2020-01-08
Non è solo il cambiamento climatico. L’Australia in fiamme per i piromani
Dall'inizio degli incendi che hanno ucciso 25 persone e causato 430 milioni di danni, la sinistra ha incolpato il governo di scarsa sensibilità ambientale. Però sono già 183 gli arrestati accusati di essere coinvolti nei roghi.L'Australia continua a essere devastata dagli incendi che dallo scorso settembre hanno divorato oltre 8 milioni di ettari in tutto il Paese, ucciso almeno 25 persone e causato danni per circa 700 milioni di dollari australiani (430 milioni di euro). Il Nuovo Galles del Sud e Victoria sono gli Stati più colpiti: solo nel primo sono stati ridotti in cenere 4 milioni di ettari, un'area pari al doppio della Lombardia, mentre nelle Blue Mountains a novembre e dicembre è andato bruciato il 50% delle riserve naturali. Se negli ultimi giorni la situazione era lievemente migliorata, soprattutto grazie alle piogge, nel fine settimana le temperature torneranno a salire, essendo gennaio e febbraio i mesi estivi più caldi nel Paese, con temperature che superano i 40 gradi. La qualità dell'aria è peggiorata in diverse aree, provocando problemi di salute ai cittadini che la respirano, tanto da costringere quelli di Sydney a utilizzare mascherine anti gas. Il fumo ha viaggiato per più di 12.000 chilometri ed è arrivato fino ai cieli di Cile e Argentina. Nonostante fin dal principio dell'emergenza la colpa della catastrofe sia stata attribuita al cambiamento climatico, colpevole della siccità e delle temperature bollenti, ieri le autorità australiane hanno reso noto di aver arrestato 183 persone sospettate di aver appiccato i roghi, alle quali sono state contestati 205 reati connessi agli incendi boschivi. Oltre 20 indagati sono accusati di incendio doloso e rischiano una pena massima fino a 21 anni di carcere. Altri avrebbero provocato i roghi per incuria e disattenzione, accendendo fuochi per cucinare o bruciare rifiuti, violando i severissimi divieti in atto dall'inizio dell'emergenza. Tra i fermati ci sono anche 40 minorenni, incluso un diciannovenne volontario del servizio di protezione anti incendi sospettato di aver appiccato almeno sette roghi. L'Australia è abituata a dover fronteggiare ogni anno l'emergenza, ma l'opposizione al governo conservatore, in carica dal 2013, stavolta ha preso la palla al balzo e ha cavalcato l'onda ambientalista tanto in auge per incolpare l'esecutivo di negazionismo e inerzia rispetto ai cambiamenti climatici. Curiosamente, proprio gli ambientalisti hanno accusato il primo ministro, Scott Morrison, di aver politicizzato la crisi a suo vantaggio dopo la pubblicazione di un video in cui veniva mostrato il dispiegamento di forze contro le fiamme. Morrison ha attirato l'ira degli ambientalisti fin dal suo rifiuto di smantellare il settore carbonifero, perno dell'economia del continente, come suggerito dal Comitato dell'Onu per il clima, prendendo le difese delle compagnie minerarie del Paese: «Non cancellerò il lavoro di migliaia di australiani allontanandomi dalle industrie tradizionali» aveva dichiarato infatti il premier nel dicembre scorso. Messaggi di solidarietà al primo ministro sono arrivati invece da Donald Trump e dal presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, che ha offerto al premier ogni tipo di assistenza nella lotta agli incendi boschivi. All'emergenza si sono interessate anche diverse celebrità, con appelli e donazioni, tra cui l'attore Chris Hemsworth, che ha stanziato 1 milione di dollari, e Nicole Kidman. Da settembre sono più di due migliaia le case bruciate e 100.000 le persone evacuate, mentre sui social sono diventate virali le immagini e i video di koala e canguri carbonizzati. Il Wwf ha calcolato che oltre un miliardo di animali potrebbero essere stati uccisi, utilizzando una non meglio precisata «metodologia che stima l'impatto del disboscamento sulla fauna australiana ed estrapolate dagli studi dell'Università di Sydney». Le fotografie degli animali simbolo del Paese che scappano terrorizzati hanno commosso il Web e sono diventate il cavallo di battaglia degli ambientalisti, che ignorano però i meno fotogenici cammelli, che da oggi saranno vittime delle operazioni di abbattimento partite per ordine dei leader aborigeni dell'area di Anangu Pitjantjatjara Yankunytjatjara e che dovrebbero durare cinque giorni. Ben 10.000 tra cammelli e dromedari verranno abbattuti da cecchini professionisti in elicottero perché colpevoli di bere troppa acqua in un momento di estrema siccità e di contribuire al riscaldamento globale, a causa delle loro elevate emissioni di gas serra, equivalente a una tonnellata di anidride carbonica all'anno.