2018-11-03
Oltre il 70% delle donne italiane vittima di stalking. L'ultimo caso a Firenze
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Dai messaggi alle telefonate insistenti, fino ai pedinamenti, alle minacce e agli omicidi. Sono quasi 3,5 milioni le italiane che hanno subito stalking da ex partner, conoscenti o perfetti sconosciuti. Nel 2016, su 149 femminicidi, 111 sono stati compiuti da un membro della famiglia. Caso di cronaca a Firenze: vittima la badante peruviana di un ragazzo disabile. L'ex compagno, anch'egli peruviano, vandalizza persino l'auto del datore di lavoro.Sono quasi 3,5 milioni le italiane che, secondo la settima puntata della trasmissione Hashtag24, l'attualità condivisa, andata in onda ieri sera su Sky, si sono imbattute nello stalking inflitto da un ex partner, da un conoscente o anche da un perfetto sconosciuto.Una violenza diffusa, insomma, anche se la quota delle vittime che denuncia il reato resta bassa: il 78% delle vittime non si è rivolta ad alcuna istituzione né ha cercato aiuto presso centri specializzati. Nel 2016, intanto, sono state 149 le donne uccise, 111 delle quali per mano di un componente della loro famiglia. E se è vero che dopo l'introduzione della legge 38 del 2009, che per volontà dell'ex ministro Mara Carfagna, di Forza Italia, ha introdotto nel Codice penale italiano il reato di stalking, si sono fatti passi avanti soprattutto con l'aumento delle condanne: si è passati dalle 35 sentenze del 2009 a 1.601 nel 2016. L'ultima è stata emessa il 1 novembre a Venezia, contro un tunisino di 29 anni conosciuto come «il terrore di Marghera»: nel suo curriculum ha spaccio di stupefacenti, rapine, furti, violenze, lesioni, violenza sessuale di gruppo, oltre che due ordini di espulsione con trasferimento nei Centri di permanenza per il rimpatrio. Ora è in carcere, e gli hanno dato anche 30 mesi per stalking, per aver reso impossibile la vita a una ventenne veneziana con cui aveva avuto una breve relazione sentimentale nel 2017. Due anni e 6 mesi non sono pochi, quasi una condanna esemplare. Ma resta ancora molto da fare. Tanto più se si considera che le donne sono più esposte degli uomini a questo tipo di reato: nel 2016 la quota di vittime di sesso femminile è stata il 73,64% mentre quella relativa agli uomini è stata il 26,36%. E soprattutto se si considera che troppo spesso le stesse condanne non servono: ieri, ad Arezzo, un quarantenne albanese, che il 25 settembre era uscito dalla cella dov'era stato rinchiuso per le infernali molestie inflitte alla ex moglie, è tornato ad aggredirla. Da giorni era tornato alla carica con appostamenti, pedinamenti e minacce. Dopo la richiesta di aiuto della donna al 113, l'immigrato è stato fermato con un paio di forbici in mano. È stato ri-arrestato. Ora in carcere, in attesa del terzo processo sullo stesso reato.«Sono stupito, perché nessuno sembra fare nulla». Domenica 28 ottobre Francesco Bigazzi, 75 anni, giornalista e autore di una ventina di saggi politici (da Oro a Mosca: i finanziamenti sovietici al Pci dalla Rivoluzione d'ottobre al crollo dell'Urss, fino al più recente Il viaggio di Falcone a Mosca), ha denunciato alla Questura di Firenze che le sue due automobili, parcheggiate la sera prima sotto casa, erano state vandalizzate: tutti i finestrini erano stati rotti, e tutti gli pneumatici erano stati tagliati.Nella denuncia, Bigazzi descrive come possibile movente la situazione di grave stalking di cui da tempo è vittima la badante del figlio disabile, una donna peruviana. Il giornalista segnala nel suo esposto di essere stato testimone di vari alterchi tra lei e il suo ex compagno, anche lui peruviano. L'aggressività dell'uomo in passato è stata così grave che la donna lo ha già denunciato. «Poiché le abbiamo dato lavoro», aggiunge Bigazzi, «ora lui ce l'ha anche con noi, e io comincio a temere anche per l'incolumità mia e della mia famiglia». Paradossalmente, proprio ieri il ministro della Giustizia, Adriano Bonafede, e quello della Pubblica amministrazione, Giulia Bongiorno (fondatrice dell'associazione Doppia difesa, a tutela delle donne vittime di violenza), hanno presentato un disegno di legge che stabilisca un canale privilegiato per le denunce di stalking. Intitolata «Codice rosso», la norma stabilisce procedimenti snelli per la tutela tempestiva delle vittime di violenza domestica. La polizia giudiziaria dovrà comunicare immediatamente al pubblico ministero le notizie di reato. La vittima dovrà essere ascoltata dal pm entro tre giorni dalla denuncia, e le indagini partiranno immediatamente.C'è da sperare che, anche prima dell'approvazione della legge, Bigazzi e quanti si trovano a essere vittima di stalking ottengano una rapida risposta dalle forze dell'ordine e dell'autorità giudiziaria.
(Guardia di Finanza)
I peluches, originariamente disegnati da un artista di Hong Kong e venduti in tutto il mondo dal colosso nella produzione e vendita di giocattoli Pop Mart, sono diventati in poco tempo un vero trend, che ha generato una corsa frenetica all’acquisto dopo essere stati indossati sui social da star internazionali della musica e del cinema.
In particolare, i Baschi Verdi del Gruppo Pronto Impiego, attraverso un’analisi sulla distribuzione e vendita di giocattoli a Palermo nonché in virtù del costante monitoraggio dei profili social creati dagli operatori del settore, hanno individuato sette esercizi commerciali che disponevano anche degli iconici Labubu, focalizzando l’attenzione soprattutto sul prezzo di vendita, considerando che gli originali, a seconda della tipologia e della dimensione vengono venduti con un prezzo di partenza di circa 35 euro fino ad arrivare a diverse migliaia di euro per i pezzi meno diffusi o a tiratura limitata.
A seguito dei preliminari sopralluoghi effettuati all’interno dei negozi di giocattoli individuati, i finanzieri ne hanno selezionati sette, i quali, per prezzi praticati, fattura e packaging dei prodotti destavano particolari sospetti circa la loro originalità e provenienza.
I controlli eseguiti presso i sette esercizi commerciali hanno fatto emergere come nella quasi totalità dei casi i Labubu fossero imitazioni perfette degli originali, realizzati con materiali di qualità inferiore ma riprodotti con una cura tale da rendere difficile per un comune acquirente distinguere gli esemplari autentici da quelli falsi. I prodotti, acquistati senza fattura da canali non ufficiali o da piattaforme e-commerce, perlopiù facenti parte della grande distribuzione, venivano venduti a prezzi di poco inferiori a quelli praticati per gli originali e riportavano loghi, colori e confezioni del tutto simili a questi ultimi, spesso corredati da etichette e codici identificativi non conformi o totalmente falsificati.
Questi elementi, oltre al fatto che in alcuni casi i negozi che li ponevano in vendita fossero specializzati in giocattoli originali di ogni tipo e delle più note marche, potevano indurre il potenziale acquirente a pensare che si trattasse di prodotti originali venduti a prezzi concorrenziali.
In particolare, in un caso, l’intervento dei Baschi Verdi è stato effettuato in un negozio di giocattoli appartenente a una nota catena di distribuzione all’interno di un centro commerciale cittadino. Proprio in questo negozio è stato rinvenuto il maggior numero di pupazzetti falsi, ben 3.000 tra esercizio e magazzino, dove sono stati trovati molti cartoni pieni sia di Labubu imbustati che di scatole per il confezionamento, segno evidente che gli addetti al negozio provvedevano anche a creare i pacchetti sorpresa, diventati molto popolari proprio grazie alla loro distribuzione tramite blind box, ossia scatole a sorpresa, che hanno creato una vera e propria dipendenza dall’acquisto per i collezionisti di tutto il mondo. Tra gli esemplari sequestrati anche alcune copie più piccole di un modello, in teoria introvabile, venduto nel mese di giugno a un’asta di Pechino per 130.000 euro.
Soprattutto in questo caso la collocazione all’interno di un punto vendita regolare e inserito in un contesto commerciale di fiducia, unita alla cura nella realizzazione delle confezioni, avrebbe potuto facilmente indurre in errore i consumatori convinti di acquistare un prodotto ufficiale.
I sette titolari degli esercizi commerciali ispezionati e destinatari dei sequestri degli oltre 10.000 Labubu falsi che, se immessi sul mercato avrebbero potuto fruttare oltre 500.000 euro, sono stati denunciati all’Autorità Giudiziaria per vendita di prodotti recanti marchi contraffatti.
L’attività s’inquadra nel quotidiano contrasto delle Fiamme Gialle al dilagante fenomeno della contraffazione a tutela dei consumatori e delle aziende che si collocano sul mercato in maniera corretta e che, solo nell’ultimo anno, ha portato i Baschi Verdi del Gruppo P.I. di Palermo a denunciare 37 titolari di esercizi commerciali e a sequestrare oltre 500.000 articoli contraffatti, tra pelletteria, capi d’abbigliamento e profumi recanti marchi delle più note griffe italiane e internazionali.
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