
La felicità è contagiosa, ma pure la depressione lo è. Se proprio dovete fare i lagnosi, almeno non superate la mezz'ora. E poi ricordatevi di rimborsare chi vi ha ascoltato.Le emozioni sono contagiose. Questa scoperta è stata fatta su base empirica, statistica e mediante osservazione diretta da numerosi autori: tra gli altri Paul Watzlawick (Il linguaggio del cambiamento) lo stesso di Istruzioni per rendersi infelici, e Milton Erikson, uno dei maggiori studiosi dell'ipnosi. Erikson è stato un altro benedetto dal cielo, nella top ten della catastrofe era uno in testa: nato daltonico e dislessico è riuscito ad avere anche la poliomielite, così da restare paralizzato. Quando diceva che siamo gli unici artefici della nostra vita sapeva di che parlava. Le osservazioni di questi e altri autori su quanto emozioni e stati mentali siano contagiosi, fatte per via sperimentale ed empirica, sono tutte confermate dalle recenti scoperte delle neuroscienze sui neuroni specchio, particolare tipo di cellula nervosa che ci permette di imitare e anche di comprendere le azioni altrui.Questa è un'affermazione facilmente verificabile: la felicità e l'infelicità tendono a essere contagiose, non lo sono sempre, certo, e mai per tutti nello stesso istante e nella stessa situazione, ma è una tendenza che può essere forte. La felicità si contagia con estrema difficoltà in molte situazioni, vedere qualcuno lieto e giulivo quando la disperazione ci riempie, difficilmente migliorerà il nostro stato. Si contagia invece con notevole facilità in altre, per esempio dove ci sia una condivisione: vittoria della nazione, almeno della nazionale, concerto, e soprattutto cerimonia religiosa intensa soprattutto se in luoghi particolari. Nel giro di un paio di ore lo stato mentale può ribaltarsi, passare dal progettato suicidio all'euforia.La depressione si contagia benissimo. L'insoddisfazione anche. Il «contagio» avviene attraverso linguaggio verbale e non verbale. Da questo si deduce anche il comandamento numero 11: non lamentarsi mai. Sono assolutamente certa che Dio nella sua infinita misericordia perdonerà i malvagi. Non sono così certa per i lagnosi. Il lagnoso è un buco nero. Distrugge la tua gioia di vivere senza guadagnarci nulla, ma al contrario per rimetterci. Non solo riempire di lamentele il disgraziato interlocutore danna quest'ultimo, ma peggiora anche lo stato mentale del lagnoso. I lagnosi sono individui che fanno stare male tutti per stare sempre peggio loro, che moltiplicano all'infinito i pesci e i pani del loro scontento: che ce ne sia sempre per loro e per tutti gli altri, tutti, a dismisura. Istruzioni per rendersi felici: smettere ora e per sempre di lamentarsi. Qualsiasi sia l'argomento. Parliamo solo di benessere e abbondanza: renderemo per contagio tutti più felici, gli altri ci restituiranno la felicità per contagio e la luce aumenterà, come un raggio di sole riflesso all'infinito tra due specchi.Facciamo un esempio. Sono uscita di casa e incontro la signora Martina. La signora Martina è una persona educata e mi chiede come va e io me ne sto lì per mezz'ora a dire: ecco vede, una cosa terribile, tutte le mattine quando mi alzo il ginocchio destro non tiene, e poi un male porco, una specie di scossa elettrica. Ma lei si rende conto: male porco, scossa elettrica, ginocchio che non tiene…Aveva solo chiesto come va, povera donna, è una signora educata. Io le ho vomitato addosso scontento e sconforto a vagonate. Inoltre in tutto questo sproloquio la mia attenzione è stata concentrata sul dolore al ginocchio, e per un effetto descritto dalle neuroscienze come effetto nocebo, la stessa cosa ma in negativo del cosiddetto effetto placebo, il mio dolore al ginocchio è strepitosamente aumentato.Quindi, da capo: incontro la signora Martina che mi domanda come vanno le cose. Un ginocchio mi fa male, è vero, ma l'altro ginocchio no. I gomiti, le mani, la testa e la schiena non mi fanno male. Quindi rispondere che va piuttosto bene non è una menzogna, non lo è mai. C'è sempre almeno una cosa che sta funzionando, altrimenti non saremmo vivi. Quindi risponderò che va bene, che ieri ho visto un bellissimo film e nel descrivere il film produrrò un po' di endorfine così che il dolore al ginocchio diminuisca. Che il ginocchio non mi tiene, mi fa male al mattino e a volte sembra avere scosse elettriche lo vado dire l'ortopedico: non mi sto lamentando, sto risolvendo il problema. È diverso.Altro esempio. Esco di casa e incontro la signora Martina, che di nuovo, essendo un'anima gentile e ingenua, ha la disastrosa idea di chiedermi come va. Come vuole che vada? Un disastro. Non potrebbe andare peggio (errore cognitivo. Certo che potrebbe andare peggio). Anche questa notte non ho dormito. Non è possibile dormire. Il tram passa sotto casa mia ogni due ore. Un chiasso infernale…Non serve a niente, solo a stare peggio io e a fare star male la signora Martina. Quindi di nuovo rispondo che va bene, sono viva, respiro: va bene. E con il tram che ci faccio? Invece di parlarne alla signora Martina ne parlo ai vicini di casa. Organizzerò i dolcetti, una riunione, una petizione. Magari in tutto questo trovo anche qualche amica simpatica, o un qualche bel pezzo di figliolo che aspettava solo me. La petizione poi la porto in Comune, all'assessorato al Traffico, dopo averne parlato ai giornali della città. Potrei anche fare politica. Questo è risolvere il problema. Altrimenti dovrò imparare tecniche di autosuggestione per disinserire il rumore del tram come fastidio e dormire anche in sua presenza. Doppi vetri e tappi per le orecchie possono aiutare.Non lamentiamoci. Dove sia possibile risolviamo i problemi e dove non è possibile usiamo le conversazioni con le persone per dimenticarli per qualche istante invece che continuare a farli impazzare nella nostra mente. E se mi fosse successo qualcosa di terribile? Mi hanno detto che ho una malattia orribile. Una persona che amo è morta. Qualcosa che mi angoscia è successo nel mondo.A questo punto pensiamoci bene. Siamo certi che parlarne ci farebbe meglio?Una volta, a Cagliari, a un bellissimo festival della letteratura ho incontrato lo scrittore David Grossman. Aveva appena perso il suo figlio maggiore. Tutti noi avevamo appena avuto dagli organizzatori del festival la richiesta di non parlargliene mai. Usava tutti noi per avere qualche istante di pausa nel suo dolore.Quando mio padre è morto, mia madre è stata fortunatamente costretta a continuare a fare l'insegnante elementare. Era costretta a pensare ad altro, a sorridere ai bambini. Nessuno di loro sapeva del suo lutto e questo le ha permesso di non crollare.Le neuroscienze hanno dimostrato che ascoltare i lamenti è un'operazione talmente dolorosa e penosa che, se prolungata per più di 30 minuti, può causare uno «spegnimento» delle cellule dell'ippocampo, che non è un cavalluccio marino, ma una parte del cervello. Non lamentatevi mai, quando lo fate per più di 30 minuti ricordatevi che state causando un danno. Se proprio non potete farne a meno, cercate di fermarvi al ventinovesimo minuto.Se decidiamo che la cosa che abbiamo dentro è tale che dobbiamo condividerla, assolutamente, allora ricordiamoci che dobbiamo pagare l'ascolto. Nella vita tutto deve essere pagato, altrimenti entriamo nel ruolo del parassita. Questo distruggerà gli altri, ma soprattutto distruggerà noi. Il parassita è un debole. La debolezza è il messaggio che trasmetterà al proprio inconscio, che aumenterà ulteriormente la debolezza. L'ascolto del nostro dolore va pagato. Con una moneta d'oro. Sempre. Quando abbiamo finito è nostro obbligo morale pronunciare la frase: «Grazie di avermi ascoltato, ora mi sento meglio». Ripeto: questa affermazione è un obbligo, è la moneta d'oro, sia per chi ha ascoltato il dolore, sia per chi lo ha espresso. Pronunciarla impedirà che la sofferenza che abbiamo rovesciato sul nostro ascoltatore gli riempia la mente e la giornata. Sarà tamponata della bollicina di gratificazione che gli arriva dall'informazione che ci ha aiutato. Qualcuno obietterà: ma questa frase potrebbe essere falsa. Se è falsa, se parlare non ci ha dato il minimo sollievo, perché lo abbiamo fatto? In realtà se abbiamo parlato, è perché un sia pur minimo sollievo la condivisione ce l'ha dato. Tacere sarebbe stato peggio. Quindi si tratta solo di sottolineare un concetto vero.Inoltre c'è una seconda fondamentale ragione. Se pronuncio questa frase, io mi sento meglio. Mentre lo dico diventa vero.Il mio sfogo, l'ascolto dell'altro diventa veramente terapeutico: un sollievo per me, la gratificazione per l'altro che è riuscito ad aiutarmi. Un gesto di fratellanza.In effetti non c'è stata alcuna violazione alla regola del non lamentarsi mai: non è stata una lamentela, ma una precisa richiesta di aiuto.
Maurizio Landini (Ansa)
La Cgil proclama l’ennesima protesta di venerdì (per la manovra). Reazione ironica di Meloni e Salvini: quando cade il 12 dicembre? In realtà il sindacato ha stoppato gli incrementi alle paghe degli statali, mentre dal 2022 i rinnovi dei privati si sono velocizzati.
Sembra che al governo avessero aperto una sorta di riffa. Scavallato novembre, alcuni esponenti dell’esecutivo hanno messo in fila tutti i venerdì dell’ultimo mese dell’anno e aperto le scommesse: quando cadrà il «telefonatissimo» sciopero generale di Landini contro la manovra? Cinque, dodici e diciannove di dicembre le date segnate con un circoletto rosso. C’è chi aveva puntato sul primo fine settimana disponibile mettendo in conto che il segretario questa volta volesse fare le cose in grande: un super-ponte attaccato all’Immacolata. Pochi invece avevano messo le loro fiches sul 19, troppo vicino al Natale e all’approvazione della legge di Bilancio. La maggioranza dei partecipanti alla serratissima competizione si diceva sicura: vedrete che si organizzerà sul 12, gli manca pure la fantasia per sparigliare. Tant’è che all’annuncio di ieri, in molti anche nella maggioranza hanno stappato: evviva.
Nel riquadro in alto l'immagine dei postumi dell’aggressione subìta da Stephanie A. Nel riquadro in basso un frame del video postato su X del gambiano di 26 anni che l'ha aggredita (iStock)
L’aggressore è un gambiano con una lunga fila di precedenti, però si era visto accordare la protezione speciale per restare in Italia. I clandestini sono 50 volte più pericolosi, ma sinistra e magistrati legano le mani agli agenti.
Vittime sacrificali di criminali senza pietà o effetti collaterali della «inevitabile» migrazione di massa? In questo caso il grande abbraccio che tanto intenerisce la Cei si concretizza con un pugno, una bottigliata, un tentativo di strangolamento, qualche calcione mentre era a terra, sputi, insulti. «Mi diceva che mi avrebbe ammazzata», scrive sui social Stephanie A., modella di origini brasiliane, aggredita lunedì sera nello scompartimento di un treno regionale Trenord della linea Ponte San Pietro-Milano Garibaldi, nella zona di Arcore. La giovane ha postato gli scatti dei colpi subìti ma anche alcune foto che ritraggono l’aggressore, fondamentali per identificarlo. Il suo appello non è caduto nel vuoto.
Per la sinistra, il crimine aumenta a causa dei tagli alle forze dell’ordine. Il governo ha assunto uomini, però polizia e carabinieri hanno le mani legate. Mentre le toghe usano i guanti di velluto con facinorosi e stranieri.
Ogni giorno ha la sua rapina e la sua aggressione. La maggior parte delle quali fatte da clandestini. L’ultima è quella compiuta da uno straniero su un treno lombardo ai danni di una modella. Ma nonostante l’evidenza dei fatti c’è ancora chi si arrampica sugli specchi per negare la realtà. Non sono bastati gli ultimi dati del ministero dell’Interno, che mostrano un aumento dei reati commessi da immigrati quasi sempre senza permesso di soggiorno o addirittura con in tasca un foglio di espulsione dal Paese.
Ansa
Utile oltre le stime a 1,37 miliardi nei primi nove mesi del 2025. Lovaglio: «Delisting per Piazzetta Cuccia? Presto per parlarne».





