2024-11-07
Le toghe «picchiano» sui clandestini per far incagliare la riforma Nordio
Giuseppe Santalucia (Ansa)
Confondere le acque è una strategia in vista dell’approdo in Aula della separazione delle carriere fra giudici e pm. Una norma che, guarda caso, mira a raggiungere maggiore equità e terzietà nel sistema giudiziario.È una partita a scacchi con le regole del poker. La giocano politica e magistratura con una serie inestricabile di mosse che, di volta in volta, ne suscitano altre e fanno partire inevitabili polemiche mediatiche. In questi giorni la contrapposizione si gioca sul tema migratorio, dopo che i tribunali di Roma, Catania e Bologna non hanno convalidato i trasferimenti dei migranti in Albania, hanno bocciato il decreto sui «Paesi sicuri» e hanno deciso di far intervenire la Corte di Giustizia europea per un parere di legittimità. La domanda è semplice nella sua carica di esplosività: può il legislatore di un Paese sovrano decidere se una nazione è affidabile? Come se il governo e il ministero degli Esteri non fossero sufficientemente autorevoli e dovessero chiedere il permesso a un’entità superiore galattica. Magari con la toga.L’intervento è ritenuto del tutto legittimo. Al tempo stesso è uno scacco alla Regina in piena regola, se si pensa che la via albanese intrapresa dalla premier Giorgia Meloni per contrastare l’immigrazione illegale è guardata con interesse da mezza Europa. Ieri ecco un nuovo casus belli: la richiesta di rinvio a giudizio da parte della procura di Crotone di sei militari italiani (quattro della Guardia di finanzia e due della Capitaneria di porto) per «inerzia e omissioni», che avrebbero contribuito a provocare il naufragio del «Summer Love« con 94 morti, in quella tragedia universalmente conosciuta come il naufragio di Cutro.Un intervento doveroso, direbbe il presidente dell’Anm (il sindacato dei magistrati) Giuseppe Santalucia, aggiungendo con una formula spesso usata in televisione: «Il magistrato non è lì per cooperare con il governo. Certo neppure per andare contro il governo, ma per fare rispettare i diritti delle persone». In teoria per perseguire reati quando ci sono, ma non sottilizziamo. La sua è una presenza fissa, a reti unificate, e qualche collega la definirebbe «un presidio di democrazia» per difendere una categoria presa di mira dal governo di centrodestra. Lo stesso Santalucia non fa mistero di vedere dell’astio nelle parole di chi, come Matteo Salvini, difende le prerogative dell’esecutivo. «Non si può far nulla che si è etichettati ex post come magistrati politicizzati. Chiediamo che non si gridi al comunismo ogniqualvolta un tribunale afferma qualcosa che non piace. Io di tutti questi comunisti nella magistratura non ho sentore». E poi: «Chiedo al ministro Salvini cosa ci sia di inadeguato in un provvedimento che chiede alla Corte di Giustizia europea una pronuncia sulla conformità».Nell’autunno dello scontro frontale la temperatura sale, l’acqua va in ebollizione e la congiunzione astrale è in arrivo: la presentazione in parlamento della riforma della giustizia con al centro la separazione delle carriere fra giudici e pm. Il tema è calendarizzato in novembre, da qui a fine anno se ne parlerà e si prevedono scintille. Ecco la tempesta perfetta. In un simile clima da giungla vietnamita, una riforma di civiltà attesa da 20 anni, tentata invano da Silvio Berlusconi e arrivata a sintesi con una maggioranza solida per essere votata, rischia di diventare «una guerra di indipendenza», «un attacco alle basi della democrazia». Frasi già sentite che finirebbero per inquinare il dibattito e fuorviare gli scopi di una riforma che si prefigge una maggiore equità e terzietà del sistema giudiziario.In vista della partita della vita i giocatori piazzano la scacchiera. E il presidente del Senato, Ignazio La Russa, al Salone della Giustizia di Roma parla di sconfinamenti, ma in modo felpato. «Con il concorso di tutti, maggioranza, opposizione, politica e magistratura, occorre definire in maniera più puntuale il perimetro delle funzioni fra giustizia e politica. Non per forza con una legge costituzionale, ma anche con una “entente cordiale” (intesa amichevole, alla francese, ndr). Questo perché qualche reciproca invasione di campo c’è stata, anche non dolosa, ma come figlia di una mancanza di precisa limitazione di questi confini». Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, sottolinea l’importanza della riforma per riportare equilibrio fra poteri. «Il governo non si sente affatto accerchiato dai giudici. La grandissima parte dei miei ex colleghi fa bene il proprio lavoro, anche troppo, facendolo in silenzio. In questi anni vi è stata una seconda fase di Mani pulite in cui, per una retrocessione della politica, la magistratura ha di fatto occupato il posto. Molte decisioni politiche sono state influenzate da magistrati che si sono permessi di criticare le leggi. In un Pase ideale i magistrati non criticano la legge e i politici non criticano le sentenze. Ora bisognerebbe capire chi per primo debba fare un passo indietro, ma visto che questa esondazione è partita dalla magistratura sarebbero loro a doverlo fare». Immediata la risposta di Santalucia: «Noi non esondiamo, nessun passo indietro. State cambiando il Csm per avere più politici all’interno». Così, per distendere gli animi. Con la ghigliottina tagliasigari sul tavolo.
Jose Mourinho (Getty Images)