
Manifestanti in piazza nonostante i divieti nel giorno in cui si ricorda il massacro degli ebrei di due anni fa. A Bologna cariche della polizia, che usa gli idranti. A Torino sfilano in migliaia, con loro i sindacati autonomi.Il 7 ottobre è tornato. È una data che brucia. Due anni fa Hamas fece irruzione in Israele con un attacco senza precedenti: più di 1200 morti. Fu l’inizio di una guerra che, due anni dopo, ha ancora Gaza sotto le bombe e l’Occidente diviso tra memoria e militanza pro Pal. In Italia quella ferita si è riaperta nelle piazze che sventolano bandiere rosse e palestinesi e che invitano a scioperi e a occupazioni a volte cercando lo scontro. Dall’altra, l’Associazione Setteottobre che lancia una campagna per «non dimenticare il massacro perpetrato dai terroristi islamici». Sul sito dell’associazione è stato attivato un Qr code che rimanda alle foto della strage. «L’8 ottobre sarà la data prevista dell’intercettamento. Chiamiamo tutte e tutti ad attivarsi per scendere in piazza e scioperare». È l’invito lanciato dal team della nave Conscience della Freedom flotilla coalition, in rotta verso Gaza. Dalla nave partono appelli a «nuove mobilitazioni in caso di intercettamento da parte di Israele». È la stessa grammatica militante che attraversa scuole, università, collettivi e centri sociali. Lo slogan è il solito: «Blocchiamo tutto». Dopo Padova e Pisa, il ministro dell’Università Anna Maria Bernini è arrivata anche a Siena. Un viaggio simbolico, nelle università italiane per salutare gli studenti palestinesi giunti in Italia la scorsa settimana grazie alle borse di studio messe a disposizione dal ministero dell’Università, dal ministero degli Esteri e dagli atenei. In 39, tra studenti, ricercatori e visiting professor, provenienti dalla Striscia di Gaza, sono arrivati attraverso il primo corridoio universitario. Siena ospita otto studenti, che hanno accolto il ministro con abbracci e ringraziamenti, esprimendo gratitudine per l’impegno profuso e per il viaggio compiuto dalla Giordania. Ma proprio a Siena, 20 studenti pro Pal hanno contestato la Bernini davanti il Rettorato. «Bernini vaff…», hanno urlato, mentre il ministro, andando loro incontro, ha replicato con un invito: «Venite su, venite su». Durante l’incontro la Bernini ha ribadito: «Sbagliato interrompere i rapporti con Israele. Gli atenei hanno autonomia, ma chiudere la porta ai ricercatori israeliani è un errore. La pace si costruisce con la cultura, non con i boicottaggi». Ma le occupazioni studentesche si moltiplicano. Alla Statale di Milano, il collettivo Rebelot ha occupato Scienze Politiche: «Contro l’Accademia del genocidio». A Roma, occupato il liceo classico Plauto. Gli studenti denunciano «l’infame indicazione dell’Ufficio scolastico regionale che vieta di parlare di Palestina a scuola». A Torino la mappa delle occupazioni si allarga: il liceo Cavour, il Darwin, il Berti, il Massimo D’Azeglio, il Regina Margherita, il Convitto Umberto I, il Giordano Bruno, il Santorre di Santarosa e il Carlo Ignazio Giulio. «La mobilitazione», scrivono, è in sostegno alla Flotilla. Gli attivisti pro Pal, invece, si sono radunati in piazza Castello, nonostante le prescrizioni della Questura. Un’ora dopo erano in circa 2.000. Due ore dopo quasi 5.000. Presenti anche Cobas, Usb, Rifondazione comunista e Potere al popolo. E a Bologna, mentre il collettivo Cambiare Rotta continua l’occupazione al Dipartimento di Fisica nonostante la denuncia per interruzione di pubblico servizio, gli attivisti pro Pal hanno organizzato una manifestazione, nonostante le prescrizioni della Questura. Appena i primi interventi sono partiti dal sound system in piazza del Nettuno, la tensione è esplosa. Le Forze dell’ordine sono intervenute, sequestrando megafono e impianto audio. Nel mezzo, un parapiglia: spintoni, urla, strattonamenti. Il segnale è chiaro: lo spazio della protesta si restringe. Sul lato di via Rizzoli i blindati hanno chiuso ogni varco. In pochi minuti la piazza è diventata un recinto per qualche centinaio di manifestanti. Dentro, i cori. Fuori, polizia e carabinieri. Finché non si è stato aperto un varco. Durante il tragitto verso piazza Maggiore, però, è intervenuto un altro stop forzato. Le Forze dell'ordine si sono spostate e sono intervenute per respingere il tentativo con idranti e cariche. Il corteo è stato respinto fino a piazza del Nettuno. Da dove però è ripartito procedendo verso le due Torri e arrivando in Strada Maggiore. Qui i manifestanti hanno creato delle barricate con i cassonetti. Altri getti d’acqua per evitare che i manifestanti si ricompattassero. Mentre dai blindati della polizia intimavano: «Corteo non autorizzato, lasciate la piazza alla spicciolata». Davanti alla pressione degli attivisti, una carica della polizia è partita in modo spontaneo. I manifestanti si sono allontanati. Ma c’è stato un lancio di oggetti contro gli agenti. Nel caos una manganellata ha colpito anche un giornalista. Livorno, invece, si è svegliata blindata. Il lungomare è diventato una zona rossa. Pattuglie in mare, varchi presidiati, traffico deviato. All’arrivo di Matteo Salvini, atteso insieme a quattro ministri della Lega, Giuseppe Valditara (Istruzione), Giancarlo Giorgetti (Economia), Roberto Calderoli (Affari regionali) e Alessandra Locatelli (Disabilità), circa 200 manifestanti richiamati da sindacati di base, collettivi studenteschi e gruppi antagonisti, hanno srotolato striscioni, alzato bandiere palestinesi e urlato slogan contro il governo e contro Israele. La protesta è degenerata. Uova, pomodori, bottigliette e fumogeni hanno colpito il cordone di polizia. In strada c’erano anche una ventina di persone vestite di nero, alcune con delle mazze tra le mani. Le Forze dell’ordine hanno risposto contenendo l’avanzata, mentre i ministri sono stati scortati verso la sala: «Valditara ha ricevuto calci alla macchina, altri sono fermi da tempo», ha denunciato Salvini, definendo «vergognose» le scene di caos. Il vicepremier ha risposto con ironia, lanciando baci verso la folla. E in serata ha commentato: «Gli arrestati sono due, ancora troppo pochi».
Ornella Vanoni (Ansa)
La signora della musica italiana voleva gustarsi la stracittadina di oggi, ma la morte è giunta prima. Il grande amore con Gino Paoli, infiniti capolavori e una voce come profumo: «Dedicatemi un’aiuola».
Domani è un altro giorno, anche se lei avrebbe voluto che fosse un giorno come un altro. Come ogni signora ultra-snob del quadrilatero milanese (doppio filo di perle, pelliccia di zibellino a strascico), Ornella Vanoni amava la penombra e il sottotono. E guardando da lassù la canea sgomitante delle prefiche è sbalordita, perfino un po’ schifata, per l’immenso abbraccio sudato che la avviluppa e la soffoca. Ha ragione Fiorella Mannoia: «Ogni parola sembra banale. E lei odiava la banalità». Meglio stare in silenzio e ascoltare una playlist. Là dentro, fra le note d’arte classica modulate da quel timbro unico - nasale, vellutato, sensuale, barricato dalle «papier mais» anni Settanta - c’è tutta l’Ornella del mondo.
Ansa
L’associazione magistrati difende la separazione. Nordio: «Atto doloroso, approfondirò». Petizioni online.
Andy Mann for Stefano Ricci
Così la famiglia Ricci difende le proprie creazioni della linea Sr Explorer, presentata al Teatro Niccolini insieme alla collezione Autunno-Inverno 2026/2027, concepita in Patagonia. «Più preserveremo le nostre radici, meglio costruiremo un futuro luminoso».
Il viaggio come identità, la natura come maestra, Firenze come luogo d’origine e di ritorno. È attorno a queste coordinate che si sviluppa il nuovo capitolo di Sr Explorer, il progetto firmato da Stefano Ricci. Questa volta, l’ottava, è stato presentato al Teatro Niccolini insieme alla collezione Autunno-Inverno 2026/2027, nata tra la Patagonia e la Terra del Fuoco, terre estreme che hanno guidato una riflessione sull’uomo, sulla natura e sul suo fragile equilibrio. «Guardo al futuro e vedo nuovi orizzonti da esplorare, nuovi territori e un grande desiderio di vivere circondato dalla bellezza», afferma Ricci, introducendo il progetto. «Oggi non vi parlo nel mio ruolo di designer, ma con lo spirito di un esploratore. Come un grande viaggiatore che ha raggiunto luoghi remoti del Pianeta, semplicemente perché i miei obiettivi iniziavano dove altri vedevano dei limiti».
Aimo Moroni e Massimiliano Alajmo
Ultima puntata sulla vita del grande chef, toscano di nascita ma milanese d’adozione. Frequentando i mercati generali impara a distinguere a occhio e tatto gli ingredienti di qualità. E trova l’amore con una partita a carte.
Riprendiamo con la seconda e conclusiva puntata sulla vita di Aimo Moroni. Cesare era un cuoco di origine napoletana che aveva vissuto per alcuni anni all’estero. Si era presentato alla cucina del Carminati con una valigia che, all’interno, aveva ben allineati i ferri del mestiere, coltelli e lame.
Davanti agli occhi curiosi dei due ragazzini l’esordio senza discussioni: «Guai a voi se me li toccate». In realtà una ruvidezza solo di apparenza, in breve capì che Aimo e Gialindo avevano solo il desiderio di apprendere da lui la professione con cui volevano realizzare i propri sogni. Casa sua divenne il laboratorio dove insegnò loro i piccoli segreti di una vita, mettendoli poi alla prova nel realizzare i piatti con la promozione o bocciatura conseguente.






