2024-03-15
Nuda proprietà o usufrutto: le quote della Dicembre diventano un mistero
Marella Agnelli (Getty images)
L’inchiesta sull’eredità Agnelli all’ennesimo punto di svolta. Gli atti di Marella possono aprire nuove contestazioni fiscali.Nuda proprietà o usufrutto. Un passaggio chiave dell’inchiesta della Procura di Torino sull’eredità Agnelli passa dal chiarire quale dei due concetti si applicasse alle quote della Dicembre di Marella Agnelli. Che potrebbe aprire a nuove contestazioni, quantomeno in materia fiscale, per gli indagati.I due titoli non possono andare insieme: o si è titolari della nuda proprietà o dell’usufrutto. Il problema è che sulla base degli atti a disposizione, Marella risulta titolare sia dell’uno che dell’altro. Dell’usufrutto per gli atti depositati in Camera di commercio e della nuda proprietà secondo un accertamento del 2010 dell’Agenzia delle entrate. Il verbale di questo procedimento è contenuto nell’esposto della figlia Margherita alla base dell’inchiesta torinese. In questo verbale, si legge che «la signora Marella Caracciolo ha fornito varia documentazione, dalla quale si può presumere [...] che il centro dei suoi interessi economici non fosse in Italia, in quanto il principale asset del suo patrimonio personale situato in Italia - la partecipazione nella Dicembre s.s. - era posseduto soltanto a titolo di nuda proprietà».Tra i documenti della Dicembre depositati in Camera di commercio - e contestati da Margherita - ci sono invece tre scritture private datate 19 maggio 2004 con le quali Marella cede ai nipoti John, Lapo e Ginevra Elkann la nuda proprietà della sua quota, mantenendone l’usufrutto. L’usufrutto e il relativo reddito eventualmente incassato hanno conseguenza in questa storia: da qui potrebbero scaturire nuove accuse per gli indagati, come accennato dai pm torinesi nel secondo decreto di sequestro, quello che ha allargato l’indagine alle dichiarazioni dei redditi di Marella fino al 2016, contestato il reato di truffa accanto alla frode fiscale e aggiunto agli indagati anche Lapo e Ginevra Elkann accanto al fratello John e ai consulenti di fiducia Gianluca Ferrero e Urs von Gruenigen. Da usufrutto o nuda proprietà deriva, scrivono i pm, «un diverso obbligo dichiarativo ai fini delle imposte». Ovvero ulteriori tasse di successione da pagare a carico degli eredi, oltre a quelle già contestate sui 734 milioni di euro offshore che hanno fatto scattare l’ipotesi di reato di truffa.Di questo passaggio di quote nella scrittura privata è riportato il prezzo che sarebbe stato già pagato al momento dell’atto, ma secondo i pm non si trova traccia dei pagamenti. In una delle cause civili avviate a Torino da Margherita, la difesa degli Elkann ha presentato le comunicazioni della Simon fiduciaria - che gestiva parte del patrimonio personale della famiglia - al fiduciario svizzero per ordinare il pagamento. Ma di questo passaggio di denaro non c’è traccia. E quindi non è possibile stabilire con certezza se c’è stato e con quali fondi è stato effettuato. Anche perché si tratta di somme di una certa importanza anche per gli eredi Agnelli: le quote di Lapo e Ginevra, che prendono il 20% ciascuno, sarebbero costate 80 milioni di euro in totale. Il problema, per le difese, è che questi atti sono stati resi noti solo nel 2021, a 17 anni di distanza dalla loro stipula.Un anno e qualche mese prima, il 24 febbraio 2003, a un mese di distanza dalla morte di Gianni Agnelli, Marella aveva donato a John gran parte della sua quota della Dicembre. Una donazione a titolo gratuito, che sembrerebbe l’ultimo atto certo e non contestabile della Dicembre perché viene depositato pochi giorni dopo all’Agenzia delle entrate. Dopo questa data, la Dicembre torna nell’ombra fino al luglio del 2021. Quando vengono depositati in Camera di commercio una serie di atti - scritture private - che coprono l’intera storia della società. Margherita contesta questi atti, in particolare proprio la cessione della nuda proprietà ai fratelli Elkann del 2004. Una prima causa civile ha dato ragione alle pretese di Margherita, ma gli atti sono stati ugualmente depositati e una seconda causa civile, sempre a Torino, è ancora in corso.La Dicembre, giova a questo punto ricordarlo, è la parte più delicata di questa indagine. Da questa società con 103 milioni di euro di capitale deriva il controllo di Exor, ovvero della holding di diritto olandese che ha in pancia il controllo di Ferrari, la quota di Stellantis (primo azionista), Cnh, Iveco, Juventus, Philips più una serie di partecipazioni in altre società. Un totale di 34,2 miliardi di asset, secondo gli ultimi dati disponibili. La Dicembre è una società semplice (s.s.), una struttura utilizzata spesso per la gestione di patrimoni familiari o immobiliari perché riduce al minimo gli adempimenti e consente di non disperdere il bene tra i vari eredi nei casi di successione. Non ha obblighi di redazione di bilanci e permette un anonimato di fatto alle sue attività. La Dicembre nasce il 15 dicembre 1984 e allora i suoi soci sono Gianni Agnelli, la moglie Marella, il fratello Umberto Agnelli, Gianluigi Gabetti e l’allora top manager del gruppo Fiat, Cesare Romiti. Dopo la morte di Marella ha come soci i tre fratelli Elkann, e come unico asset il 40% della Giovanni Agnelli & c. bv, società di diritto olandese dove sono soci i vari rami degli Agnelli: gli eredi di Umberto e Susanna, i Nasi, i Camerana. Questa holding controlla a sua volta il 52% di Exor, guidata dallo stesso John Elkann.L’assetto della Dicembre, ha sostenuto più volte la difesa di Elkann, non può essere messo in discussione. Dalla sua, John ha una serie di pronunciamenti in Svizzera che hanno dato ragione a lui e torto alle pretese della madre.Adesso però l’indagine di Torino sembra rimettere in discussione anche questi passaggi. Non ci sono contestazioni di reati relativi alla Dicembre. Tant’è che il tribunale del Riesame ha dato ragione su questo alla difesa. Ma è un fatto che almeno 30 dei faldoni sequestrati dalla Guardia di finanza nello studio di Ferrero riguardano proprio la Dicembre. Che con l’allargamento dell’inchiesta potrebbero restare nelle mani dei pm.
A condurre, il direttore Maurizio Belpietro e il vicedirettore Giuliano Zulin. In apertura, Belpietro ha ricordato come la guerra in Ucraina e lo stop al gas russo deciso dall’Europa abbiano reso evidenti i costi e le difficoltà per famiglie e imprese. Su queste basi si è sviluppato il confronto con Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, società con 70 anni di storia e oggi attore nazionale nel settore energetico.
Cecconato ha sottolineato la centralità del gas come elemento abilitante della transizione. «In questo periodo storico - ha osservato - il gas resta indispensabile per garantire sicurezza energetica. L’Italia, divenuta hub europeo, ha diversificato gli approvvigionamenti guardando a Libia, Azerbaijan e trasporto via nave». Il presidente ha poi evidenziato come la domanda interna nel 2025 sia attesa in crescita del 5% e come le alternative rinnovabili, pur in espansione, presentino limiti di intermittenza. Le infrastrutture esistenti, ha spiegato, potranno in futuro ospitare idrogeno o altri gas, ma serviranno ingenti investimenti. Sul nucleare ha precisato: «Può assicurare stabilità, ma non è una soluzione immediata perché richiede tempi di programmazione lunghi».
La seconda parte del panel è stata guidata da Giuliano Zulin, che ha aperto il confronto con le testimonianze di Maria Cristina Papetti e Maria Rosaria Guarniere. Papetti ha definito la transizione «un ossimoro» dal punto di vista industriale: da un lato la domanda mondiale di energia è destinata a crescere, dall’altro la comunità internazionale ha fissato obiettivi di decarbonizzazione. «Negli ultimi quindici anni - ha spiegato - c’è stata un’esplosione delle rinnovabili. Enel è stata tra i pionieri e in soli tre anni abbiamo portato la quota di rinnovabili nel nostro energy mix dal 75% all’85%. È tanto, ma non basta».
Collegata da remoto, Guarniere ha descritto l’impegno di Terna per adeguare la rete elettrica italiana. «Il nostro piano di sviluppo - ha detto - prevede oltre 23 miliardi di investimenti in dieci anni per accompagnare la decarbonizzazione. Puntiamo a rafforzare la capacità di scambio con l’estero con un incremento del 40%, così da garantire maggiore sicurezza ed efficienza». Papetti è tornata poi sul tema della stabilità: «Non basta produrre energia verde, serve una distribuzione intelligente. Dobbiamo lavorare su reti smart e predittive, integrate con sistemi di accumulo e strumenti digitali come il digital twin, in grado di monitorare e anticipare l’andamento della rete».
Il panel si è chiuso con un messaggio condiviso: la transizione non può prescindere da un mix equilibrato di gas, rinnovabili e nuove tecnologie, sostenuto da investimenti su reti e infrastrutture. L’Italia ha l’opportunità di diventare un vero hub energetico europeo, a patto di affrontare con decisione le sfide della sicurezza e dell’innovazione.
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Il fiume Nilo Azzurro nei pressi della Grande Diga Etiope della Rinascita (GERD) a Guba, in Etiopia (Getty Images)