Lo stesso è accaduto con Forestami, il grande piano «verde» da tre milioni di alberi lanciato con enfasi da Stefano Boeri e sostenuto dal sindaco Beppe Sala. Il progetto, nato per riforestare Milano, è diventato il simbolo perfetto di una narrazione ambientalista usata come greenwashing. Nel frattempo, i cantieri si sono moltiplicati. La torre di via Stephenson, esplicitamente esclusa nel 2012, oggi svetta tra grattacieli e piani attuativi forzati. Il «Pgt ombra» di cui parlava Marinoni, fatto di deroghe, scavalcamenti, strategie parallele, ha avuto la meglio. I 24.000 alloggi convenzionati sono rimasti sulla carta, mentre le aree pubbliche si svuotavano e quelle private si riempivano di volumetrie. L’intera parabola del centrosinistra urbano, da Pisapia a Sala, è finita così nel mirino dell’inchiesta del 2025, con quasi 80 indagati e un’accusa che va oltre le singole responsabilità: aver costruito una città al servizio dei forti, raccontandola come inclusiva. Il verde era comunicazione, l’edilizia sociale una leva normativa, il Pgt un contenitore malleabile. Dove le relazioni personali erano quasi più forti dei ruoli pubblici.Della rivoluzione arancione di Pisapia resta poco o niente. Milano non è diventata la città promessa alle giovani coppie e agli anziani. È diventata la capitale dei masterplan, dei grattacieli, delle scorciatoie amministrative. Milano doveva essere più verde. È finita per essere più redditizia, trasformando il sogno di una città per tutti in un mercato per pochi.
«Roast in peace» (Amazon Prime Video)
Dal 9 ottobre Michela Giraud porta in scena un esperimento di satira collettiva: un gioco di parole, sarcasmo e leggerezza che rinnova la tradizione del roast con uno stile tutto italiano.