
Il giudice indagato si autosospende dall'Anm per completare la sua difesa: è pronto a denunciare rivelazioni di segreti da parte di pm eccellenti e a tirare in ballo anche giudici di sinistra. Altri nomi nelle intercettazioni. Il Csm convoca un plenum straordinario.Le sorprese sull'inchiesta perugina sul pm Luca Palamara sono solo all'inizio. Per ora il gioco lo stanno conducendo gli avversari del sostituto procuratore romano che centellinano sui giornali notizie riservate che rischiano di mandare all'aria la nomina del procuratore di Roma. Nei due interrogatori Palamara si è preoccupato soprattutto di togliersi di dosso l'accusa più infamante, quella di aver preso dei soldi. «L'hanno tirata fuori per “uccidermi", per poter dire: “È uno sporco corrotto". Per sostenere che qualunque cosa dica la dico perché sono prezzolato…». In queste ore sta raccogliendo tutta la documentazione utile a dimostrare che questo non è vero e la consegnerà all'inizio della prossima settimana.A Perugia si è difeso anche dalla contestazione di aver fatto pagare il conto dell'anello per la sua presunta amante al lobbista Fabrizio Centofanti. E ha scovato nel suo cellulare le chat che riguardano la trattativa con il gioielliere per il prezzo. Ma se nel primo tempo della sfida Palamara, appassionato giocatore di calcetto, sembra sul punto di subire una goleada, chi gli ha parlato lo ha trovato tonico e pronto a partire in contropiede. «La settimana prossima inizia il secondo tempo. E allora ci sarà da divertirsi». Questo uomo ragno delle relazioni ha un cellulare che è praticamente un agenda di incontri di altissimo livello, di richieste di favori e di tanto altro. Palamara è stato quasi certamente intercettato a parlare di nomine con molti altri magistrati, tra cui due ex consiglieri del Csm di Area, corrente con cui collabora da anni, che puntano da tempo a fare il procuratore di Torino e il presidente del Tribunale di Lecce o Taranto. «Perché la Procura di Perugia mi ha messo un trojan? Io non ho mai sentito di un virus spia inoculato nel cellulare di un pm, soprattutto per un supposto reato risalente al 2016. Perché una misura tanto invasiva?», è l'interrogativo che lo tormenta. Ma Palamara sembra avere la risposta, anche se non la rivela neanche agli amici più stretti. Quale sarà la sua arma segreta per la rimonta? Qualche collega ricorda gli aiuti che in tanti, compreso l'ex procuratore di Roma Giuseppe Pignatone e i suoi aggiunti, gli avrebbero chiesto per trovare i voti necessari alle promozioni. Ma sembra che il pm indagato abbia anche altre frecce al suo arco. Potrebbe raccontare perché interruppe i rapporti con Pignatone, all'improvviso. La notizia dell'indagine di Perugia su Palamara, Stefano Fava, altro magistrato indagato, a quanto risulta alla Verità l'avrebbe appresa proprio dal presunto «corrotto», il quale gli avrebbe riferito di essere stato informato direttamente da Pignatone. L'ex procuratore avrebbe fatto riferimento anche alle conseguenze per la famiglia del pm indagato della divulgazione di queste notizie. Per Fava «Palamara considerava queste parole quasi un avvertimento e chiuse l'amicizia con Pignatone».I giornaloni annunciano la possibile uscita di «un'intercettazione sgradita che possa compromettere chi partecipa alla gara». Il procuratore in pectore Marcello Viola ha negato telefonate dirette con Palamara negli ultimi mesi. Ma qualche «parola in libertà» del magistrato indagato su Viola o qualche altro candidato il trojan potrebbe certamente averla intercettata. Il virus spia sembra che abbia registrato Palamara e Fava mentre parlavano di nomine da fare sia a Roma sia a Perugia. Fava era infatti deciso a presentare denuncia penale contro Pignatone e Ielo, dopo aver firmato contro di loro un esposto al Csm (per la mancata astensione nell'inchiesta sull'avvocato Piero Amara) e si stava adoperando per ottenere le nomine di persone imparziali «che facessero il proprio dovere indistintamente e nei confronti di tutti», anche di Ielo e Pignatone, e «che non fossero in qualche modo legate anche per appartenenza correntizia ai magistrati che riteneva responsabili degli illeciti che avevo segnalato al Csm». Per esempio Palamara e Fava, secondo nostre fonti, consideravano l'aggiunto Giuseppe Borrelli, candidato procuratore di Perugia, troppo vicino a Ielo per la vecchia militanza in Area (cartello di sinistra), anche se oggi fa parte della corrente centrista di Unicost. Per quel posto i due avrebbero preferito Francesco Prete (Unicost), attuale procuratore di Velletri.Ieri, La Repubblica e Il Corriere della Sera hanno rivelato che nella rete delle intercettazioni sarebbero caduti altri due consiglieri del Csm, oltre a Luigi Spina: Corrado Cartoni e Antonio Lepre. Avrebbero preso parte ad almeno tre incontri con Palamara e con i parlamentari Pd Luca Lotti e Cosimo Ferri per discutere del dopo Pignatone. L'onda d'urto non ha però impaurito i due tant'è che, in una dichiarazione congiunta, hanno rivendicato di aver operato nella «massima correttezza» e di non essere «mai stati condizionati da nessuno». Hanno spiegato di aver votato per Marcello Viola perché «è il miglior candidato alla Procura di Roma». Reazione in linea con quella del loro gruppo, Magistratura indipendente, che ha fissato un'assemblea generale per sabato prossimo evidenziando «la gravità di alcuni fatti emersi, ove accertati» ma anche la «strumentalizzazione operata da alcuni organi di stampa» oltre che «la grande ipocrisia che emerge da alcune reazioni all'interno della magistratura». Unicost, la corrente di Palamara e Spina, ha già deciso invece, qualora arrivasse il processo, la «costituzione di parte civile a tutela dell'immagine del gruppo, gravemente lesa». Di fatto scaricando i due iscritti. Palamara, per ora, ha deciso solo di autosospendersi dall'Anm mentre Spina, che a Perugia è indagato per rivelazione di segreto e favoreggiamento, si è dimesso dal Csm. L'organo di autogoverno dei magistrati, che martedì 4 giugno si riunirà in seduta plenaria straordinaria, ha chiesto ai pm di Perugia la trasmissione di tutti gli atti, non più riservati, sulle presunte manovre ritorsive ordite da Palamara e Spina contro Ielo. A queste, secondo quanto ipotizzato dagli inquirenti, avrebbe preso parte anche un magistrato in servizio alla Direzione nazionale antimafia. Il procuratore aggiunto di Roma è l'unico, finora, a essere rimasto in silenzio, almeno sui giornali. La Verità ha però potuto leggere un suo messaggio inviato in un gruppo Whatsapp di magistrati in cui scrive: «Mi permetterei sommessamente di chiedere che tra essi, e in particolare tra i criteri di nomina del procuratore di Perugia, non sia previsto l'obbligo di sottoporre a procedimento penale la mia persona». La partita è ancora lunga.
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Il cancelliere ha annunciato un autunno di riforme «lacrime e sangue». In bilico il «Reddito di cittadinanza» per i disoccupati. Ma la Corte dei conti federale boccia la manovra perché non riesce a contenere il debito.
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Dopo 17 anni alla guida di Mediobanca arrivano le dimissioni dell’amministratore delegato. L’uscita segue l’opas di Mps. Nella lettera ai dipendenti cita Orazio e rivendica i risultati raggiunti. Poco prima delle dimissioni ha venduto azioni per oltre 21 milioni.
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La casa distrutta nell’area di Lublino è stata colpita dal missile sparato da un F-16, non dai velivoli di Vladimir Putin. Salta la pista russa pure per l’omicidio di Andriy Parubiy: l’ha ucciso un ucraino furioso per la morte del figlio al fronte.
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Il premier dalla campagna elettorale di Acquaroli ad Ancona: «Elly Schlein mi chiede di fare nomi e cognomi di chi mi odia? Ci stiamo una giornata».
«Nessuno in Italia è oggetto di un discorso di odio come la sottoscritta e difficilmente mi posso odiare da sola. L'ultimo è un consigliere comunale di Genova, credo del Pd, che ha detto alla capogruppo di Fdi «Vi abbiamo appeso a testa in giù già una volta». «Calmiamoci, riportiamo il dibattito dove deve stare». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni nel comizio di chiusura della campagna elettorale di Francesco Acquaroli ad Ancona. «C'é un business dell'odio» ha affermato Giorgia Meloni. «Riportiamo il dibattito dove deve stare. Per alcuni è difficile, perché non sanno che dire». «Alcuni lo fanno per strategia politica perché sono senza argomenti, altri per tornaconto personale perché c'e' un business dell'odio. Le lezioni di morale da questi qua non me le faccio fare».
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