
Il presidente di Itinerari previdenziali, Alberto Brambilla: «Criminalizzare il contante è inutile, bisogna aumentare la possibilità di scaricare le spese domestiche: portiamola al 50%. La tracciabilità totale alla lunga deprimerà i consumi».Sul tema della lotta al sommerso, e per altro verso sulla jihad anti contante scatenata dal governo di Giuseppe Conte, La Verità ha conversato con Alberto Brambilla, che guida il centro studi Itinerari previdenziali. Dunque, il governo ha scatenato una guerra santa? «Al di là dello scatenamento, c'è una confusione totale tra guerra al contante, uso spasmodico di carte di credito e sistemi di pagamento elettronico e lotta al sommerso».Mettiamo un po' d'ordine.«Il punto fondamentale è che il sommerso non lo batti con la carta di credito. Il governo si è dato obiettivi irrealizzabili per la lotta all'evasione: erano partiti da 7 miliardi da recuperare in un anno, poi sono scesi a 3, ma l'Ue dirà sicuramente che è ancora troppo. Questo testimonia una scarsa competenza e una scarsa attitudine a esaminare i fatti».E allora partiamo dalla vita concreta delle persone.« Il caso classico è il lavoro che ti viene fatto in casa da un idraulico, ad esempio per un costo di 2.000 euro. Con fattura, diventano 2.440 euro, senza puoi cavartela con 1.800. Considerando che abbiamo già gli stipendi più bassi tra i Paesi industrializzati, qualcuno al governo dovrebbe capire che sarà ben difficile trovare “eroi fiscali" pronti al fallimento personale…».Arriviamo al punto vero: le tasse sono troppo alte?«Questo è il tema. Se alla tassazione già alta, aggiungi il 22% sugli acquisti, giungi a un livello non sostenibile. Per stare all'esempio di prima, quello dei 2.000 euro da dare all'idraulico, se ho uno stipendio mensile di 2.000 euro devo scegliere: pagando 1.800, mi restano 200 euro; pagandone 2.440, impegno già un pezzo consistente della paga del mese successivo».Lancia una proposta?«Da anni proponiamo una sperimentazione. Dare a ogni famiglia la possibilità di scaricare fino al 50% delle spese di questo tipo, fino a un limite che potrebbe essere di 5.000 euro. Ogni famiglia in un anno ha bisogno di 3-4 interventi in casa di questo tipo, e quindi vi sono artigiani o imprese che entrano in contatto con le famiglie. Ma sia la famiglia sia chi offre quei servizi si trovano davanti al muro dell'Iva». Passiamo all'ossessione anti contante. In base a quale logica chi usa il proprio denaro, legalmente guadagnato, deve subire un sospetto negativo, una presunzione contraria, quasi uno stigma sociale? «Ma infatti. Non c'è alcuna ragione per cui, avendo guadagnato onestamente, io debba essere costretto a forme di pagamento tracciabili».Dicono di puntare sui giovani.«Ma obbligando un giovane all'uso della carta di credito, non gli dai nemmeno il senso del risparmio, mi pare…».Possibile che al governo siano così impermeabili alla parola “libertà"? Libero Tizio di pagare con la carta, ma libero anche Caio di pagare in contanti. O no?«Occorre tornare alle nozioni essenziali, rispiegare che ci sono delle libertà individuali. Siamo a questo punto, temo che debbano ristudiare le Carte fondamentali, anche internazionali».Che clima vede, in generale? Tendenze pauperiste, anti crescita, anti merito?«Vedo una grande aggressività di alcune forze politiche contro i redditi più alti, le pensioni più alte. Mi pare pericoloso e sbagliato».Tornando alla tracciabilità, viaggiamo verso una sorta di dittatura digitale? «Non voglio disegnare scenari orwelliani, ma il rischio c'è. Se abbiamo la tracciabilità totale di tutti i nostri acquisti, ricerche, movimenti, e poi magari arriva un regime alla cinese, sapranno tutto di me, tutto di ognuno. È inquietante».Qualcuno dice: siccome siamo già tracciati dai social network, tanto vale accettare altre logiche di tracciabilità. Finiremo con il microchip sottopelle?«A volte mi chiedo che ci stiano a fare le autorità per la privacy e quelle antitrust. Il punto infatti non è peggiorare la situazione attuale, ma semmai risolvere il problema che già esiste con i social network, le mail e i motori di ricerca. Sa che le dico? Preferirei pagare un canone annuo di 5 euro per usare la mail, ma non essere tracciato come già accade adesso. Non faccio in tempo a cercare sul computer la parola “fotovoltaico" e immediatamente ricevo offerte sul fotovoltaico».Torniamo alla manovra. Con questa guerra santa al contante, l'effetto non sarà quello di impaurire ancora di più le persone, e di rattrappire i consumi?«È così. Anziché dare uno stimolo positivo, rischi di far contrarre la propensione a spendere delle persone. E molti si diranno: stiamo fermi, se domani mi succede qualcosa, chi mi garantisce?».Un'ultima questione. Nella manovra ho cercato invano una misura pro crescita. Stanno lavorando per passare dalla stagnazione alla recessione?«Non c'è praticamente niente, salvo - ma voglio vedere come sarà scritta - una parte sui super ammortamenti e su industria 4.0. Per il resto vedo solo sussidi, bonus, tutte cose che vanno in spesa corrente. Non mi pare certo la strada per la crescita».
John Grisham (Ansa)
John Grisham, come sempre, tiene incollati alle pagine. Il protagonista del suo nuovo romanzo, un avvocato di provincia, ha tra le mani il caso più grosso della sua vita. Che, però, lo trascinerà sul banco degli imputati.
Fernando Napolitano, amministratore delegato di Irg
Alla conferenza internazionale, economisti e manager da tutto il mondo hanno discusso gli equilibri tra Europa e Stati Uniti. Lo studio rivela un deficit globale di forza settoriale, potere mediatico e leadership di pensiero, elementi chiave che costituiscono il dialogo tra imprese e decisori pubblici.
Stamani, presso l’università Bocconi di Milano, si è svolta la conferenza internazionale Influence, Relevance & Growth 2025, che ha riunito economisti, manager, analisti e rappresentanti istituzionali da tutto il mondo per discutere i nuovi equilibri tra Europa e Stati Uniti. Geopolitica, energia, mercati finanziari e sicurezza sono stati i temi al centro di un dibattito che riflette la crescente complessità degli scenari globali e la difficoltà delle imprese nel far sentire la propria voce nei processi decisionali pubblici.
Particolarmente attesa la presentazione del Global 200 Irg, la prima ricerca che misura in modo sistematico la capacità delle imprese di trasferire conoscenza tecnica e industriale ai legislatori e agli stakeholder, contribuendo così a politiche più efficaci e fondate su dati concreti. Lo studio, basato sull’analisi di oltre due milioni di documenti pubblici elaborati con algoritmi di Intelligenza artificiale tra gennaio e settembre 2025, ha restituito un quadro rilevante: solo il 2% delle aziende globali supera la soglia minima di «fitness di influenza», fissata a 20 punti su una scala da 0 a 30. La media mondiale si ferma a 13,6, segno di un deficit strutturale soprattutto in tre dimensioni chiave (forza settoriale, potere mediatico e leadership di pensiero) che determinano la capacità reale di incidere sul contesto regolatorio e anticipare i rischi geopolitici.
Dai lavori è emerso come la crisi di influenza non riguardi soltanto le singole imprese, ma l’intero ecosistema economico e politico. Un tema tanto più urgente in una fase segnata da tensioni commerciali, transizioni energetiche accelerate e carenze di competenze nel policy making.
Tra gli interventi più significativi, quello di Ken Hersh, presidente del George W. Bush Presidential Center, che ha analizzato i limiti strutturali delle energie rinnovabili e le prospettive della transizione energetica. Sir William Browder, fondatore di Hermitage Capital, ha messo in guardia sui nuovi rischi della guerra economica tra Occidente e Russia, mentre William E. Mayer, chairman emerito dell’Aspen Institute, ha illustrato le ricadute della geopolitica sui mercati finanziari. Dal fronte italiano, Alessandro Varaldo ha sottolineato che, dati alla mano, non ci sono bolle all’orizzonte e l’Europa ha tutti gli ingredienti a patto che si cominci un processo per convincere i risparmiatori a investire nelle economia reale. Davide Serra ha analizzato la realtà Usa e come Donald Trump abbia contribuito a risvegliarla dal suo torpore. Il dollaro è molto probabilmente ancora sopravvalutato. Thomas G.J. Tugendhat, già ministro britannico per la Sicurezza, ha offerto infine una prospettiva preziosa sul futuro della cooperazione tra Regno Unito e Unione Europea.
Un messaggio trasversale ha attraversato tutti gli interventi: l’influenza non si costruisce in un solo ambito, ma nasce dall’integrazione tra governance, innovazione, responsabilità sociale e capacità di comunicazione. Migliorare un singolo aspetto non basta. La ricerca mostra una correlazione forte tra innovazione e leadership di pensiero, così come tra responsabilità sociale e cittadinanza globale: competenze che, insieme, definiscono la solidità e la credibilità di un’impresa nel lungo periodo.
Per Stefano Caselli, rettore della Bocconi, la sfida formativa è proprio questa: «Creare leader capaci di tradurre la competenza tecnica in strumenti utili per chi governa».
«L’Irg non è un nuovo indice di reputazione, ma un sistema operativo che consente alle imprese di aumentare la protezione del valore dell’azionista e degli stakeholder», afferma Fernando Napolitano, ad di Irg. «Oggi le imprese operano in contesti dove i legislatori non hanno più la competenza tecnica necessaria a comprendere la complessità delle industrie e dei mercati. Serve un trasferimento strutturato di conoscenza per evitare policy inefficaci che distruggono valore».
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