2024-12-23
«Non solo tormentoni. Questo Capodanno parlo di vita e amore»
L’attore Massimo Boldi, in uscita con un film: «Berlusconi mi condonò una maxi penale, era un fratello maggiore. Da giovane vendevo merendine».Il mestiere di Massimo Boldi è sempre stato quello di accendere la risata immediata. Una dote naturale, la sua, la cui epifania si rivelò già quando era un buffo scolaretto che ci pare di vedere, in quella provincia lombarda degli anni Cinquanta della cui antropologia qualcosa ancora sopravvive. A 11 anni, con la famiglia, si trasferì nella metropoli, in quella Milano-laboratorio di Enzo Jannacci e Cochi e Renato che riconobbe le sue qualità giullaresche, assai apprezzate anche da Bettino Craxi e Silvio Berlusconi. Un personaggio stralunato e surreale, l’attore e cabarettista, capace di cavalcare le trasformazioni sociali attraverso il genere commedia, ma conservando sia i fondamentali della propria comicità, sia quel fondo di malinconia che è parte della sua identità, mirabilmente psicanalizzato da Carlo Verdone e Pupi Avati. Sta per uscire, nelle piattaforme tv, il nuovo film, con regia di Tony Fornari e Andrea Maia, A Capodanno tutti da me, di cui è il protagonista nelle vesti di un ministro della Repubblica a fine mandato. Commedia brillante ma anche amara. Appena eletto, aveva abbandonato tutti, amici e moglie. «È questo ministro che, con il 31 dicembre 2024, chiude la sua carriera politica, se ne va in pensione e dà questa festa di Capodanno, invitando degli amici. Poi accade questo straordinario, tra virgolette, miracolo, che lo porta a fargli rivedere, come invitati, i suoi amici di 25 anni prima». I vecchi amici si materializzano e non se la passano tanto bene…«Soprattutto lui ritrova l’umanità e la vera vita che avrebbe dovuto condurre se non avesse esagerato nella sua professione. Di conseguenza, a 75 anni, nella sua posizione, trova la verità». Il film può essere letto anche come una parodia della politica?«Soprattutto su come girano il mondo e l’umanità. Tutti vogliono di più e non basta quello che si ha. Quando hai di più, ne vorresti ancora. Qui mancano anche i veri sentimenti, l’amore, la tua vita. Poi, te ne rendi conto a una certa età. Questo lo dico anche per me, eh! Perché non sono mica un ragazzino». Secondo lei la politica è uno specchio della società o la società è uno specchio della politica? «Bella domanda. È un cane che si morde la cosa. Trovo che l’una ammazza l’altra». Nel 1992 si avvicinò alla politica attiva, candidandosi con il Psi nella circoscrizione Como-Sondrio-Varese, anche se poi non fu eletto.«Ha detto “un avvicinamento alla politica”. Ed è stato proprio quello che ho provato io, per invito di Bettino Craxi che, allora, specialmente per Milano, è stato il politico che ha esaltato la televisione, soprattutto milanese, i personaggi che ne facevano parte, un riconoscimento vero. E di amicizia. Noi eravamo proprio amici. Poi conobbi il cavalier Berlusconi e iniziai con tutto il gruppo di Canale 5 e Mediaset a fare televisione». Qualche mese fa sui social è stato attaccato per aver espresso un pensiero di apprezzamento nei confronti di Giorgia Meloni. E la libertà di espressione? «Questo episodio è capitato il 15 agosto perché ho sbagliato, facendo gli auguri alla premier e alla sua famiglia sul suo profilo, quando invece noi ci conosciamo e ci facciamo gli auguri come normalmente si fa, “tanti auguri, come stai?”. Però c’è chi cerca di trovare una cosa semplice per far polemica, perché poi, alla fine, non succede niente». È nato a Luino nel 1945. Come ricorda il Natale e il Capodanno dell’infanzia?«Certo che mi ricordo, lo posso dire in milanese, la mia mamma, il mio papà, el me fradél. Poi mio nonno, che era un campione di corsa a piedi, grande sportivo. Mi ricordo quando mi hanno regalato, per Natale, la prima batteria giocattolo, avevo 10 anni, con questa batteria giocattolo, pun-tatagiun-tatagiun, e poi è diventato il mio hobby». Suo padre, Marco Tranquillo, di origini friulane, era impegnato nel settore della pasticceria…«Faceva non il pasticciere, ma il decoratore per la pasticceria. Avevamo un laboratorio con le lavoranti e facevano i fiori di marzapane, le decorazioni sulle torte, gli sposini da mettere sopra la torta di nozze». Sua madre che carattere aveva?«Carla Vitali, una donna dolcissima, ma molto severa». Si accorse già da bambino della sua capacità di far ridere? «Se mi sono accorto non lo so. Mi sono accorto un po’ più tardi. Che lo facessi, era normale».Anche a scuola, magari.«Soprattutto a scuola!».Non trova che, anche da adulti, abbiamo bisogno di dire spiritosaggini molto semplici per rilassarci? «Io non è che ho bisogno, le dico e le faccio in maniera naturale». Da giovane vendeva prodotti dolciari porta a porta.«Facevo la tentata vendita». Con i potenziali acquirenti era serio o faceva qualche battuta?«No, serio. La tentata vendita consiste nel caricare un furgone di prodotti dell’azienda, che in questo caso era la Motta, le caramelle col buco, i Buondì, i panettoni. Partivo la mattina alle 8 e giravo per la provincia, eravamo in sei. Entravo nel panificio, drogheria, panetteria, dicendo: “Buongiorno, Motta! Vi lascio qualcosa?”. Avevo i Buondì e le altre cose nelle scatole, loro pagavano, e pagavano in contanti, mettevo i soldi in un portafoglio e poi, la sera, scaricavo il furgoncino e il guadagnato lo versavo alla cassa».Divenne amico di Enzo Jannacci, negli anni del Derby, a Milano.«Io sono arrivato al Derby non perché ho conosciuto Enzo Jannacci, ma come batterista della Pattuglia azzurra, il mio gruppo musicale di allora. Era il 1968. Il nostro compito era quello, oltre che di fare musica, di accompagnare gli artisti. Ce n’erano di grande prestigio, da Jannacci a Dario Fo, da Paolo Villaggio a Cochi e Renato, il mondo comico di quegli anni. Ho lavorato lì parecchi anni e ho cominciato ad avere un rapporto di grande amicizia con questi artisti e con Jannacci. Ci frequentavamo anche durante la giornata e, poi, mi arrivò l’offerta di lavorare sul palcoscenico non più come batterista, ma come artista comico». I suoi noti tormentoni. «Non lo sapessi ma lo so… Se lo sapessi, lo dissi». «Ta-ta-ta-tachicardia». «Come dite voi, a Milano, cocktail? Noi, a Firenze, si dice cocktail». Ce n’è qualcuno nel nuovo film? «Sì. C’è un pezzo dove dico: “Bestia! Che serata pazzesca!”». Come le vengono?«È una cosa che viene all’improvviso, sì sì».Max Cipollino, conduttore di un pazzo tg e inviato con la telecamera in testa. Fu lei a inventare questo personaggio? «L’idea fu mia, ma lavoravo in coppia con Teo Teocoli. All’inizio degli anni Ottanta facevamo Antenna Tre Lombardia, s’inventavano personaggi al momento e da lì nacque questo Cipollino, che mi è rimasto appiccicato addosso». Insomma, c’è un po’ della sua paternità per Striscia la notizia? «Questo è un termine giusto. C’è un po’ la mia paternità, reale, vera, perché, molto tempo prima che lo facesse Antonio Ricci a Canale 5, facevo un tg inventato al momento. C’erano le prime tv e io ricevevo un’emittente, Tele Radio Reporter. Alle 7 di sera, un giornalista, Giovanni Cozzi, faceva un telegiornale del condominio e strade limitrofe e faceva ridere. Ho cominciato a farlo al Derby e al cabaret. Diventò uno sketch divertentissimo e, da lì, Ricci con gli altri personaggi. Feci un po’ di polemica, ma vabbè…». Conobbe Craxi.«Sì, a casa sua. Ricordo che Bettino parlava in milanese e chiunque di noi, artisti della Milano da bere, si rivolgesse a lui in milanese, gli suscitava molta simpatia. Io, parlando in milanese, facevo il mobiliere della Brianza, “Vieni zu a trovarmi”, con la zeta accentuata, e lui diventava matto».E Berlusconi come lo ricorda? «Anche con Silvio Berlusconi era nata un’amicizia, come fosse un fratello maggiore. L’ho seguito e l’ho anche tradito perché, a un certo momento, nel 1986-87 lasciai Canale 5 per andare da Celentano a fare Fantastico. La sproporzionata penale fu condonata dal presidente Berlusconi con “due miliardi e mezzo di risate” e così tornai a lavorare per Canale 5». Nel film del 1984 I due carabinieri, diretto da Carlo Verdone, che si potrebbe qualificare come commedia drammatica, lei fa la parte del carabiniere Adalberto Occhipinti, un uomo insicuro e ansioso che, vincendo la sua fragilità, diventa un eroe più coraggioso degli altri che perde la vita aprendo il bagagliaio di un’autobomba. Verdone è riuscito farle tirar fuori un personaggio straordinario, lavorando sulla sua personalità.«Evidentemente Carlo ha avuto il dono di saper conoscermi a fondo, rendendosi conto che non ero solamente un clown, diciamo, ma avevo un’anima, un mio modo di essere, una serietà professionale spiccata… E poi questa sceneggiatura fu firmata non solo da Verdone ma anche da altri autori di grandissimo pregio». Il film comico di tutti i tempi che più le è piaciuto?«Totò a colori».E quello, anche straniero, di altri generi?«2001: Odissea nello spazio». Le è capitato di essere stato tradito?«Sì, ma è chiaro che diventa anche un’esperienza. Ma anche non è così, perché, seguendo il tuo spirito, la tua anima, il tuo essere, puoi sbagliare anche un’altra volta, dare possibilità di farti tradire un’altra volta». Autogiudicandosi, si ritiene una persona buona o cattiva?«Mi ritengo una persona normale». Il denaro aiuta, ma può dare la felicità? «Il denaro ti dà la felicità ma fino a un certo punto, perché c’è proprio un limite, oltre a quello, anche se ne hai tanto, non puoi far niente. Io, ad esempio, quando, nel 2004, ho perso la mia povera moglie Marisa, avrei potuto dare tutto quello che avevo accumulato in quel tempo, ma non si poteva far niente e così è andata».
Emmanuel Macron (Getty Images). Nel riquadro Virginie Joron
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L'evento organizzato dal quotidiano La Verità per fare il punto sulle prospettive della transizione energetica. Sul palco con il direttore Maurizio Belpietro e il vicedirettore Giuliano Zulin, il ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana, il presidente di Ascopiave Nicola Cecconato, il direttore Ingegneria e realizzazione di Progetto Terna Maria Rosaria Guarniere, l'Head of Esg Stakeholders & Just Transition Enel Maria Cristina Papetti, il Group Head of Soutainability Business Integration Generali Leonardo Meoli, il Project Engineering Director Barilla Nicola Perizzolo, il Group Quality & Soutainability Director BF Spa Marzia Ravanelli, il direttore generale di Renexia Riccardo Toto e il presidente di Generalfinance, Boconi University Professor of Corporate Finance Maurizio Dallocchio.
Kim Jong-un (Getty Images)