- L’esempio di Ungheria, Germania o California: aumentare la retribuzione oraria per gli impieghi di routine incrementa la disoccupazione anche a causa dell’intelligenza artificiale. Non lo dite alla Cgil.
- Pure in Acciaierie Terni e Wartsila, se si lotta per i posti, «i rossi» perdono delegati.
L’esempio di Ungheria, Germania o California: aumentare la retribuzione oraria per gli impieghi di routine incrementa la disoccupazione anche a causa dell’intelligenza artificiale. Non lo dite alla Cgil.Pure in Acciaierie Terni e Wartsila, se si lotta per i posti, «i rossi» perdono delegati.Lo speciale contiene due articoli.C’era bisogno di un provvedimento simbolo che non fosse solo un “no”, come quello annunciato alla delega fiscale. Serviva un “sì” forte e chiaro a una norma che desse l’idea di tutelare i lavoratori, possibilmente quelli più in difficoltà. Insomma, che c’era di meglio del salario minimo per mettere in vetrina il Congresso della Cgil, la tre giorni di Rimini che vivrà oggi il momento clou con la presenza, a 27 anni di distanza dall’ultima volta (toccò a Romano Prodi), di un presidente del Consiglio. E che presidente del Consiglio: Giorgia Meloni.Per il resto, in effetti, la riunione di Landini & Compagni ha davvero poco da dire. Scontatissima la conferma del segretario. Scontatissime le altre parole chiave: dalla lotta alla precarietà al probabile annuncio che la misura è colma e che avanti di questo passo si andrà allo sciopero. Capirai la novità. La novità è invece «il salario minimo che dovrà essere accompagnato una legge sulla rappresentanza», ha chiarito il numero uno del più grande sindacato italiano. E pazienza se fino a poco tempo fa la Cgil era lo stesso sindacato che il salario minimo non voleva vederlo neanche dipinto. E pazienza, si fa per dire, se ci sono numerosi studi che evidenziano come empiricamente nei Paesi dove il salario minimo è stato adottato è diminuito il lavoro e alla lunga anche le buste paga si sono ridotte.L’Ocse - giusto per fare una premessa - sottolinea che «l’attuale attenzione alla protezione dei posti di lavoro formali ben retribuiti attraverso la combinazione di rigide regole di protezione dell'occupazione e salari minimi elevati rischia di essere controproducente... con conseguenze negative per la produttività e l’inclusione». Soluzioni? L’Ocse suggerisce di investire nelle competenze, creare mercati del lavoro flessibili e rafforzare la protezione sociale dei lavoratori.Eccezion fatta per la sacrosanta protezione sociale dei lavoratori, l’esatto opposto di quello che chiede la Cgil. Pazienza, dicevamo. E passiamo agli studi raccolti in un paper di Fiscal Focus.Una delle domande da porsi secondo Who pay sfor the minimum wage? l’analisi realizzata dal Joint research centre european commission con la prestigiosa università londinese Ucl è quella sul pagatore finale: «Alla fine chi paga il salario minimo imposto per legge?».L’esempio ungherese dice che circa il 75% dell'aumento è ricaduto sui consumatori mentre per il 25% ha salassato le imprese. Non solo. L’altro effetto perverso e che la disoccupazione è aumentata nei settori in cui è più difficile trasferire i costi salariali sui consumatori. Per la serie: alla fine o pagano i clienti o i lavoratori. Attenzione poi a un’altra catena maledetta: aumento dei salari dei lavori a basso valore aggiunto-intelligenza artificiale-più disoccupazione. Lo spunto arriva dalla catena di hotel Hilton che a causa della pandemia ha sviluppato un’applicazione che consente il cosiddetto contactless check-in, ovvero ti offre la possibilità di scegliere una camera secondo le tue esigenze con un sistema integrato di upgrade (a quale piano, con quale vista, se vicino o lontano dall’ascensore) e di avere accesso alla camera usando un sensore della porta. Insomma, tu puoi anche aumentargli la paga minima, ma se alla fine il personale della reception non ti serve più che senso ha? E da questo punto di vista in Italia (secondo uno studio dell’Inapp, l’istituto nazionale di analisi delle Politiche Pubbliche) ad essere maggiormente colpite dall’aumento del costo del lavoro in seguito all’introduzione del salario minimo potrebbero essere proprio le province, dove si registra una specializzazione in mansioni di routine che implicano «un aumento significativo della crescita di occupazioni a bassa qualifica». Sempre a questo proposito può essere istruttivo studiare il caso California. Nel 2021, la Harvard Business Review ha pubblicato una ricerca dal titolo When a higher minimum wage leads to lower compensation. Gli studiosi, analizzando un campione di negozi hanno scoperto che per ogni aumento di un dollaro del salario minimo, il numero totale di lavoratori programmati per lavorare ogni settimana è aumentato del 27,7%, mentre il numero medio di ore lavorate da ciascun lavoratore a settimana è diminuito del 20,8%. Morale: la retribuzione totale di un lavoratore medio a salario minimo in un negozio californiano è diminuita del 13,6%.E se non ci si fida della California si può chiedere un parere all’Istituto dell’economia del lavoro tedesco Iza. «L’aumento del salario orario lordo», si legge in un report, «non si traduce in un incremento dei guadagni mensili o annuali a causa della contemporanea diminuzione delle ore di lavoro». Morale della favola: «In Germania gli effetti sugli obiettivi prefissati, come la riduzione della povertà e delle disuguaglianze, non si sono concretizzati». Guai però a dirlo a Landini, potrebbe rovinargli lo slogan.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/paesi-salario-minimo-diminuisce-lavoro-2659611253.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="dalla-ex-ilva-a-stellantis-e-avio-le-fabbriche-scaricano-la-fiom" data-post-id="2659611253" data-published-at="1679040171" data-use-pagination="False"> Dalla ex Ilva a Stellantis e Avio. Le fabbriche scaricano la Fiom Poi sia arriva a un certo punto nel quale le parole e gli slogan perdono eco e lasciano spazio ai fatti. Che i fatti per un sindacato non sono altro che gli iscritti. Un sindacato misura il suo «successo» dal numero di lavoratori che lo scelgono per essere rappresentati. Se questo aumenta, aumentano i delegati nei vari siti produttivi e quindi di conseguenza la forza contrattuale che si può esercitare. Se diminuisce vuol dire, evidentemente, che non stai facendo benissimo il tuo mestiere e che c’è qualcosa da rivedere. Se poi succede che sei il sindacato di lotta e di protesta per antonomasia e proprio in quelle fabbriche dove si lotta per un posto di lavoro subisci tracolli a raffica, allora vuol dire che hai sbagliato tutto o quasi. Quello che nella sostanza sta succedendo in casa Cgil. Il caso più eclatante si chiama Ilva. Per tanti versi la fabbrica più combattuta d’Italia dove le vicende lavorative si sono spesso mescolate a quelle sanitarie, giudiziarie e politiche. Qui alle ultime «elezioni» la Cgil è diventata il quarto sindacato con la Uilm che ha primeggiato raccogliendo il 38% delle preferenze. L’esempio è eclatante anche perché il più grande sito siderurgico del Paese rappresenta la sommatoria di tutti i problemi che si possono trovare sul posto di lavoro, ma non è l’unico esempio. Stellantis è un altro di scuola. Il lento e progressivo allontanamento dell’ex Fca dall’Italia è nei fatti, anche se i manager della multinazionale a parole cercano di nasconderlo. Insomma, pane per i denti di quelli che si descrivono come i più pugnaci difensori dei diritti dei lavoratori. Eppure la Cgil continua a perdere delegati in quasi tutti i siti. Con numeri in alcuni casi eclatanti. Partendo dalla Sevel (ci sono 180 iscritti Fiom su 5.300 dipendenti), per arrivare fino a Melfi (120 iscritti su 6.300 lavoratori), Pomigliano (350 su 4.300) e alla gigafactory di Termoli (50 su 2.200). E se proprio vogliamo restare sul versante stretto della difesa del posto di lavoro, quale caso meglio della triestina Wartsila può fotografare lo scollamento tra gli slogan, le parole e le esigenze dei lavoratori. Al di là dei numeri, perdere peso nella fabbrica che per mesi è stato l’emblema della crisi delle multinazionali che arrivano in Italia, prendono aiuti e sussidi pubblici e poi scappano dovrebbe indurre a fare più di una riflessione. Nel torinese altro territorio che per anni è stato feudo del sindacato di Landini balzano agli occhi i casi di Generla Elecrtic Avio di Rivalta e della sede centrale di Leonardo Finmeccanica a Torino. Nella prima (circa 2 mila dipendenti), nelle elezioni del 2021, la Fiom Cgil ha perso circa 200 voti passando dal primato a diventare il terzo sindacato per numero di rappresentanti. Nel secondo, il passaggio è stato meno traumatico: la Cgil era prima ed ha scalato un solo gradino nel podio del sito caratterizzato per la presenza di più di mille ingegneri. Del resto i fallimenti sono sparsi a macchia di leopardo in tutta il Paese. E toccano anche i territori come la toscana - dal Nuovo Pignone per arrivare fino Hitachi - dove il legame tra sindacato e politica è più forte. Un’ulteriore dimostrazione del fatto che il passaggio da piazze e salotti tv alla fabbrica può essere traumatico.
2025-10-19
Tutti i conti dei tagli Irpef fino a 200.000 euro di reddito. Sorridono 12 milioni di italiani
Il risparmio è di 140 euro per chi ne guadagna 35.000 e di 240 se ne dichiari 40.000. Beneficio di 440 euro a partire da 50.000 fino alla soglia di sterilizzazione.
Crollano le forniture di rame, mercato in deficit. Trump annuncia: l’India non comprerà più petrolio russo. Bruxelles mette i dazi sull’acciaio, Bruegel frena. Cina e India litigano per l’acqua del Tibet.
Elly Schlein (Imagoeconomica)
Il leader del Pd collega l’attentato al cronista di «Report» al governo: «Con l’estrema destra a rischio libertà e democrazia». Ma le vere minacce ai giornalisti arrivano da malavita e terrorismo, non certo dalla politica.