2019-03-14
«No alla Brexit senza accordi con l’Europa»
La Camera dei Comuni britannica ha respinto l'ipotesi estrema del «no deal». Prevista per oggi un'ulteriore votazione in cui i deputati chiederanno a Theresa May di contrattare con l'Ue un altro rinvio. Resta però l'incognita delle elezioni di maggio.Dopo aver bocciato per due volte il piano Brexit del primo ministro Theresa May, la Camera dei Comuni di Londra ha respinto ieri anche la possibilità di un'uscita del Regno Unito dall'Unione europea senza accordo, il cosiddetto «no deal», lo scenario che più spaventa entrambe le sponde della Manica: 312 voti favorevoli e 308 contrari all'emendamento presentato dalla deputata del Partito conservatore Caroline Spelman. Nuova sconfitta quindi per il premier May: l'emendamento Spelman, che esclude qualsiasi tipo di «no deal» in qualsiasi momento, è passato con soli quattro voti di scarto, sufficienti però a rendere inutile il voto sulla mozione presentata dal governo che prevedeva il no al «no deal» in questa fase di negoziati (comunque passata con 321 voti a favore contro 278).L'Aula sarà quindi chiamata oggi a decidere se obbligare il premier a chiedere all'Ue un rinvio della Brexit ben sapendo che escludere il «no deal» in ogni caso, in ogni momento è impossibile in quanto si tratta di una richiesta unilaterale. E anche per questo è probabile che oggi i deputati votino sì all'estensione dei negoziati. Esclusa l'ipotesi di revocare l'uscita (che pur è nelle facoltà del governo britannico), Londra non può ancora escludere del tutto il «no deal». I 27 Paesi Ue discuteranno della proroga al Consiglio europeo del 21-22 marzo ma intanto il governo conservatore di Londra sta pensando a un terzo voto sul piano May all'ultimissimo minuto, il 24 marzo: ipotesi che però rischia di non lasciare il tempo tecnico della ratifica. Ma ora Bruxelles minaccia di respingere la richiesta di rinvio senza un «piano chiaro», come ha dichiarato ieri Guy Verhofstadt, rappresentante del Parlamento europeo per i negoziati. Ed è per questo che il governo britannico ha annunciato ieri a poche ore dal voto alla Camera che non applicherà dazi sull'87% delle merci importate in caso di «no deal». Il piano, pensato per evitare un'impennata improvvisa dei prezzi sui beni di largo consumo, migliora la situazione per i beni provenienti dai Paesi extra Ue, ma peggiora quella per le merci europee, oggi esenti da dazi. Con il piano proposto, l'82% delle merci importate dall'Ue rimarrebbe tax free, mentre per il resto del mondo si salirebbe al 92% (ora è il 56%). È previsto inoltre un regime temporaneo senza controlli al confine fra Irlanda del Nord e Irlanda. Infine, resterebbero protetti da dazi alcune categorie come le automobili (non però alcune componenti) e alcuni tipi di carne e di prodotti caseari.Ma ieri è stato anche il giorno dello Spring statement, il minibilancio di primavera, presentato dal cancelliere Philip Hammond, che ha presentando le previsioni dell'Office for budget responsability ha annunciato «un altro passo del Regno Unito verso l'uscita dall'austerità». Nei prossimi anni il Regno Unito crescerà più della Germania: se le stime per il 2019 sono state riviste al ribasso al 1,2% (dal 1,6% annunciato a ottobre), nel 2020 il Pil crescerà del 1,4%, mentre nei tre anni successivi dell'1,6%. L'ufficio, che ha segnalato come il livello di disoccupazione (al 4%) sia il più basso dal 1975, prevede poi 600.000 nuovi posti di lavoro entro il 2023.Nel suo intervento alla Camera dei Comuni, Hammond ha parlato di regole per i giganti tech come Facebook e Google e annunciato l'impegno del governo a fornire gratuitamente assorbenti agli studenti delle superiori e dei college inglesi.Ma il cancelliere ha anche toccato il tema Brexit rievocando lo slogan della «Global Britain», dell'apertura cioè del Paese dopo l'uscita dall'Ue. Ha infatti annunciato che da giugno il Regno Unito inizierà a cancellerà l'obbligo di carte di sbarco per i cittadini di Stati Uniti, Australia, Nuova Zelanda, Canada, Giappone, Singapore e Corea del Sud, che al loro arrivo in terra britannica potrebbe usare i varchi automatici come già fanno i cittadini dei Paesi dello Spazio economico europeo. Molti osservatori della politica britannica si chiedono: perché proprio giugno? Forse perché Hammond, uno dei membri del governo May più europeisti e spaventati dal «no deal», prevede che Bruxelles conceda un rinvio di soli due mesi, entro cioè il 23-26 maggio, data delle elezioni europee? Intanto ieri al Parlamento europeo Nigel Farage, protagonista della battaglia per la Brexit, ha chiesto agli Stati dell'Ue di non concedere alcun rinvio: «Ne abbiamo abbastanza», ha detto prendendo di mira Guy Verhofstadt, colui che ha dato del «burattino» al premier italiano Giuseppe Conte, Michael Barnier, caponegoziatore Ue per la Brexit, e Donald Tusk, presidente del Consiglio europeo. «Abbiamo visto la rabbia feroce verso il nostro Paese del signor Verhofstadt, l'intransigenza burocratica del signor Barnier, il flusso costante di insulti che giungono dal signor Tusk e siamo d'accordo su una cosa: non vogliamo essere governati da voi, vogliamo governarci da soli».