
Scelti i membri di Privacy e Agcom, per cui però manca ancora il nome del numero uno.Non essendo in vista un rimpasto, ci si accontenta di ciò che passa il convento. Ma la maggioranza conferma la sua attitudine acchiappapoltrone. Stasera tra le 19 e le 21 sarà infatti apparecchiato il banchetto più grosso, ben 28 portate: 14 presidenti di commissione da rinnovare alla Camera e altrettanti al Senato. E, oltre alle poltronissime, ci sono i premi di consolazione, cioè gli incarichi di vicepresidenti e segretari, utili a dare qualche spicciolo a un po' di parlamentari da tenere buoni. Va detto che un tempo il rinnovo di metà legislatura delle commissioni era un atto pressoché formale, con la quasi certa conferma di chi occupava quella posizione, ma da qualche anno è invalsa l'abitudine brutale delle maggioranze di impossessarsi di tutto, sacrificando presidenti capaci alle esigenze di spartizione del bottino tra i partiti.Il suq sarà aperto fino al tardo pomeriggio, e non si escludono sorprese in extremis. Partiamo dalla Camera, con una premessa. Se possibile, i grillini vorrebbero mantenere così come sono le loro presidenze: i loro gruppi sono due polveriere, e il timore pentastellato è che anche solo spostando poche caselle i malumori diventino incontrollabili. Sulla Affari costituzionali ha buttato l'occhio Maria Elena Boschi (Italia viva), che però non disdegnerebbe nemmeno la Giustizia, per la quale è in corsa anche la sua collega Lucia Annibali. Sempre i renziani vorrebbero Luigi Marattin alla Bilancio, ma per lui sembra più probabile la destinazione alla Finanze, visto che per la Bilancio il Pd tiene al suo esponente Fabio Melilli. E in ogni caso non sembra realistico che i renziani ottengano più di due commissioni, né è pensabile che incassino le due principali (Affari costituzionali e Bilancio, da cui passano praticamente tutti i provvedimenti). Altre aspirazioni renziane riguarderebbero la Trasporti (per Raffaella Paita) e la Esteri (per Gennaro Migliore). Come detto, però, il bouquet delle richieste renziane appare fuori misura per un partito del 2%. Tornando alla Esteri, ci sono anche le candidature (tutte Pd) di Marco Minniti, Piero Fassino e Lia Quartapelle, mentre alla Politiche Ue scalpita il figlio del governatore campano Vincenzo De Luca, Piero De Luca (Pd). Anche al Senato, il quadro è ancora da completare. Piero Grasso (Leu) punta alla Giustizia, il Pd vorrebbe incassare la Lavoro per Tommaso Nannicini e la Esteri per Roberta Pinotti, mentre per la Finanze si ipotizza una sfida tra Mauro Marino (Italia viva) e Luciano D'Alfonso (Pd). Va anche considerato un aspetto spesso sottovalutato dai manovratori: l'arma delle commissioni è a doppio taglio. Per ogni premiato, ci saranno almeno cinque (o più) delusi. Con tutte le conseguenze del caso, specie al Senato. Intanto, ieri, ha fatto un deciso passo avanti un'altra spartizione, quella legata all'Agcom e al Garante della privacy. Quanto al presidente della prima Autorità, per legge la proposta spetta al presidente del Consiglio d'intesa con il ministro dello Sviluppo. Poi la nomina viene decisa con decreto del presidente della Repubblica, sentite le commissioni parlamentari. Sembra in pole position il vicesegretario generale della Camera Giacomo Lasorella, anche se qualcuno ipotizza uno sgambetto all'ultimo momento da parte di Giuseppe Conte (in guerra con Luigi Di Maio), attraverso la candidatura del giurista Alberto Gambino. Ieri, nel frattempo, le Camere hanno votato per gli altri quattro membri dell'Agcom: sono stati eletti Elisa Giomi (sociologa indicata dal M5s), Laura Aria (funzionaria Mise sostenuta da Fi), Antonello Giacomelli (già sottosegretario, gradito a Pd e renziani) e Enrico Mandelli.Quanto al Garante della privacy, altra tornata di votazioni tra Montecitorio e Palazzo Madama: ce l'hanno fatta Pasquale Stanzione (sostenuto dal Pd), Agostino Ghiglia (indicato da FdI), Guido Scorza (esperto di questioni digitali indicato dal M5s) e Ginevra Cerrina Feroni (costituzionalista sostenuta dalla Lega).
Emanuele Orsini (Ansa)
Dopo aver proposto di ridurre le sovvenzioni da 6,3 a 2,5 miliardi per Transizione 5.0., Viale dell’Astronomia lamenta la fine dei finanziamenti. Assolombarda: «Segnale deludente la comunicazione improvvisa».
Confindustria piange sui fondi che aveva chiesto lei di tagliare? La domanda sorge spontanea dopo l’ennesimo ribaltamento di fronte sul piano Transizione 5.0, la misura con dote iniziale da 6,3 miliardi di euro pensata per accompagnare le imprese nella doppia rivoluzione digitale ed energetica. Dopo mesi di lamentele sulla difficoltà di accesso allo strumento e sul rischio di scarse adesioni, lo strumento è riuscito nel più classico dei colpi di scena: i fondi sono finiti. E subito gli industriali, che fino a ieri lo giudicavano un fallimento, oggi denunciano «forte preoccupazione» e chiedono di «tutelare chi è rimasto in lista d’attesa».
Emmanuel Macron (Ansa)
L’intesa risponderebbe al bisogno europeo di terre rare sottraendoci dal giogo cinese.
Il tema è come rendere l’Ue un moltiplicatore di vantaggi per le nazioni partecipanti. Mettendo a lato la priorità della sicurezza, la seconda urgenza è spingere l’Ue a siglare accordi commerciali nel mondo come leva per l’export delle sue nazioni, in particolare per quelle che non riescono a ridurre la dipendenza dall’export stesso aumentando i consumi interni e con il problema di ridurre i costi di importazione di minerali critici, in particolare Italia e Germania. Tra i tanti negoziati in corso tra Ue e diverse nazioni del globo, quello con il Mercosur (Brasile, Argentina, Paraguay ed Uruguay) è tra i più maturi (dopo 20 anni circa di trattative) e ha raggiunto una bozza abbastanza strutturata.
Automobili Byd (Ansa)
La società cinese ha selezionato 85 ditte dell’indotto automobilistico mollate dall’ex Fiat. Rendere profittevole l’elettrico anche qui, quindi, è possibile... per chi sa e vuole farlo.
Byd si sta prendendo tutti i fornitori italiani che Stellantis ha lasciato a piedi. Verrebbe da pensare, allora, che il modo per rendere profittevole l’auto elettrica in Italia esiste e forse il gruppo guidato dall’ad Antonio Filosa non ha saputo coglierne le opportunità.






