2023-12-12
Niall Ferguson: «Cristianesimo in crisi. Serve un risveglio per resistere all’islam»
Lo storico e docente universitario britannico Niall Ferguson (Getty Images)
Lo storico britannico: «Non si può costruire una società sull’ateismo. Con l’Ia torneremo al Medioevo. Società in declino? Illusione social».Niall Ferguson è considerato uno dei più grandi storici viventi e un intellettuale fra i più brillanti. Ha insegnato a Harvard, London School of Economics, New York University; è autore di numerosi libri, scrive su diversi quotidiani anglosassoni, tiene conferenze in tutto il mondo. Ci ha concesso questa intervista esclusiva. Siamo circondati da crisi di ogni tipo. È idea diffusa che la nostra civiltà stia andando verso un declino: da storico, come vede questi tempi? «Innanzitutto va detto che cento anni fa le cose non andavano granché meglio. Anzi, nel secolo scorso le crisi erano più grandi e le conseguenze più disastrose. Pensiamo al 1923: in Germania c’era una iperinflazione e si era appena tentato un colpo di Stato da parte di un oscuro individuo di nome Adolf Hitler, l’Europa era scossa da ondate rivoluzionarie ricorrenti e in Italia il fascismo aveva preso il potere. Dobbiamo, quindi, mettere i fatti in prospettiva e riconoscere che parte del problema sta nella nostra dipendenza dalle notizie o dall’abitudine a passare il tempo a “scrollare” sui social, il che ci trasmette un senso di crisi più acuto, giacché sono gli eventi brutti a fare notizia. In realtà la situazione è migliore di quella di cento anni fa. Secondo, se pensiamo che la nostra civiltà è in declino dobbiamo precisarne gli indicatori. Ora, dal punto di vista economico, stiamo migliorando gli standard di vita sotto molti aspetti e solo in pochi Paesi - e gli Usa sono tra questi - l’aspettativa di vita è scesa. Una cosa che effettivamente impressiona è il calo della fertilità, che peraltro notiamo più in Asia che in Occidente. Non mi spingerei pertanto a dire che la nostra civiltà è in declino ma, piuttosto, che ne parliamo così tanto che è diventata una specie di illusione ottica».A proposito di Stati Uniti, quale ruolo mondiale gioca la crisi che stanno attraversando? «Penso che vivano una crisi politica: due terzi dei repubblicani dicono che la democrazia americana è in crisi e lo stesso sostengono due terzi dei democratici, ma per ragioni completamente opposte. A novembre del prossimo anno, con le elezioni, scopriremo quanto è effettivamente grave la situazione. Se Trump verrà rieletto credo che ci sarà una crisi politica importante, data la sua palese indifferenza verso le norme costituzionali. C’è, poi, un’altra questione pressante che è quella geopolitica: gli Stati Uniti sono una superpotenza globale che si è sovraccaricata di impegni in troppe parti del mondo e il suo crescente debito pubblico comporta che, per la prima volta nella sua storia, il costo degli interessi sul debito supera il bilancio della difesa. Ecco perché le crisi in Ucraina, Israele e potenzialmente anche a Taiwan, rappresentano una seria minaccia geopolitica alla supremazia americana».Nel declino della centralità dell’uomo che vediamo in Occidente, quanto ha influito aver messo da parte la religione del logos, cioè il cristianesimo? «La fede cristiana è in crisi da tempo, con l’Europa che da decenni vive un processo di secolarizzazione e un drammatico crollo della pratica nei paesi cattolici, dall’Italia all’Irlanda. Adesso sta accadendo anche negli Stati Uniti: vent’anni fa, quando scrissi un libro sul potere americano, Colossus, osservai che la differenza maggiore con l’Europa consisteva nel persistere della religiosità americana, con il cristianesimo che godeva di ottima salute; adesso non è più così. Da ateo, ho un’opinione ambivalente: in quanto storico riconosco che non si può costruire una società stabile sull’ateismo né la si può fondare sulle pseudo religioni postmoderne. Credo che saremo nei guai se permettiamo che questo processo continui, perché, come disse Chesterton, il problema dell’ateismo è che l’uomo che non crede in niente finisce per credere a tutto. Infatti, vediamo che nell’Europa e nell’America post-cristiane le persone subiscono l’influenza di ogni sorta di pensiero magico e di teorie cospirazioniste. Siamo entrati in un mondo pericoloso e spero che vivremo presto uno di quei periodici revival della fede religiosa che hanno caratterizzato nei secoli le nostre società: un grande risveglio insomma. C’è stato quello “woke” che ha visto le persone convertirsi a una strana ideologia progressista ma adesso serve un risveglio che le riporti verso la Chiesa, la Bibbia, gli insegnamenti di Cristo. Perché una società priva di questa cornice etica è molto più debole e meno capace di affrontare le minacce esterne, a cominciare da quelle rappresentate dall’Islam radicale».Questa società della post-verità pare assoggettata a un potere che esercita un controllo tecnologico senza precedenti ed è in grado di cambiare la natura umana inventandone una artificiale: con quali rischi? «Henry Kissinger, da novantenne, scrisse approfonditi saggi sull’Intelligenza artificiale nei quali sosteneva che, se essa diventasse dominante nella nostra società, allora la coscienza umana si ritirerebbe a uno stadio anteriore all’Illuminismo e alla rivoluzione scientifica perché non saremmo più in grado di comprendere le cose che accadono. Una delle caratteristiche del machine learning è che usa metodi che differiscono da quelli del cervello umano, il che significa che spesso non conosciamo come arrivi a certe conclusioni. Ma se finiamo per essere circondati da sistemi di Intelligenza artificiale che ragionano in modo per noi misterioso, allora finiremo per retrocedere alla condizione dei contadini medioevali. Ora siamo ad uno stadio iniziale di questa rivoluzione ma mi sembra già chiara una cosa: più i modelli linguistici diventano disponibili e semplici da usare, meno siamo capaci di pensare. Avrà notato che l’avvento di Google search ha fatto sì che ricordiamo meno facilmente le cose perché non abbiamo più bisogno di fare affidamento sulla nostra memoria: basta prendere il telefonino e andare sul motore di ricerca. Con l’arrivo di ChatGpt le persone smetteranno di pensare. È un grande problema per gli insegnanti, perché gli studenti non faranno più i compiti ma si affideranno a questo programma. Ed è molto pericoloso, perché perdere la capacità di pensare alla risposta a un quesito vuol dire, di fatto, perdere la capacità di pensare».In Occidente si ha l’impressione che ci sia uno scollamento tra i governi democratici e il demos che rappresentano e che una parte della popolazione sia ignorata. A questo si aggiunge un crescente potere statale e un indebolimento della vita associativa. È la fine del sistema democratico? «Non credo che le nostre democrazie siano finite ma di certo ci sono profondi problemi strutturali che dovremo risolvere nei prossimi anni. Undici anni fa scrissi The Great Degeneration dove indicavo quattro motivi per cui le cose non funzionavano nelle democrazie occidentali: il primo ha a che fare con la finanza pubblica, dove il peso crescente del debito crea squilibri fra le generazioni. Il secondo punto che sottolineavo era come lo Stato stia diventando sempre più interventista, quanto le norme statali rendano la vita sempre più difficile ai cittadini producendo regolamenti sempre più precisi su ogni aspetto, e così creando un clima opprimente per le imprese. La terza osservazione era che il sistema legale non è più al servizio della giustizia, con lo Stato di diritto che ha ceduto il passo al “governo degli avvocati”, specialmente negli Stati Uniti. Infine, avevo sottolineato come la vita associativa sia in cronico declino, con la gente che si aspetta che il governo faccia quello che una volta si faceva attraverso l’associazionismo volontario, e indicavo nell’educazione il campo dove il governo gioca un ruolo troppo grande con il risultato che gli standard educativi sono manifestamente in declino. Beh, da quando ho scritto il libro tutti e quattro questi problemi si sono aggravati: il debito è aumentato, la complessità amministrativa è peggiorata, lo stato di diritto è sempre meno efficace per i cittadini e il nostro sistema versa in una cattiva salute ormai cronica, sotto il controllo di una ideologia progressista radicale. Davanti a questi problemi serve una nuova generazione di leader che li evidenzi e spieghi alle persone che non ci sono soluzioni facili. Può darsi che il primo di questi leader sia il nuovo presidente dell’Argentina, Milei. Abbiamo bisogno di leader così anche in Europa».Lei è tra i sottoscrittori della Westminster Declaration, l’appello pubblico in difesa della libertà di espressione. Ritiene che questo diritto sia a rischio? «Sì. La libertà di parola è minacciata, nei vari modi che la Dichiarazione evidenzia: uno dei problemi - di cui scrissi in The square and the Tower - sta nel fatto che le piattaforme di rete, penso a Google, Facebook, Twitter, sono diventate troppo potenti; hanno una portata enorme ma restano aziende private non sottoposte al Primo emendamento e che, quindi, possono operare ogni forma di censura. Lo si è visto nel 2020 durante la pandemia, quando queste piattaforme hanno lavorato di concerto con i governi per limitare la discussione sulle origini del virus, sui potenziali effetti avversi dei vaccini, e su molto altro. È un motivo di grande preoccupazione perché secondo la Corte suprema queste piattaforme sono la nuova sfera pubblica, ma se da parte di interessi privati si attua una censura in questa sfera, allora la società non è più libera. La libertà di parola, poi, è sotto attacco nelle università, assieme alla libertà accademica, all’eccellenza, al merito. Se ad Harvard, Yale, Princeton o Stanford manca la libertà di espressione, se il 60% degli studenti sente di non poter esprimere la propria opinione in classe nel timore delle conseguenze, allora non stiamo più educando le persone a vivere in una società libera ma le stiamo preparando a un totalitarismo».Sembra che i giovani, bombardati da agende e slogan, siano continuamente distolti dai problemi reali e concreti e incapaci perseguire i propri interessi e di agire razionalmente. Come se ne esce? «Mi sembra chiaro, e parlo da genitore di cinque figli, che sia diventato difficile per i giovani non essere distratti e financo disturbati psicologicamente dal grande flusso di informazioni disponibile su internet. È vitale che i genitori limitino il tempo che i figli passano sugli schermi e capiscano che più stanno su Internet, peggiori saranno le conseguenze. Abbiamo bisogno che bambini e ragazzi leggano libri di carta; che sappiano che giocare all’aperto è meglio che rinchiudersi, che imparino ad amare la natura, a conoscere i piaceri e i pericoli del mondo fisico».Il fascismo è diventato l’archetipo del male, al punto da identificare talvolta atteggiamenti opposti. Questo attiene anche a una mancanza di educazione storica? «Per buona parte della mia carriera mi sono occupato del fascismo e sono giunto alla conclusione che ho fallito perché la maggioranza delle persone non ha imparato molto. Intanto c’è molta confusione sulla natura del fascismo e la sua relazione con il nazionalsocialismo: il Terzo Reich era molto diverso dallo Stato fascista italiano o spagnolo. E guardando all’Europa nel suo complesso, dagli anni Venti fino a metà degli anni Quaranta, c’erano varie forme di regimi autoritari di destra, tra i quali spiccava quello di Hitler. Seconda cosa: il nazionalsocialismo e il socialismo erano due versioni di progetti totalitari simili e non si può affermare che l’Unione Sovietica di Stalin fosse moralmente superiore alla Germania di Hitler poiché questi regimi erano speculari, hanno perpetrato violenze su larga scala contro i popoli - inclusi i propri - ammassandoli nei campi con la medesima durezza. Queste due forme di ideologia antiliberale e antidemocratica hanno molto in comune: una enfatizzava la razza, l’altra la classe, ma in entrambi i casi si trattava di nemici interni. E in entrambi i casi c’era una spinta al conflitto, alla guerra su vasta scala. La lezione fondamentale del XX secolo è che ci sono state due parti lontane dal concetto di società libera, una di destra l’altra di sinistra, e che nessuna è stata moralmente superiore all’altra».