2023-04-25
Nuova strage a Lampedusa. E l’Ue cincischia
Nell’isola 35 approdi in 24 ore. Affondano due barchini: ci sono vittime e dispersi, i superstiti vanno nell’hotspot, di nuovo stracolmo Intanto le Ong tornano a puntare verso le nostre coste. E il dem Stefano Bonaccini si lamenta perché il governo spedisce rifugiati a Ravenna.Ancora sbarchi, ancora vittime. E, soprattutto, ancora strumentalizzazioni e immobilismo da parte dell’Europa. Dopo i trasferimenti fatti con l’ultima ondata di arrivi sulle coste italiane, l’hotspot di Lampedusa è tornato nuovamente in una situazione insostenibile, ben al di sopra della capienza per la quale è stato concepito, e proprio nei giorni successivi alla prima approvazione del dl Cutro, che contiene le norme che lo potranno far gestire dalla Croce rossa e istituiranno al suo interno un punto del 118. Eppure, c’è chi quelle norme le ha contestate e chi sta continuando ad attribuire i naufragi alla politica del governo, senza incalzare invece Bruxelles, dove alle dichiarazioni di principio fatte a margine dell’ultimo Consiglio Ue da Ursula von der Leyen non è seguito alcun atto concreto.E così, a distanza di poco più di una settimana da un weekend che ha visto quattromila arrivi in quattro giorni, l’ondata di clandestini appare lontana dal potere essere gestita solamente dal nostro Paese, dove però si perpetua un gioco delle parti squisitamente politico che prescinde dalla presa d’atto della situazione. In 24 ore, ieri, ci sono stati ben 35 sbarchi con tre barchini affondati di fronte a Lampedusa e due vittime accertate. In poco tempo le persone sbarcate sono salite a più di 100, con un numero di Sos segnalati in area Sar italiana che la Capitaneria di porto e la Guardia di finanza hanno faticato a coprire totalmente. Alla fine dell’ennesima giornata infernale, le presenze nell’hotspot hanno sfondato ben presto quota 1.000, a fronte di una capienza di 400 posti. Il conflitto scoppiato in Sudan ha fatto poi piovere sul bagnato, visto che tra gli ultimi arrivi ci sarebbero già persone provenienti dal teatro di guerra ma soprattutto, secondo le stime fatte dall’Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, quelle già in movimento sarebbero tra le dieci e le 20.000, mentre quelle in fuga dalla regione potrebbero essere milioni. Il tutto mentre l’Unione europea resta immobile anche rispetto alla situazione tunisina, ormai economicamente al collasso a una manciata di chilometri dall’Italia. Se si considera che tutti i barchini giunti a Lampedusa nelle ultime ore sono partiti da Sfax, proprio in Tunisia, il potenziale devastante di una catastrofe unitaria al di sopra e al di sotto del Sahara non sono difficilmente intuibili. I dati, per ora, parlano chiaro e fanno rabbrividire: la Tunisia è diventato il nuovo paradiso degli scafisti, avendo di gran lunga superato la Libia come Paese di partenza di barchini e barconi carichi di clandestini diretti verso il nostro paese e in una settimana le autorità locali hanno recuperato 587 migranti che avevano lasciato irregolarmente il Paese. Stando così le cose, anche stavolta inevitabili gli incidenti e le vittime. I naufragi sono stati tre e hanno coinvolto tutti dei barchini: nel primo è affondato un barchino di sette metri in area Sar italiana, con 34 migranti salvati dalla Capitaneria di porto e un cadavere recuperato, ma secondo testimoni vi sarebbero dei dispersi. Nel secondo naufragio, avvenuto sempre di fronte a Lampedusa, le persone salvate sono state 42 e anche in questo caso vi sarebbero dei dispersi. Un’altra vittima, una donna, è stata purtroppo recuperata nel terzo naufragio, nel quale sono stati tratti in salvo 36 migranti.Una situazione, come detto, che non può che peggiorare, visto che nelle prossime ore sono attesi altri sbarchi, grazie anche alle navi delle Ong che hanno ripreso la propria attività. Secondo la Guardia costiera la navi in viaggio verso le coste italiane sarebbero 20 e tra queste oggi al porto di Ravenna arriverà la nave Humanity 1 di Sos Humanity, con 69 Migranti a bordo, di cui 20 minorenni non accompagnati, soccorsi lo scorso 20 aprile nelle acque internazionali al largo della Libia. Il presidente della Regione Emilia Romagna ed ex contendente della segreteria a Elly Schlein, Stefano Bonaccini, fa buon viso a cattivo gioco, rivendicando un approccio solidale ma allo stesso tempo masticando amaro per la scelta di un suo porto: «A Ravenna arriverà per la terza volta in poche settimane», ha detto Bonaccini, «una nave carica di migranti, tra i quali ancora una volta parecchi minori non accompagnati. Non solo non ci hanno chiamato», ha aggiunto, «ma ci hanno chiesto di condividere le decisioni assunte tramite posta elettronica e in poche ore». Nel mirino della sinistra, però, resta il governo e continua a non entrare l’Ue, come testimonia più di una dichiarazione della giornata di ieri di esponenti del Pd. Intanto, la Procura di Agrigento ha aperto un’inchiesta per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e morte quale conseguenza di altro reato, per una delle due morti avvenute in seguito agli ultimi naufragi. La prossima settimana è previsto l’incontro tra il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, il commissario delegato all’emergenza sbarchi Valerio Valenti e i governatori.
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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