2020-11-17
«Non mettete in ginocchio chi resiste. Tasse sospese fino a tutto il 2021»
Alberto Cirio (Getty images)
Il governatore del Piemonte Alberto Cirio: «L'esecutivo agisca per tutti. Bene gli aiuti alle imprese chiuse, ma occorre sostenere anche chi ha tenuto la serranda alzata e non incassa. La mia Regione ha già fatto la sua parte».Alberto Cirio, presidente della regione Piemonte dal giugno del 2019, ha accettato un'intervista a tutto campo con La Verità nel pieno della seconda ondata dell'emergenza Coronavirus. Ripete a più riprese, in modo appassionato, di non volere assolutamente polemiche con il governo nazionale («è il momento della responsabilità. Lo dico per il bene del Piemonte e di tutta l'Italia»), ma lascia che a parlare siano le cifre e le date delle sue decisioni. E rivendica una tendenza più rassicurante negli ultimi giorni, frutto - precisa - delle sue scelte del mese di ottobre, assunte senza aspettare il governo. E ora il trend può far sperare in un passaggio dalla zona rossa a quella arancione.Presidente, com'è la situazione? Dai suoi dati ha la ragionevole speranza di un abbassamento della curva, come si dice di questi tempi?«I dati di sabato 14 indicano un Rt sceso a 1,34, e si tratta di un primo elemento molto importante, insieme ad altri due fattori».Quali?«Il primo è il cosiddetto “tempo di raddoppio del contagio", cioè quanti giorni ci vogliono per il raddoppio dei contagiati: a metà ottobre era 6,2, ora è 9,5. L'altro è il cosiddetto “tempo di isolamento dei positivi", cioè quanto tempo impieghiamo per individuarli e disporre l'isolamento: ora ci vogliono due giorni. Poi naturalmente ci vuole più tempo per fare il tampone e avere la risposta, ma si tratta già di un risultato significativo». Situazione negli ospedali della regione? «Occorre fare una premessa. Questa è una regione che ha una forte tradizione di ospedalizzazione, un po' dovuta all'età media elevata dei cittadini, e un po' per la polverizzazione, nell'arco dei decenni, della medicina territoriale. Me lo faccia dire: io mi sono ritrovato con il Coronavirus dopo pochi mesi dal mio insediamento, e ora devo anche leggere i commenti di chi ha gestito la sanità per decenni tagliando posti e chiudendo ospedali…».Diceva dei tassi di ospedalizzazione piuttosto elevati.«Sì. Su 100 positivi, in Italia circa 4 sono ricoverati, da noi 8. Questa è la vera criticità per noi. Proprio mentre quello che io chiamo il “contachilometri" mostra una promettente decelerazione del contagio, la questione da affrontare è la pressione sugli ospedali. In questa situazione, rivendico di essere stato io il primo a iniziare a ricostruire un sistema di medicina territoriale».Con le terapie intensive, come siete messi? «Serve un passo indietro per spiegare ciò che abbiamo fatto. A giugno ho costituito io, perché prima non c'era, un dipartimento per le malattie infettive d'emergenza, cioè un organismo di coordinamento che sta sopra e a contatto con tutte le aziende sanitarie. E questa struttura ha costruito un piano pandemico che è stato presentato il 5 agosto». E che potenziamento avete disposto rispetto alla prima fase della scorsa primavera?«Se nella prima fase avevamo avuto 3.800 ricoveri ordinari, per la seconda il piano ha previsto 5.580 posti (il 56% in più). E se nella prima fase avevamo avuto 327 ricoveri in terapia intensiva, per la seconda abbiamo previsto 614 posti, quasi un raddoppio. E ci sono altri 100 letti di terapia intensiva in fase di installazione. Detto questo, abbiamo un'occupazione delle terapie intensive inferiore al 50%». Ha degli elementi sui danni prodotti dal Covid sul resto del sistema sanitario? Immagino che sia pesante, come in tutta Italia, il bilancio dei cicli di cura oncologica interrotti o comunque danneggiati, o dei controlli cardiaci meno frequenti, e così via…«Tutte le cure oncologiche sono assolutamente garantite. Dopo di che, il piano pandemico di cui le dicevo ha previsto diversi scenari, e, in base al diverso livello di gravità, indica con precisione quanta parte delle strutture ordinarie debba essere dedicata al Covid. È chiaro, lo dico per semplificare, che se si è in uno scenario più grave, un intervento a un'anca può essere rinviato di un mese, mentre non si può certo rinviare nemmeno di un minuto la fornitura di ossigeno a chi ne ha immediato bisogno».Governatore, non voglio girarci intorno. È giusto che il Piemonte sia stata zona rossa dall'inizio e la Campania solo da un paio di giorni?«Dividiamo in due la domanda. Se mi chiede del Piemonte zona rossa, le rispondo di sì, perché i dati li ho inviati io. Quindi non mi sono stupito e non ero contrario».Però, e vengo alla seconda parte, la sensazione è stata quella di una disparità di trattamento rispetto ad altri…«Quello che ho contestato è che la prima cartina, al momento della tripartizione iniziale tra zone gialle-arancioni-rosse, facesse vedere che il problema in Italia erano il Piemonte e la Lombardia, mentre quasi tutto il resto era giallo… Tra l'altro, me lo faccia dire, 5 regioni in quel momento non avevano nemmeno fornito i dati, e per loro si parlava di “rischio non calcolabile"… Ma come? Io ti do tutti i dati e mi giudichi, e altri invece…».Però i dati che ha fornito all'inizio di questa intervista indicano elementi di positività per il Piemonte.«Lo sottolineo con orgoglio. Quei primi risultati incoraggianti sono il frutto del fatto che io, senza aspettare, già a metà ottobre ho preso decisioni difficili: chiusura delle scuole superiori, chiusura dei centri commerciali nel weekend, interventi sul trasporto pubblico locale…».La metto in modo ancora più netto: se il governatore piemontese fosse stato di centrosinistra, ci sarebbe stato un trattamento diverso da parte di Roma? «Non voglio pensarlo. Ricordo che stiamo parlando della salute delle persone».Non le pare che lo «storytelling» del governo sia un po' sbilanciato? Come dire: quando le cose vanno bene, è merito di Roma, quando invece vanno male, è colpa delle regioni…«Eh, il tutti contro tutti c'è già in tempo di pace, figuriamoci adesso. Governo contro regioni, regioni contro governo… Così non se ne esce, occorre fermare questo tipo di spirale».Ci racconti un po' le riunioni della Conferenza stato-regioni. Da Roma arrivano con proposte precise o si finisce spesso con quello che viene chiamato «ascolto», cioè una specie di giro di tavolo un po' vago, che è poi funzionale a lasciare al governo l'ultima parola su tutto? «La Conferenza, lo dico con una battuta, a volte assomiglia ai pareri urbanistici “obbligatori ma non vincolanti": quelli cioè che devono essere acquisiti ma non necessariamente seguiti nel merito. Nella Conferenza ti ascoltano, e anzi riconosco di avere un dialogo diretto e franco in particolare con i ministri Speranza e Boccia, ma poi… Lo ripeto: è obbligatorio che ti sentano, ma - dopo - le decisioni sono un'altra cosa. Le dico che per tutta la prima fase i decreti li vedevamo quando erano quasi in pubblicazione… Ora va un po' meglio almeno su questo aspetto».Ci dica la verità: a Roma hanno perso sei mesi di tempo, e siamo arrivati del tutto impreparati alla seconda ondata.«Per favore, non mi porti su questo terreno… Oggi è il momento della responsabilità e non delle polemiche».Ma perché il bando per le terapie intensive è partito a ottobre? Colpa vostra o colpa loro? «Eh, questo è un tema su cui desidero fare chiarezza lasciando parlare le date. Il nostro piano sulle terapie intensive è stato presentato al governo con delibera del 24 giugno. Dopo di che, l'atto nazionale con cui si è assegnato alle aziende della regione il ruolo di soggetti attuatori è di inizio ottobre… Veda lei».Che messaggio conclusivo vuole dare ai suoi concittadini?«I numeri di quest'ultima settimana ci dicono che i sacrifici - che pure fanno male e incidono sulle libertà personali, me ne rendo perfettamente conto - pagano e ci fanno ottenere risultati. Stiamo vedendo che i dati iniziano a darci un segnale di speranza, si vede un po' di luce. Vuole altri elementi concreti?».Certo.«Venerdì scorso abbiamo ricoverato 43 persone, mentre il giorno prima erano 54 e il giorno prima ancora 70. Nelle settimane precedenti erano 270 al giorno…».L'ultimo tema è forse il più importante. Più si chiude e più le imprese rischiano di non farcela, però…«Su questo, io da sempre dico al governo di ricordarsi di tutti: non solo di quelli che sono stati fatti obbligatoriamente chiudere, ma pure di chi è rimasto aperto ma non incassa, anzi paradossalmente deve sobbarcarsi pure i costi legati all'apertura. Noi abbiamo chiesto l'esenzione dalle imposte per il 2020 e per il 2021».E, oltre a sollecitare Roma, voi che avete fatto a livello regionale?«Abbiamo già erogato e accreditato sui conti correnti 130 milioni di euro in 25 giorni a 70.000 aziende. Fatti, non parole».
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