2019-11-12
«Non avevo prove, ma gli ho creduto». Così si danno i permessi agli stranieri
La giudice Luciana Breggia che esamina le domande d'asilo a Firenze porta a Lampedusa uno spettacolo pro accoglienza E rivela dettagli inquietanti: «Un migrante sembrava vulnerabile, l'ho fatto restare anche senza riscontri».«Le leggi non sempre vanno nella direzione della giustizia». E allora ci pensa lei a correggerne gli spigoli, a offrire loro una profondità che misura più o meno i cinque passi di un palcoscenico, ad aprire e chiudere il sipario. Perché se il teatro è una metafora della vita può esserlo anche la giustizia, altro che esercizio imparziale del diritto come pensavano scioccamente Vittorio Bachelet e Vincenzo Trimarchi. Di conseguenza oggi il giudice può trasformarsi in drammaturgo e sostituirsi senza fare un plissè anche a una maggioranza parlamentare. In fondo, il legislatore a che serve? Fine del preambolo psichedelico e fine della rappresentazione, l'ultima del tour a Lampedusa, dove Luciana Breggia, presidente della sezione Immigrazione del tribunale di Firenze, ha visto in scena il suo Invece accade (sottotitolo «dal diario di un giudice dell'asilo»), costruito su storie realmente accadute in quel porto di mare che è il suo ufficio. La signora sul palco dietro il leggio, il pubblico in platea. E nell'aria vicende di accoglienza, di pietà, forse di umana furbizia, assemblate con la fantasia di un letterato. Un reading. Uno spettacolo teatrale nel quale balza all'occhio un'anomalia poco rassicurante per il senso di giustizia: la sensibilità è tutto e la legge è niente. Azzerata, relegata sullo sfondo, annientata dalla frase con la quale lo stesso giudice Breggia introduce lo spettacolo: «Ho sempre applicato le norme, naturalmente interpretandole con rigore e imparzialità. Ma un giudice ha una testa e un cuore, non è disincarnato. Avere un pensiero ed esprimerlo lo rende più trasparente». Il problema è che l'operazione teatrale (organizzata da Area democratica per la giustizia e Associazione per gli studi giuridici sull'immigrazione) è un superspot per l'accoglienza diffusa, anzi totale, da parte proprio del giudice che a Firenze deve occuparsi di distinguere fra gli aventi diritto d'asilo e coloro che dovranno essere respinti. Posizione delicata, dove più che l'afflato letterario servirebbero capacità di indagine e rigore. Invece sembra che la conclusione sia una sola: tutti devono avere una chance italiana. Anche Ievohah, il re che non voleva diventare re. E nel narrare la sua vicenda sul palco, la giudice Breggia fa correre un brivido lungo la schiena a chi non la pensa come lei, a chi preferirebbe la prudenza, a chi ritiene che il perimetro delle leggi spetti (quale suprema ingenuità) al Parlamento.«Un ragazzo del Burkina Faso mi spiegò di essere fuggito dal suo villaggio per avere rifiutato di diventare re come gli spettava per successione. Ho obiettato: da noi sarebbe bello diventare re. E lui: da noi invece no, sei un fantoccio nelle mani degli anziani del villaggio. Ti usano, ti chiedono di uccidere, io sono cristiano e non volevo uccidere nessuno». Ievohah forse non sa di essere diventato un soggetto teatrale e neppure che la sua possibile storiella strappa applausi a Lampedusa. Dove la giudice Breggia continua, notando qualche smorfia incredula nelle prime file del teatro: «Ho cercano di trovare riscontri alla sua storia e non ho trovato nulla. Ma gli ho creduto. Era inserito in un contesto, parlava italiano, era vulnerabile. Mi sono misurata con l'impossibilità di ricostruire la sua storia e gli ho dato il permesso umanitario».Verrebbe da aggiungere: povera stella. «Era vulnerabile». Si rimane di sasso nel sapere che a Firenze funziona così. E non stiamo parlando dello sportello immigrazione, non dell'ufficio di rappresentanza dell'Ong Open Arms. Ma del tempio della giustizia italiana, dove la giudice Breggia nel 2017 ha accolto l'85% dei ricorsi. In assenza di certezze e neppure di indizi che quella propinata fosse la verità (e non una fandonia da bar sport inventata un quarto d'ora prima), viene elargito il permesso umanitario e avanti un altro. Forse un calciatore ghanese che ha perso il pallone in mare o un sindaco etiope caduto in disgrazia perché non riusciva a smaltire i rifiuti. Oppure la nipote di Mubarak. Trent'anni fa in un monologo Giorgio Gaber trattava la permeabilità stile colabrodo delle nostre frontiere ai tempi del terrorismo e diceva: «Per entrare basta mostrare le carte. Puoi dire al doganiere: sono Cary Grant e se hai le carte passi». Risate amare, risate inutili. Nata a Viterbo e in passato coordinatrice della rete Ospitalità nel mondo (un'associazione che finanzia progetti di integrazione), la giudice Breggia aveva già avuto un momento di notorietà fuori ordinanza nel maggio scorso, quando ha respinto un ricorso del Viminale sull'iscrizione di un richiedente asilo all'anagrafe. L'allora ministro dell'Interno, Matteo Salvini, l'aveva criticata su Facebook sottolineando che «per cambiare le leggi che non condivide» avrebbe dovuto candidarsi e farsi eleggere. «La mia stanza è una finestra su mondi lontani dove passano uomini e donne senza diritti», racconta queste nuove forme di deumanizzazione (lager libici, traversate pericolose) con un approccio letterario, la giudice che non riesce a limitarsi ad applicare la legge. «Quanta fatica, quanta tristezza, quanto dolore». In attesa che Ievohah ci riveli - magari alzandosi in mezzo al pubblico durante uno spettacolo - se è un sovrano mancato o solo il re delle panzane.
Giorgia Meloni al Forum della Guardia Costiera (Ansa)
«Il lavoro della Guardia Costiera consiste anche nel combattere le molteplici forme di illegalità in campo marittimo, a partire da quelle che si ramificano su base internazionale e si stanno caratterizzando come fenomeni globali. Uno di questi è il traffico di migranti, attività criminale tra le più redditizie al mondo che rapporti Onu certificano aver eguagliato per volume di affari il traffico di droga dopo aver superato il traffico di armi. Una intollerabile forma moderna di schiavitù che nel 2024 ha condotto alla morte oltre 9000 persone sulle rotte migratorie e il governo intende combattere. Di fronte a questo fenomeno possiamo rassegnarci o agire, e noi abbiamo scelto di agire e serve il coraggio di trovare insieme soluzioni innovative». Ha dichiarato la Presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni durante l'intervento al Forum della Guardia Costiera 2025 al centro congresso la Nuvola a Roma.
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