2018-05-04
L’amico di Enrico Letta e dei francesi smania per fare il numero 2 del Mef
Il 15 maggio scade l'incarico di Vincenzo La Via al ministero. Al suo posto il ministro Pier Carlo Padoan immagina Fabrizio Pagani, il capo segreteria. Già nel 2016 aveva tentato un blitz fermato da Matteo Renzi: adesso però i contatti Oltralpe sono un valore aggiunto.L'anno scorso Fabrizio Pagani, capo segreteria tecnica del ministero dell'Economia, ha tenuto un profilo molto esposto. Suo il successo dei Pir, i piani individuali di risparmio che grazie all'agevolazione fiscale hanno raccolto nel 2017 oltre 11 miliardi di euro e puntano a quota 68 miliardi in soli cinque anni. E sua è la stata la scena di Mps. Il nome di Pagani è stato fatto al posto dell'attuale ad, Marco Morelli, già lo scorso luglio. Nei mesi successivi, il numero tre del Tesoro ha infilato una serie di dichiarazioni sul futuro della banca senese scavalcando addirittura il numero uno, Pier Carlo Padoan. Poi, superate le elezioni, Pagani ha deciso per un profilo basso. Tra i motivi principali della scelta, la corsa per prendere il posto di Vincenzo La Via, direttore generale del Mef. Il prossimo 15 maggio l'incarico di dg scade e al momento La Via non sarebbe intenzionato a proseguire. «Ciò anche perché, alla fine del 2017, aveva fatto parecchio discutere l'audizione in Commissione banche di La Via sul Monte dei Paschi di Siena, la banca dove il Tesoro è salito a poco più del 68% del capitale», scriveva recentemente businessinsider.it. «La polemica era montata al punto tale che il presidente della Commissione, Pier Ferdinando Casini, si era trovato costretto a sospendere l'audizione per poi riprendere invitando il dg del Tesoro a essere meno reticente». L'idea di mollare deriverebbe però soprattutto dalla batosta incassata due settimane fa durante la prima udienza del processo sui derivati di Morgan Stanley messo in piedi dalla Corte dei conti. A La Via sono stati chiesti circa 20 milioni di danni erariali e la sentenza arriverà fra non meno di un mese. In una fase più che bollente, tanto da inficiare pure la scelta che spetta a Paolo Gentiloni, il quale sarebbe sempre meno propenso a chiedere all'attuale dg di rimanere in carica fino alla nomina del prossimo governo (il futuro esecutivo avrebbe poi 60 giorni di tempo per sostituirlo).I bene informati infatti spiegano che potrebbe essere sostituito già il 15 maggio e in cima all'elenco dei candidati c'è proprio Pagani, che dopo due tentativi andati a vuoto potrebbe fare il salto definitivo. Si accontenterebbe anche di una reggenza temporanea in attesa del nuovo esecutivo, con l'idea di giocarsi il tutto per tutto nei prossimi mesi ed essere poi riconfermato pienamente nell'incarico. Dopo un blitz per prendere l'incarico di dg datato 2015 e non andato in porto, a ottobre del 2016 Padoan cercò di far nominare Pagani al posto di La Via, ma in quell'occasione intervenne Matteo Renzi in persona si mise in mezzo. Pagani, secondo il ministro, avrebbe tutte le carte in regola. Ha lavorato all'Ocse, capo segreteria tecnica del sottosegretario di Stato ai tempi di Romano Prodi. Inoltre proviene dalla scuola Sant'Anna di Pisa, un'eccellenza italiana, che ha frequentato quasi in concomitanza con Enrico Letta, di cui è stato consigliere per gli affari economici e internazionali. E qui stava proprio il motivo del veto dell'ex premier. Che evidentemente valutava e valuta ancora oggi il dirigente più pisano che fiorentino, e probabilmente troppo vicino a Letta. In realtà quello di Renzi è un timore tutto da verificare, anche se l'attuale numero tre del Mef ha un background che lo lega a Letta. Ad esempio un professore-maestro. Pagani ha scritto più di un libro assieme ad Andrea De Guttry. Il docente, colonna portante della scuola di Sant'Anna, che si occupa di formazione per i teatri di peace-keeping ed è anche consulente di numerose istituzioni. In passato ha avuto incarichi in Sace. Proprio come Pagani, con il quale ha firmato nel 2010 un interessante testo sulle Nazioni Unite. In comune con Letta c'è anche la passione per la Francia. Il premier «stai sereno» insegna a Parigi, il dirigente siede addirittura nel board di Infravia, il fondo che un anno fa è entrato nel capitale di Save per dire la sua sugli aeroporti veneti. Da ottobre 2016 a oggi sono cambiate molte cose, Renzi è impegnato a gestire le consultazioni e il governo Gentiloni si muove sottotraccia. La vicinanza di Pagani al mondo lettiano e prodiano potrebbe stavolta essere un valore aggiunto, così come il background francofilo che porrebbe Pagani nella grande compagnia di dirigenti pubblici italiani che vedono in Parigi un punto di riferimento. C'è da augurarsi che le simpatie verso la Francia restino pura teoria: è importante che nei prossimi mesi di discussioni accese in sede Ue (unione bancaria, e manovra) il numero uno del Tesoro tenga la barra ferma e veda in Emmanuel Macron un politico ostile per l'Italia e non un vate da seguire.
La Global Sumud Flotilla. Nel riquadro, la giornalista Francesca Del Vecchio (Ansa)
Vladimir Putin e Donald Trump (Ansa)