2024-11-10
Nordafricano schiaffeggia una capotreno
Un'immagine di archivio (Ansa)
Ennesimo atto di violenza, stavolta nel Pavese: un giovane fumava a bordo, la donna gli ha intimato di smettere, ma è stata picchiata. «Faccio quello che voglio», ha detto l’aggressore, che poi è fuggito. L’identikit però non lascia adito a dubbi sulla sua provenienza.«Io faccio quello che voglio». L’ha detto il nordafricano che, venerdì sera, su un vagone della linea Milano-Mortara (Pavia), ha preso a schiaffi e a spinte una capotreno: lei aveva osato chiedergli di spegnere la sigaretta. Forse, il giovane non ha torto: certa gente, in Italia, si sente impunita. Ci sono leggi, ci sono sanzioni, però costoro sembrano conviti che scamperanno alle pene. Magari perché sperano di trovare un magistrato pietoso. Quanti agenti, servitori dello Stato, sottovoce te lo confessano: io li acciuffo e, passate ventiquattr’ore, me li ritrovo di nuovo lì a spacciare, a scippare, a delinquere, a spernacchiare le forze dell’ordine. A fare quello che vogliono. Il ferroviere Christian Colmegna, segretario regionale della Fit-Cisl Lombardia, su Adnkronos, ha ricordato un esempio imbarazzante: «Un nostro collega, dopo essere stato aggredito, ha rivisto lo stesso aggressore sul treno appena due ore dopo, subendo un’altra aggressione. Il capotreno è stato picchiato sia all’andata che al ritorno». Vedete? Fanno quello che vogliono. Chi ci rimette sono i cittadini per bene. Come la quarantottenne in servizio su quel convoglio in Lombardia, lungo una tratta che gli utenti conoscono proprio per la sua pericolosità.Un passeggero non rispettava le regole, la donna lo ha ripreso. Maneggiando la cicca infiammata, egli metteva a repentaglio la sicurezza di tutte le persone a bordo. Per senso di responsabilità, ha rimediato le percosse. I carabinieri, allertati, si sono precipitati nella stazione della cittadina pavese. Ma il ragazzo, confondendosi con i pendolari, se l’è data a gambe. L’identikit non lascerebbe spazio a equivoci: era l’ennesimo picchiatore nordafricano. L’ennesima «risorsa» che, prima di pagarci la pensione, dovrebbe preoccuparsi di pagare il biglietto.Alla signora di Mortara tocca persino considerarsi fortunata: non è rimasta ferita in modo grave. A Rosario Ventura, il suo collega che lunedì si trovava sul treno Brigole-Busalla, è andata peggio: alla stazione di Genova Rivarolo, un ventunenne egiziano arrivato da noi col barcone, irregolare e con precedenti, Fares Kamel Salem al Shahhat, l’ha accoltellato. L’uomo è sopravvissuto, con 18 punti di sutura. «C’è stato un fraintendimento sul biglietto perché non parlo bene l’italiano», ha raccontato lo straniero al giudice. «Poi lui», il controllore, «mi ha colpito con un manganello e io ho reagito». Con i fendenti. Capito? Arrivi nel nostro Paese, viaggi a sbafo sui mezzi pubblici, non conosci la nostra lingua, però porti in tasca una lama da usare all’occorrenza. Dovesse capitare un «fraintendimento»… È così che ci si comporta al Cairo? Dove non possiamo rimandare quella testa calda? L’Egitto non è un Paese sicuro, sentenziano le toghe. Beh, il nostro Paese neanche, se sali su un treno. Solo nell’ultimo anno e solo su Trenord, sono stati denunciati 44 episodi di violenza ai danni del personale. In parecchi casi, ça va sans dire, ci sono di mezzo stranieri. Basta cliccare su Google per trovare i precedenti. Come quello del 31 ottobre a Malnate (Varese): un extracomunitario ha molestato un intero vagone e poi ha minacciato di morte il capotreno. A settembre, era diventato virale il video dell’africano che scaraventava a terra un altro capotreno, facendogli perdere i sensi. Il 27 luglio, su un regionale diretto a Ferrara, un diciannovenne di origini egiziane aveva prima dato del «razzista» al controllore e poi l’aveva malmenato. Quattro giorni prima, il pubblico ufficiale in servizio a Crevalcore, nel Bolognese, era stato preso a calci e spintoni da un ventitreenne pakistano. Anche per chiedere più sicurezza, quattro giorni fa, c’è stato uno sciopero. Siamo giunti al punto che, dopo il fattaccio della Liguria, Laura Andrei, da un decennio sulle ferrovie italiane, a Repubblica ha illustrato quale soluzione creativa adotta chi vive in trincea.«Il primo consiglio che diamo ai neoassunti», ha svelato, «è l’autotutela. Significa che con un po’ di esperienza si capisce quando un passeggero può creare problemi e allora si evita di chiedere il biglietto». In fondo, con le aggressioni non c’entrano mica «l’etnia o il colore della pelle. La violenza è frutto del disagio sociale». Quindi, quei signori adottano il metodo Landini? La rivolta? Solo, diretta verso gli obiettivi sbagliati? Eppure, sulle cronache, si fatica a trovare traccia di nostri connazionali operai iscritti alla Cgil che abbiano schiaffeggiato qualche capotreno. Nonostante i salari bassi, il welfare a brandelli, il «disagio sociale» e le istigazioni del segretario, loro non fanno quello che vogliono. Il nordafricano di Mortara, sì.