2021-02-10
Pace fiscale, cantieri e meno divieti. Salvini chiude il patto con Mr Bce
Il senatore incassa lo stop alla flat tax, ma rilancia sul taglio dell'Irpef: «Niente austerità, poi cambio di passo rispetto ad Arcuri e Speranza». Non si è discusso di ministeri. Su quota 100, decisione rimandata a fine anno.La Lega vota a Bruxelles il regolamento attuativo del Recovery. Rischio di frizioni con Afd e lepenisti. Il Capitano: «Non cambiamo casacca» (ma abbandona la linea filorussa). Fdi s'astiene.Lo speciale contiene due articoli.Il sostegno di Matteo Salvini a Mario Draghi è pieno: «Abbiamo fiducia nella sua idea d'Italia», dice il leader della Lega dopo il colloquio con il presidente del Consiglio incaricato. E la fiducia si allarga anche all'idea di Europa: «Gli abbiamo chiesto di rendere di nuovo l'Italia protagonista, di difendere l'interesse nazionale e di dire no al ritorno dell'austerità, di tagli lacrime e sangue, di sacrifici, di patti di stabilità. Su questo ho trovato una sensibilità condivisa». La sintonia si spinge al punto di indurre Salvini a rivedere la posizione verso il Recovery fund. Ieri il Parlamento europeo doveva approvarne il regolamento. Un mese fa la Lega si era astenuta. Ma all'uscita dalle consultazioni con Draghi c'è l'annuncio della svolta: «Tra poco parlerò con i 29 eurodeputati e decideremo assieme», spiega Salvini. «Oggi la situazione è completamente cambiata da gennaio: un conto è avere un capo del governo che decide senza condividere nulla con nessuno, un altro è essere protagonisti del buon utilizzo dei fondi». Questa novità richiede «la fiducia e il cambio di atteggiamento della Lega. Noi siamo convintamente in Europa anche per cambiare alcune regole che lo stesso Draghi ha riconosciuto non corrispondere allo spirito del tempo».Incontro «utile, molto intenso, spero reciprocamente stimolante, speriamo che nessuno si metta di traverso». Salvini dice di avere parlato con Draghi solo di programmi e nulla di equilibri e poltrone: «Se avete domande sui ministri», dice ai giornalisti, «aspettate la delegazione dei 5 stelle, se Rousseau permette». Con il premier incaricato c'è larga convergenza. «Mi fa piacere che il professor Draghi abbia citato il modello Genova, con burocrazia zero, ritardi zero, tangenti zero», scandisce. «Ha condiviso l'idea che noi, come Lega, abbiamo caldeggiato e condiviso. Per noi e per lui la priorità è la riapertura dei cantieri con la riforma del codice degli appalti. Noi siamo per la crescita felice, non la decrescita infelice. Ci sono 700 cantieri pronti a ripartire con 70 miliardi da investire in opere pubbliche che potranno creare 1 milione di posti di lavoro. Si può fare quello che non è stato fatto nei mesi scorsi».Le priorità sono l'aiuto alle piccole e medie imprese con ristori adeguati, sussidi per il lavoro, nuova occupazione. I temi di potenziale attrito sono due: immigrazione e fisco. Sulla prima questione, il segretario della Lega dice di avere chiesto «politiche di stampo europeo»: «Non c'è un modello Salvini, ma la buona gestione e il controllo dei confini in sicurezza per contrastare il traffico di esseri umani. Abbiamo chiesto che l'Italia si comporti come Spagna, Francia, Germania, Slovenia». Sul fisco, questione su cui «si è detto di tutto e di più», Salvini è lapidario: «C'è un'unica cosa che non potremmo accettare dal professor Draghi, cioè l'aumento delle tasse». Significa che su tutto il resto la Lega è disposta al confronto. Dovrà rinunciare alla flat tax, anche se Salvini ricorda che la proposta di riforma leghista depositata in Parlamento prevede una gradualità. Ma il risultato più significativo sono le «garanzie che non ci saranno aumenti fiscali».«Nessuna nuova tassa», ripete Salvini, «nessun aumento, nessuna patrimoniale, nessun aggravio sui risparmi. Sarà invece aperto un tavolo di lavoro per una graduale riduzione del carico fiscale a partire dall'Irpef. È un impegno da noi fissato che è stato condiviso dal professore e avere garanzia che non ci saranno appesantimenti, ma che anzi si lavorerà per semplificare la tassazione vigente, è per noi motivo di soddisfazione». La richiesta leghista è di una «pace fiscale», presentata come «una risposta eccezionale a una situazione eccezionale»: in pratica una riedizione della rottamazione delle cartelle varata dal governo Conte 1 per «consentire allo Stato di fare cassa e a famiglie e imprese di chiudere i contenziosi e ripartire. La grande maggioranza delle cartelle vale meno di 10.000 euro: questi non sono grandi evasori, ma persone che hanno avuto un anno difficile».Salvini parla di impegni sulla giustizia civile per «dare risposte a famiglie e imprese», di «lavoro autonomo dimenticato», di quota 100 («è in vigore fino al 31 dicembre, ne parleremo allora»), di «una green economy senza ideologie». Non gli dispiacerebbe se Draghi ripristinasse il ministero per la disabilità, presente nel Conte 1 e cancellato dal Conte 2, «per riordinare le competenze e venire incontro a 6 milioni di italiani cui nessuno pensa». Sulla scuola, Salvini fa sapere che una delle priorità di Draghi è far partire il nuovo anno scolastico senza cattedre scoperte: «Gli abbiamo detto che la strada da seguire non sono i concorsoni alla Azzolina, ma la stabilizzazione dei 120.000 precari storici». Quanto all'emergenza sanitaria, bisogna cambiare «e anche Draghi è d'accordo», dice Salvini, «la riapertura con meno divieti è in cima ai suoi pensieri». Convergenze anche sul piano vaccinale: «Ci sono stati ritardi e pasticci. È chiaro a noi come a lui che qualcosa non ha funzionato: non è possibile che in Israele abbiano completato la vaccinazione e la Gran Bretagna proceda al ritmo di 700.000 vaccini al giorno mentre la Lombardia deve rallentare perché non sa se potrà avere le dosi per il richiamo. È surreale. Mi sono confrontato a lungo con Bertolaso, che entro il 30 giugno vaccinerà tutti i lombardi con più di 18 anni, senza primule e senza sprechi. Non do giudizi su Speranza o Arcuri, certo è che qualcosa va cambiato, occorre un cambio di passo. Ma abbiamo fiducia nel presidente incaricato».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/pace-fiscale-salvini-mr-bce-2650420473.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="e-l-euro-lega-dice-si-al-recovery" data-post-id="2650420473" data-published-at="1612909007" data-use-pagination="False"> E l’«euro Lega» dice sì al Recovery Sull'immigrazione, la Lega non ha optato per nessuna inversione a U europeista. Il perché, ve l'abbiamo spiegato ieri: Matteo Salvini chiede da sempre che l'Italia possa applicare le stesse, severe regole Ue che adottano gli altri Stati. È indubbio, però, che il sostegno del Carroccio a Mario Draghi abbia rimescolato le carte. Lo si è visto ieri al Parlamento europeo, dove si votava sul regolamento di attuazione del Recovery fund. Finora, in commissione, la Lega si era astenuta (l'ultima volta, l'11 gennaio). Stavolta, suonava una musica diversa: «Se invece dell'austerity praticata in passato», hanno fatto sapere da via Bellerio, «si passasse a una fase di investimenti, di crescita e di rilancio economico, senza aumento di tasse ma liberando energie e risorse in ambito pubblico e privato, lo scenario cambierebbe completamente. Un conto era il silenzio del precedente governo, che non ha coinvolto nessuno nella stesura del Recovery, altro sarebbe un piano d'investimenti». Stesso concetto espresso da Matteo Salvini a Draghi. Il mutamento di rotta era stato anticipato, ieri l'altro, da un intervento con cui l'eurodeputato del Carroccio, Marco Zanni, aveva difeso Super Mario dagli attacchi del compagno di gruppo parlamentare, il tedesco Jörg Meuthen. L'esponente di Afd aveva accusato l'ex capo della Bce di essere un «maestro in materia di debiti che viene per far prendere agli italiani i miliardi del Recovery». La replica di Zanni (invero, coerente con l'impegno leghista a mettere «prima gli italiani»): «Se qualcuno all'estero critica il professor Draghi per aver difeso l'economia, il lavoro e la pace sociale europea, quindi anche italiana, e non solo gli interessi tedeschi, questa per noi non sarebbe un'accusa, ma un titolo di merito». In serata, dopo il vertice via Web tra Salvini e gli eurodeputati, il verdetto: il sì al Recovery passa nella plenaria di Bruxelles. Zanni e il collega Marco Campomenosi chiosano: «La stagione dell'austerità è finalmente archiviata». Viene da sé che la nuova strategia potrebbe alimentare frizioni nel gruppo Identità e democrazia. È stato il Capitano in persona, pertanto, a gettare acqua sul fuoco. Uscito dalle consultazioni, ha citato San Giovanni Paolo II («Europa, ravviva le tue radici»), contestato l'austerity, la direttiva Bolkestein e - pur dicendosi favorevole alla transizione ecologica - l'ideologia green. E con chi gli chiedeva se sia in atto una manovra d'avvicinamento al Ppe, ha precisato: «Non siamo in Europa per cambiare magliette». Ma ha anche chiarito: «In Europa guardiamo all'Occidente e alle democrazie». Insomma, il Carroccio taglia i ponti con la Russia, proprio nel momento in cui, sul caso Navalny, Mosca e Bruxelles sono ai ferri corti. In politica, in fondo, ci vuole realismo. E Mario Draghi non è una figura dalla quale sia possibile prescindere. Né è un mistero che Sergio Mattarella l'abbia chiamato anche per assicurarsi che l'Italia si agganci definitivamente alla locomotiva europea, al traino della quale resteremo per i prossimi decenni, se vogliamo ottenere i fondi. Tutto sta a muoversi dentro questo perimetro, vigilando dall'interno dell'esecutivo, sfruttando gli investimenti e minimizzando i rischi di un commissariamento. È proprio in polemica con le condizionalità del Next generation Eu, che Fdi ha invece scelto l'astensione. L'eurodeputato Carlo Fidanza ha ricordato che «abbiamo sostenuto con convinzione la necessità di un indebitamento comune per far fronte all'emergenza», ma ha stigmatizzato il vulnus oggettivo del piano Ue: «Rischia di far rientrare dalla finestra le regole dell'austerità». Nonostante Draghi.
Nicolas Sarkozy e Carla Bruni (Getty Images)