2024-10-01
Ora per Parigi «i migranti non sono risorse»
Il nuovo titolare dell’Interno Bruno Retailleau annuncia un cambio di rotta: contesta la «società multiculturale» e dice che il popolo dovrebbe esprimersi sul tema con un referendum. Oggi il neo premier Barnier tiene il suo primo discorso in Parlamento.Il neo premier francese Michel Barnier non ha ancora presentato al Parlamento il suo programma, ma si sa già quale sarà una delle priorità del suo governo: l’immigrazione. A rendere la questione ancora più urgente ha contribuito la morte di Philippine Le Noir de Carlan, la studentessa diciannovenne fortemente impegnata in parrocchia e negli scout, della quale è sospettato Taha Oualidat, un ventiduenne marocchino irregolare, già condannato per stupro nel 2019. La vicenda ha scandalizzato una larga parte dell’opinione pubblica che non è riuscita a trovare risposte a due semplicissime domande: perché Oualidat era a piede libero, nonostante i giudici ne avessero riconosciuta la pericolosità? E come mai il migrante clandestino marocchino era ancora in Francia, quando avrebbe dovuto essere espulso da molto tempo? Se Emmanuel Macron non avesse sciolto l’Assemblea nazionale per capriccio dopo aver perso le Europee dello scorso giugno, forse oggi la Francia sarebbe ancora governata da una marionetta presidenziale. Così, magari, la morte di Philippine sarebbe stata derubricata a fatto di cronaca perché, come amano ripetere macronisti, sinistre e stampa mainstream, quando si parla di migranti non bisogna fare di tutta un’erba un fascio. Vero. Ma oggi la Francia si appresta ad essere guidata da un governo composto anche da vari esponenti di destra, per questo la voglia di smettere di subire i crimini commessi da migranti clandestini o regolari è fortissima.Domenica sera, in un’intervista concessa alla rete d’informazione Lci, il neo ministro dell’interno francese, Bruno Retailleau, ha fatto dichiarazioni che non hanno lasciato spazio a dubbi sui suoi obiettivi futuri. «L’immigrazione non è una risorsa» ha dichiarato Retailleau, anche perché «una società multiculturale presenta il rischio di diventare anche una società multirazzista». Gli esponenti di sinistra e macronisti devono essere caduti dalla sedia quando Retailleau ha affermato che «lo Stato di diritto non è intangibile né sacro» ma che è composto da «un insieme di regole, una gerarchia di norme, un controllo giurisdizionale, una separazione dei poteri» e la sua fonte è «la democrazia» e «il popolo sovrano». Poi l’inquilino del Viminale francese ha espresso la propria frustrazione per il fatto che i francesi non siano stati consultati sulle politiche migratorie, attraverso l’istituto referendario. Certo, ha ricordato Retailleau, per organizzare un referendum su questo tema «bisognerebbe innanzitutto modificare la Costituzione». In effetti, come aveva confermato la scorsa primavera l’ex ministro socialista e attuale presidente del Consiglio costituzionale, Laurent Fabius, attualmente la legge suprema d’Oltralpe non permette di organizzare referendum sul’immigrazione. Tuttavia, l’ex minisitro aveva anche ammesso che, nel 1962, l’allora presidente Charles de Gaulle aveva introdotto il suffragio universale per le presidenziali con una modifica costituzionale che aveva preso relativamente in considerazione il giudizio del Consiglio costituzionale. Sei mesi più tardi e dopo delle elezioni legislative anticipate, le parole di Fabius appaiono sotto un’altra luce. In effetti l’Assemblea nazionale eletta a inizio luglio, sebbene non abbia una vera maggioranza di destra, sembra tendere da questa parte dello scacchiere politico. Basta sommare i voti dei deputati che sostengono il governo Barnier a quelli che non lo censurano e si ottiene una maggioranza. A questa si deve aggiungere la maggioranza dei senatori, che sono espressione del partito di Barnier e Retailleau: Les Républicains. Se ci fosse la volontà politica dunque, il Parlamento di Parigi potrebbe dare il consenso, magari con una maggioranza risicata, ad una modifica costituzionale per poter indire dei referendum sull’immigrazione.Tra l’altro, anche tra i ministri macronisti sembra che ci sia molta più disponibilità, rispetto al passato, a parlare di politiche migratorie. Ad esempio il neo ministro degli affari europei, Benjamin Haddad ha dichiarato a Politico che «ovunque, nei nostri Paesi, al di là della divisione destra-sinistra c’è una forte richiesta da parte dei cittadini di controllare la nostra immigrazione». Il ministro ha però aggiunto che questo «non significa chiudere i confini» ma «scegliere i criteri per potere rimanere sul nostro suolo» e per «essere in grado di espellere coloro che non dovrebbero rimanere».Al dibattito sull’immigrazione ha partecipato anche l’ex presidente Nicolas Sarkozy che ieri mattina, ai microfoni di Cnews-Europe1 ha dichiarato che, per quanto riguarda le espulsioni, «si deve cambiare tutto» anche perché «l’immigrazione è un problema». L’ex inquilino dell’Eliseo ha anche lanciato una proposta alla Commissione europea, nella quale non dovrebbe esserci più un commissario per l’area Schengen ma «un governo europeo diretto dai ministri dell’Interno che dovrebbero eleggere un presidente tra di loro». Sarkozy ha anche rilanciato una proposta da lui fatta diversi anni fa, ovvero l’apertura di sportelli sulla riva sud del Mediterraneo «in modo che le pratiche siano istruite prima che questi disperati (migranti, ndr) attraversino il Mediterraneo». Una volta attivati questi sportelli «qualunque pratica aperta dopo la traversata del Mediterraneo dovrebbe essere respinta».Di immigrazione e del resto del programma politico del nuovo governo parlerà oggi Michel Barnier all’Assemblea nazionale, dove terrà il suo primo discorso programmatico, senza porre la fiducia.
Il giubileo Lgbt a Roma del settembre 2025 (Ansa)
Mario Venditti. Nel riquadro, da sinistra, Francesco Melosu e Antonio Scoppetta (Ansa)