2021-08-12
«È alle porte un nuovo totalitarismo. Gli accademici devono intervenire»
Per Luca Marini, docente della Sapienza «il Covid porterà a una criminalizzazione delle opinioni dissenzienti». Poi lancia un appello ai colleghi: «Basta ossequiare il potere, riuniamoci per garantire il pluralismo».Luca Marini è professore di Diritto internazionale all'università La Sapienza di Roma ed è l'ex vice presidente del Comitato nazionale di bioetica della presidenza del Consiglio dei ministri. Assieme al collega Francesco Benozzo, docente di Filologia romanza all'Università di Bologna (dove è coordinatore del dottorato di ricerca in Studi letterari e culturali) ha pubblicato un fiammeggiante pamphlet intitolato Covid. Prove tecniche di totalitarismo (edizioni La Vela, 272 pagine, 18 euro). Marini e Benozzo, tuttavia, non si sono limitati a dare alle stampe un libro. Hanno anche scritto un «appello alla comunità accademica» (condiviso nei giorni scorsi da Franco Cardini) che ha lo scopo di rompere il «silenzio assordante e imbarazzante di rettori, organi accademici, sindacati e associazioni» riguardo al modo in cui viene attualmente gestita la pandemia.Professore, nel libro appena pubblicato che lei firma assieme al collega Benozzo si suggerisce l'idea che stia avanzando un «nuovo totalitarismo». Qualcuno potrebbe dire che sia una definizione un po' esagerata. Perché lei è convinto che si tratti proprio di questo? «Temo che non si tratti di un'esagerazione. La teoria politica classica del totalitarismo (Hanna Arendt, 1951) chiama in causa elementi come tecno-scienza, propaganda, terrore: e cioè gli elementi che - chiunque sia in buona fede può confermarlo - hanno pienamente caratterizzato la cronaca e lo storytelling pandemici». Entriamo allora nello specifico delle misure adottate per la pandemia. Quale è la sua opinione sul green pass?«Mi sembra che sia sotto gli occhi di molti che si tratti semplicemente del tentativo di aggirare le garanzie poste dalla Costituzione a tutela dei diritti e delle libertà individuali, come nel caso dell'articolo 32, secondo comma. L'impressione è che il governo consideri i diritti e le libertà in questione come un ostacolo alla realizzazione degli obiettivi dell'Unione europea di cui esso - proprio in quanto governo “tecnico" - è pervicace assertore». Che ne pensa del livello del dibattito pubblico sviluppatosi attorno a questi temi? Criticare le misure sanitarie sembra divenuto problematico...«Problematico mi sembra un eufemismo. È difficile negare che ci troviamo in un vero e proprio stato di dittatura tecnocratico-sanitaria. Basti pensare all'obbligo di vaccinazione imposto agli operatori sanitari, che ha impunemente calpestato, nell'indifferenza generale, il principio del consenso informato, che mai - sottolineo mai - era stato messo in discussione da Norimberga in poi. Calpestato il consenso informato, è facile intuire che il livello cui si colloca il dibattito pubblico sia molto basso. Intendendo con questa espressione un dibattito realmente informato, consapevole e responsabile, promosso dai pubblici poteri nell'ambito di una governance della scienza finalizzata a salvaguardare - come afferma espressamente la Convenzione di Oviedo - il primato dell'essere umano rispetto agli interessi della scienza e della società».Che conseguenze avrà tutto questo secondo lei? «Personalmente ritengo che la principale conseguenza del Covid sarà proprio la criminalizzazione delle opinioni minoritarie e dissenzienti, con buona pace dei principi fondamentali della democrazia: basti pensare ai progetti volti ad introdurre i reati d'incitamento all'odio».Se ho capito bene lei e il suo collega Benozzo state lavorando anche a un manifesto su questi temi. A che punto siete? Avete già avuto adesioni? «Due giorni fa il blog di un autorevole collega universitario, Franco Cardini, ha pubblicato e presentato un “appello per un manifesto dei docenti universitari" ideato e redatto dal sottoscritto e da Francesco Benozzo dell'Università di Bologna. All'appello hanno risposto docenti di molti Atenei da tutta Italia. L'idea è che quanti vogliano dissentire in modo ragionato rispetto alle misure governative di gestione del Covid - che peraltro costituiscono una peculiarità tutta italiana - possano trovare un “focolare" intorno al quale raccogliersi in nome del metodo scientifico e del pluralismo delle idee». A proposito di docenti universitari: come si sono comportati secondo lei durante la pandemia? E, più in generale, come si cono comportati gli intellettuali?«Male. Direi che larga parte dell'Accademia non ha perso occasione per ossequiare il potere, nelle sue più diverse declinazioni. Ma d'altra parte questo è un problema che il Covid ha solo reso più evidente e tangibile».Ha condiviso le esternazioni di Agamben e Cacciari? Come le sembra siano state accolte?«Opinioni che personalmente condivido in pieno, ma che, purtroppo, incontrano scarso gradimento presso il largo pubblico. Del resto non è possibile aspettarsi altro, quando proprio i rappresentanti delle istituzioni contrappongono vaccinati e non vaccinati secondo una nuova classificazione di meriti e virtù civili. Questa è una precisa responsabilità morale che grava sul governo in carica e di cui ognuno dovrebbe essere consapevole».
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)
Giorgia Meloni ad Ancona per la campagna di Acquaroli (Ansa)
«Nessuno in Italia è oggetto di un discorso di odio come la sottoscritta e difficilmente mi posso odiare da sola. L'ultimo è un consigliere comunale di Genova, credo del Pd, che ha detto alla capogruppo di Fdi «Vi abbiamo appeso a testa in giù già una volta». «Calmiamoci, riportiamo il dibattito dove deve stare». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni nel comizio di chiusura della campagna elettorale di Francesco Acquaroli ad Ancona. «C'é un business dell'odio» ha affermato Giorgia Meloni. «Riportiamo il dibattito dove deve stare. Per alcuni è difficile, perché non sanno che dire». «Alcuni lo fanno per strategia politica perché sono senza argomenti, altri per tornaconto personale perché c'e' un business dell'odio. Le lezioni di morale da questi qua non me le faccio fare».
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