2025-01-12
Nuovi equilibri e stabilità: non conviene scommettere contro l’Italia
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I titoli di Stato italiani finora non sono stati scalfiti, a differenza di quelli di Regno Unito e Francia. Merito del governo forte e di un carovita inferiore alla media europea.È appena terminata una settimana abbastanza complicata per quasi tutte le obbligazioni governative. Da quando, a fine novembre 2024, si è diffusa tra gli investitori la convinzione che ulteriori riduzioni dei tassi Usa fossero ormai un miraggio, è partito un significativo movimento di rialzo dei tassi su tutte le scadenze medio-lunghe.La notizia è che questo ribasso dei prezzi non ha affatto scalfito il nostro Btp che finora è passato relativamente indenne attraverso una congiuntura di mercato che, in altri tempi, avrebbe visto gli investitori puntare pesantemente sul ribasso dei prezzi (i prezzi scendono quando i tassi salgono) dei nostri titoli pubblici. Se a questo ci aggiungiamo che a dicembre, secondo i dati appena pubblicati dalla Bce, Roma ha rimborsato a Francoforte la rilevante somma di 13,1 miliardi di titoli in scadenza (contro i 4 miliardi rimborsati da Berlino e, addirittura, 0,2 miliardi incassati da Parigi), si comprende ancora meglio lo straordinario ruolo di àncora recitato dal nostro Btp agli occhi degli investitori. Nemmeno l’assenza della Bce è riuscita a minare la loro fiducia. Anche se quest’ultimo aspetto è ormai quasi del tutto fuori dal controllo dell’Eurotower. Infatti il programma di acquisto di titoli pubblici (Pspp) partito nel 2015 con Mario Draghi ormai prevede solo rimborsi, il cui calendario è predefinito. L’altro programma (Pepp) lanciato nel 2020 da Christine Lagarde prevedeva un parziale reinvestimento dei titoli in scadenza fino a dicembre scorso e quindi la possibilità per la Bce di reinvestimenti discrezionali. Sta di fatto che gran parte dei rimborsi sono arrivati da Roma, con Parigi ancora una volta premiata dalle scelte della Lagarde.Ciononostante nelle ultime sei settimane il Btp decennale è rimasto fermo come una sfinge nei rapporti con gli analoghi titoli francesi, inglesi, tedeschi e Usa. Rispetto al 2 dicembre - quando ha avuto inizio «la gamba» rialzista dei rendimenti - la chiusura di venerdì ha registrato un aumento del rendimento di 51 punti base, esattamente come il titolo francese e addirittura meno del Bund tedesco, del Gilt inglese e del T-Bond Usa, cresciuti rispettivamente di 54, 59 e 57 punti. Solo nella settimana appena terminata, il Btp ha perso marginalmente terreno, facendo comunque meglio del titolo inglese che ha avuto suoi specifici problemi legati all’incertezza destata tra gli investitori dalla politica economica «tassa e spendi» del primo ministro laburista Keir Starmer.Pur avendo chiuso l’anno con un fabbisogno del settore statale pari a 125 miliardi (contro 108 del 2023, aumento attribuibile anche alle rilevanti compensazioni derivanti da bonus edilizi), il Mef guidato dal ministro Giancarlo Giorgetti ha potuto permettersi il lusso di annullare le aste di titoli di fine dicembre (che ha chiuso con un avanzo di cassa record del settore statale di 8 miliardi) perché aveva già 63 miliardi disponibili presso la tesoreria di Bankitalia, scesi poi a 36 miliardi a fine dicembre.Le motivazioni economico-finanziarie come detto partono da oltreoceano e si riverberano in modo differenziato in Europa. Il tema principale è la solidità dell’economia Usa, il cui mercato del lavoro resta relativamente teso, come confermato dagli ultimi dati di venerdì. Di conseguenza si allontana la prospettiva di ulteriori tagli dei tassi da parte della Fed (forse solo uno nella seconda metà del 2025). In questo scenario macroeconomico, gli investitori richiedono rendimenti più alti per comprare debito a lungo termine e si è quindi interrotta la corsa a comprare debito a lungo termine innescata dalla prospettiva di riduzione dei tassi.Se questa è la prospettiva generale, a favore della tenuta dei titoli italiani hanno pesato anche fattori specifici, di natura tecnica e politica. A partire dall’inflazione che, a dicembre, è stata del 1,4% in Italia, contro il 2,4% dell’Eurozona, una forbice che ormai dura da più di un anno e rema a favore di chi compra Italia.Poi ci sono anche i demeriti degli altri. Il Btp, per le dimensioni del mercato, la sua liquidità e la disponibilità di strumenti derivati, è strumento finanziario perfetto per chi desidera impostare posizioni ribassiste o rialziste e in passato è stato spesso penalizzato senza rispecchiare i (discreti) fondamentali del Paese. Non si chiama «speculazione», è semplicemente mercato. Quando c’era da picchiare, soprattutto al ribasso, cavalcando spesso falsità propalate ad arte, i titoli italiani erano i predestinati, esacerbando dinamiche di mercato di ampiezza internazionale.Se questa strategia ha premiato nel 2011-2012 e nel 2018, con chiare complicità politiche interne, oggi siamo in un’altra era geologica. Parigi e Berlino sono prive di una legge di bilancio per il 2025 e in profonda crisi politica. Nel Regno Unito, il governo laburista viaggia a vista tra una crescente disapprovazione. All’interno del Consiglio europeo, dove siedono i capi di governo, e del Consiglio, dove siedono i ministri, gli equilibri stanno rapidamente volgendo a favore di un gruppo di Paesi con maggioranza di centrodestra, tra i quali spicca per speso specifico e stabilità il governo guidato da Giorgia Meloni. Poiché i giochi si fanno in queste due istituzioni, non c’è «maggioranza Ursula» che tenga, sia in Commissione sia in Parlamento. In questo scenario, nessun investitore sano di mente pensa di scommettere al ribasso sull’Italia e invece guarda a Parigi. Prova ne è che in un recente sondaggio tra economisti pubblicato dal Financial Times ben il 58% delle risposte ha indicato la Francia come il Paese maggiormente a rischio di una crisi del debito pubblico. Solo il 7% ha indicato l’Italia, quando appena due anni fa il 90% puntava il dito verso il nostro Paese. Tutto qua.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)