2019-07-05
Palamara e il suo successo nell’Anm: «Dovevo andare contro Berlusconi»
Ascoltato dal solito trojan, l'ex presidente dell'associazione dei giudici svela la ragione dietro la sua scalata: «La spinta veniva da lì, contrastavo il Cav». Erano gli anni dei processi all'ex premier: l'accanimento era vero.Riccardo Fuzio comunica a Sergio Mattarella il ritiro con un anno di anticipo. Aveva rivelato al suo collega dei particolari sulla sua inchiesta.Lo speciale contiene due articoliLe parole del pm Luca Palamara, captate dal trojan inoculato nel suo cellulare, fissano in modo inequivocabile quello che a molti era già noto: il ruolo squisitamente politico svolto dalla magistratura in questi anni. Un potere, quello giudiziario, che anziché comportarsi da arbitro si è schierato contro questo o quel governo. Come è ormai noto una Procura, quella di Perugia, con la trasmissione quasi in tempo reale al Csm di intercettazioni mal trascritte è riuscita a eliminare la corrente più influente del parlamentino dei giudici, Magistratura indipendente, non pregiudizievolmente contraria al governo gialloblù. L'ha sostituita con magistrati più intransigenti nei confronti dei nuovi governanti. Anche l'Associazione nazionale magistrati ha cambiato verso e la maggioranza Unicost-MI è stata sovvertita con l'ingresso in giunta del cartello di sinistra Area e della corrente Autonomia e indipendenza di Piercamillo Davigo. Insomma, il nuovo asse Unicost-MI, quello che aveva permesso di eleggere il vicepresidente David Ermini è durato lo spazio di qualche nomina. Adesso si tornerà all'inciucio Unicost-Area, esemplificato dal ticket Palamara-Giuseppe Cascini (oggi esponente di punta di Area al Csm) che guidarono nelle vesti di presidente e segretario l'Anm negli anni dell'ultimo governo Berlusconi, quello degli scandali sessuali dell'ex premier. Palamara e Cascini vennero nominati nel maggio del 2008. Silvio Berlusconi aveva vinto le elezioni il mese prima. Quello che successe allora lo ha raccontato il 10 maggio scorso Palamara a un interlocutore non identificato dai finanzieri. Nell'occasione, il pm elenca alcune nomine che aveva gestito e racconta come sia cresciuto il suo carisma: «La mia spinta era nata all'epoca con Cascini mettendo da parte MI (incomprensibile) perché Berlusconi e lì era chiaro che io dovevo andare contro Berlusconi e MI invece non l'aveva fatto (incomprensibile)… io… però Cascini io lo calmieravo… perché io sono una persona già forte (inc.) io l'ho calmierato… io devo fare questo…io devo fare quell'altro… (inc.)… io ero quello che incarnava mediaticamente e quindi lui non veniva mai contro di me». Insomma andò contro Berlusconi, ma con juicio, al contrario di quanto avrebbe voluto Area. È un fatto che Berlusconi nell'aprile del 2011 accusò l'arcinemico Gianfranco Fini di aver «siglato un patto scellerato con la magistratura». Il giorno dopo la giunta dell'Anm fece visita al presidente della Camera e Palamara, al termine dell'incontro, rilasciò questa dichiarazione: «Per fare una battuta posso dire che “è stato siglato un patto scellerato", ma quanto sta accadendo non possiamo ritenere sia un problema di rapporti tra Berlusconi e i magistrati. È un problema di fibrillazione di tutto il Paese». Sempre Palamara definì il possibile accompagnamento coatto di Silvio Berlusconi davanti ai pm di Napoli una «procedura è regolare e prevista in base al principio di eguaglianza di fronte alla legge». Chissà che cosa avrebbe potuto registrare all'epoca un trojan dentro al cellulare di Palamara. Sta di fatto che il marchingegno, utilizzabile da quest'anno non solo per i reati di mafia e di terrorismo, sta gettando nel panico pure i magistrati. È stato usato per disarticolare un'intera corrente e le nomine che preparava, nella fattispecie quella di Marcello Viola a procuratore di Roma. Evidentemente il nuovo Berlusconi è Matteo Salvini, difeso proprio da MI. Nelle carte del procedimento perugino Palamara ha definito i magistrati, la sua categoria, «fratelli coltelli». E i discorsi registrati gli danno ragione. Palamara racconta che «il primo vero tradimento per Pignatone (Giuseppe, ex procuratore di Roma, ndr) è stato quello di Sabelli (Rodolfo, aggiunto della Capitale, ndr)».E ricorda quando loro tre erano inseparabili: «Perché io (inc.) la cosa mediatica… quindi io...ero diventato il riferimento di tutti e due… cioè io dominavo la scena dappertutto (inc.) all'interno dell'Anm (inc.), Napolitano […] la sera che diventa (Sabelli, ndr) presidente dell'Anm, proprio quella sera… è la sera che Pignatone diventa procuratore di Roma…quindi organizzo la cena…li porto fuori ... mo' tempo completamente cambiato».Ma se Pignatone sembra sia stato tradito da Sabelli, Palamara si sente pugnalato alle spalle da Marco, molto probabilmente Mancinetti, consigliere del Csm in quota Unicost. «Era il suo migliore amico e pupillo. Ed è il suo grande dolore. Per lui è una fissazione il tradimento di Marco. Dopo l'elezione di quest'ultimo al Csm c'è stato il distacco totale» ci confida un magistrato che conosce bene entrambi. Palamara nelle intercettazioni ricorda con rammarico: «Lo mandai al ministero», facendo riferimento a quando Mancinetti fece il direttore generale in quota Unicost al dicastero della Giustizia. La fissazione emerge chiaramente in una conversazione tra il pm indagato e la moglie Giovanna Remigi. Un dialogo che rende ancora più chiaro che tipo di ambiente sia quello dei magistrati: «Comunque Marco si è dimostrato una persona (inc.) sconcertato… mamma mia». La moglie cita le presunte parole di una magistrata di Area ora in Cassazione: «Che fosse instabile […] me lo disse in tempi non sospetti… che era solo una brava persona, ma che era un grande azzardo». Palamara: «Che è una brava persona ho i miei dubbi». Remigi: «Ma non ho capito, qual è il problema?». Palamara: «È un matto pericoloso». Remigi: «Lui per chi vota? Per Prestipino (Michele, procuratore facente funzione di Roma, ndr)? Eh lui continua per… (inc.) contro di te…». Palamara: «Embè già quello che sta a fare con me… cioè eh… è una cosa …(inc.) fino a un certo punto… tutti doppio giochisti». Remigi: «Ermini (David, vicepresidente del Csm, ndr) è scomparso con te?». Palamara: «Che ci devo fare con Ermini?». La conversazione cambia per un attimo argomento e poi ritorna su Mancinetti. Remigi: «Tu dal momento che hai deciso di fare la guerra a Marco… di metterlo da parte… lo dovevi immaginare». Palamara: «L'ho aizzato ancora di più». Remigi: «Ma era evidente che non lo sapevi che era così instabile». Palamara: «E che facevo? Mi facevo distruggere da lui? Non ho capito…». Remigi: «Dovevi continuare a prenderlo per il culo». Palamara: «Non c'è stato più verso… mi ha negato il dialogo […] ha seminato zizzania». Il riferimento è probabilmente al momento in cui Mancinetti avrebbe riferito a Palamara dell'indagine di Perugia. La moglie gli chiede se la partita sia aperta e il marito replica: «Bisogna vedere fino all'ultimo prima mi ha tirato fuori la storia di Perugia che non è stato uno scherzo da poco… quello poi dopo… un domani devo prendere… eh cioè…purtroppo non so come andrà a finire…». Remigi: «Tu non avevi detto che era stato chiuso?». Palamara: «Eh io non mi fido più di nessuno…». <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/palamara-e-il-suo-successo-nellanm-dovevo-andare-contro-berlusconi-2639086424.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="il-pg-di-cassazione-intercettato-con-le-toghe-si-pensiona" data-post-id="2639086424" data-published-at="1758063917" data-use-pagination="False"> Il pg di Cassazione intercettato con le toghe si pensiona La scelta era già nell'aria. Prima l'incontro con il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. Poi la lettera ai suoi 60 sostituti nella quale ribadisce di essere stato sempre corretto. E quando, ieri, ha disertato il convegno sul processo telematico penale, organizzato dalla Suprema corte e nel cui ambito era previsto un suo intervento, i più hanno capito cosa stesse accadendo. Il nome del procuratore generale della Corte di cassazione Riccardo Fuzio è stato tolto dai segnaposto dei relatori poco prima che prendesse la parola il primo presidente Giovanni Mammone. Poco dopo il magistrato è andato al Quirinale per incontrare il presidente Sergio Mattarella. La comunicazione: «Ho deciso di essere collocato a riposo anticipato». La data: 20 novembre. È stata lui stesso a indicarla durante la riunione del Comitato di presidenza ieri pomeriggio. Il successivo comunicato del Quirinale ha ufficializzato quello che molti aspettavano: «Decisione assunta con senso di responsabilità a conclusione di un brillante percorso professionale al servizio delle istituzioni. Il presidente Mattarella gli ha espresso apprezzamento per il rigore istituzionale con cui ha assicurato il tempestivo esercizio dell'azione disciplinare in una contingenza particolarmente delicata per la magistratura italiana». Arrivederci e grazie. Il tutto nel giorno in cui, dopo l'Associazione nazionale magistrati, anche la sua corrente, Unicost, gli aveva chiesto di fare un passo indietro per «il senso di responsabilità istituzionale» che «impone scelte non rimandabili per la credibilità della magistratura tutta». Fuzio aveva provato a mantenere le redini, spiegando che l'incontro con Luca Palamara era avvenuto a sorpresa. «Non gli ho svelato nulla perché lui sapeva già tutto», ha spiegato Fuzio. Il procuratore generale sostiene che dalle intercettazioni, se lette nel loro insieme, non emergerebbe una sua colpevolezza per l'incontro con il pm Palamara, suo compagno di corrente ed ex componente del Consiglio superiore della magistratura. Incontro che sarebbe stato casuale. «Non ho indicato né offerto al dottor Palamara alcuna notizia riservata, essendomi limitato a ribadirgli quello che già sapeva... La breve interlocuzione va inserita in un contesto colloquiale intrattenuto, sia pure con metodi improvvisi, da una persona che aveva con me un rapporto di risalente colleganza e comunanza di vedute in ambito associativo». Questo il testo, riportato ieri da Corriere e Repubblica. Fuzio, insomma, si sarebbe trovato Palamara sotto casa. Il 21 maggio scorso Palamara, dopo avere già saputo di essere indagato, «con modalità a sorpresa mi imponeva la sua presenza dinanzi alla mia abitazione, senza che nessun incontro o colloquio fosse stato mai programmato o concordato in precedenza». Una sorta di agguato. A seguito del quale si consumò la chiacchierata sui dettagli sull'indagine di Perugia e sulle votazioni in corso al Csm per il futuro procuratore di Roma. Una linea difensiva che, però, non l'ha salvato dalle dimissioni.