
Definiti i nomi per l'Agcom, ma il voto potrebbe finire travolto dal Cencelli delle commissioni. E addio scambio con il Salvastati.Svilito e messo in un angolo dai poteri speciali di Giuseppe Conte, il Parlamento nelle prossime 48 ore torna a essere decisivo. E in grado di ridisegnare gli equilibri politici che consentiranno al governo di stagnare per i prossimi mesi o gli imporranno di cadere a settembre, quando su Palazzo Chigi si abbatterà la tempesta perfetta. Fra due mesi infatti ci saranno le elezioni, si ridiscuterà di legge elettorale, si dovranno affrontare i veri danni economici del Covid, il tutto con il rischio, a ottobre, di un possibile downgrade da parte delle agenzie di rating. Nel frattempo Conte ha organizzato un complesso do ut des tra le nomine da decidere oggi e il sì al Mes, il fondo Salvastati, da parte degli azzurri di Silvio Berlusconi. Il capo di gabinetto, Alessandro Goracci, esperto di equilibri d'Aula, potrebbe però aver sottovalutato le partite da giocare su troppi tavoli paralleli. Oggi è prevista in contemporanea tra Camera e Senato l'elezione dei rappresentanti di Agcom e Privacy. Le due Authority sono in proroga da quasi un anno e il termine definitivo per il rinnovo cade a metà settembre. I capigruppo hanno deciso di anticipare il voto, per farlo cadere esattamente 24 ore prima della risoluzione relativa al Mes per la quale il Pd e Conte hanno bisogno dei voti di Berlusconi. Nelle ultime ore maggioranza e minoranza hanno trovato una quadra sui nomi da destinare all'Agcom, l'ente a cui più di tutti tiene Arcore. Il presidente designato dovrebbe essere Giacomo Lasorella, tecnico apprezzato, definito un democristiano da chi lo conosce bene, benedetto da Forza Italia, Lega, Pd e in questo caso pure dai 5 stelle. A chiudere il cerchio dell'unanimità sarebbe stato infatti Luigi Di Maio che a Lasorella è molto grato. L'ex leader grillino è stato vice presidente della Camera, e in Lasorella, vice segretario generale d'Aula, ha visto un pilastro e un continuo sostegno. D'altronde anche Pierferdinando Casini a suo tempo scelse per il medesimo incarico in Agcom Francesco Posteraro, anch'egli vice segretario generale d'Aula. A scendere di grado, gli altri nomi trovano il sostegno del centro destra e di Fi. Si andrebbe dal renzianissmo Antonello Giacomelli, alla professoressa Ginevra Cerrina Feroni, passando per Laura Aria del Mise fino a Elisa Giomi, docente a RomaTre. Più complicata è la partita sul Garante della Privacy dove il presidente è per prassi e norma il più anziano. Dunque, cambiare un nome all'ultimo minuto rischia di sballare tutti gli equilibri. E quello di Ignazio Larussa non è servito a garantire uno schema stabile. Visto che per le authority si vota in contemporanea, il rischio che oggi slitti tutto è elevato. Tanto più che a gettare benzina sul fuoco ci ha pensato Gianni Letta che incontrando Luigi Di Maio avrebbe discusso proprio di nomine, ma in chiave opposte a quella di Conte. Il secondo vuole garantirsi il posto il più a lungo possibile, il primo, al contrario vedrebbe un cambio di passo nella maggioranza. L'ex sottosegretario di Palazzo Chigi ai tempi di Berlusconi premier e l'attuale ministro degli Esteri non avrebbero infatti affrontato solo il nodo delle nomine all'Agcom, ma avrebbero discusso di legge elettorale e dei possibili scenari di crisi che implicano ipotesi di grandi coalizioni allargate a Forza Italia. La risposta di Matteo Salvini è stata immediata. «Più che parlare con Letta e Mario Draghi, Conte e i suoi ministri si facciano sentire in Europa e a Tunisi. Questo governo mette in pericolo l'Italia», ha concluso l'ex ministro dell'Interno. Un passaggio che taluni hanno interpretato come una possibile sorpresa stamattina in Aula. Tradotto la scelta su Agcom e Privacy potrebbe slittare. Per giunta con una scusa molto semplice. Sempre stamani alla Camera scatta l'obbligo di rinominare i presidenti e tutti i membri delle 14 Commissioni. Domani si farà la stessa cosa al Senato. Sui vertici delle commissioni, che per consuetudine vengono rinnovati a metà legislatura, la partita è tutta interna alla maggioranza, nel frattempo mutata da gialloblù a giallo-rossa. Motivo per cui andranno rimpiazzati i presidenti della Lega (sei al Senato e cinque alla Camera) per fare largo a Pd, Leu e Iv che reclamano spazio secondo logiche «da manuale Cencelli». Ma in questo caso c'è il gruppo Misto pronto a ingolfare la macchina mettendo sabbia nel motore. Ai fuoriusciti dai vari partiti (in realtà in gran parte dai 5 stelle) toccheranno solo nella commissione Bilancio più di tre nomi. Se sceglieranno tra le fila dei 5 stelle o dei graditi al Movimento, le nomine potrebbero richiedere poco tempo. In caso contrario, si aprirebbe una vera e propria rissa e a quel punto Camera e Senato dovrebbero dedicare l'intera giornata alla trattativa. Con la conseguenza di mettere in secondo piano il voto che è la chiave di volta dell'intera impalcatura. Agcom da un lato e sì al Mes dall'altro. Se salta il primo voto Berlusconi dovrebbe firmare un assegno in bianco a Conte e nessuno oggi sa quanto sia capiente il suo conto corrente politico.
Emanuele Fiano (Ansa)
L’ex deputato pd chiede di boicottare un editore ospite alla fiera patrocinata da Gualtieri e «reo» di avere un catalogo di destra.
Per architettare una censura coi fiocchi bisogna avere un prodotto «nero» ed etichettarlo con la dicitura «neofascista» o «neonazista». Se poi scegli un ebreo (si può dire in questo contesto oppure è peccato?) che è stato pure censurato come testimonial, hai fatto bingo. La questione è questa: l’ex parlamentare Pd, Emanuele Fiano, che già era passato alla cronaca come bersaglio dei pro Pal colpevoli di non averlo fatto parlare all’Università Ca’ Foscari di Venezia e contro il quale qualche idiota aveva mimato la P38, sta premendo per censurare una casa editrice colpevole di pubblicare dei libri pericolosi perché di destra. Anzi, di estrema destra.
Un frame del video dell'aggressione a Costanza Tosi (nel riquadro) nella macelleria islamica di Roubaix
Giornalista di «Fuori dal coro», sequestrata in Francia nel ghetto musulmano di Roubaix.
Sequestrata in una macelleria da un gruppo di musulmani. Minacciata, irrisa, costretta a chiedere scusa senza una colpa. È durato più di un’ora l’incubo di Costanza Tosi, giornalista e inviata per la trasmissione Fuori dal coro, a Roubaix, in Francia, una città dove il credo islamico ha ormai sostituito la cultura occidentale.
Scontri fra pro-Pal e Polizia a Torino. Nel riquadro, Walter Mazzetti (Ansa)
La tenuità del reato vale anche se la vittima è un uomo in divisa. La Corte sconfessa il principio della sua ex presidente Cartabia.
Ennesima umiliazione per le forze dell’ordine. Sarà contenta l’eurodeputata Ilaria Salis, la quale non perde mai occasione per difendere i violenti e condannare gli agenti. La mano dello Stato contro chi aggredisce poliziotti o carabinieri non è mai stata pesante, ma da oggi potrebbe diventare una piuma. A dare il colpo di grazia ai servitori dello Stato che ogni giorno vengono aggrediti da delinquenti o facinorosi è una sentenza fresca di stampa, destinata a far discutere.
Mohamed Shahin (Ansa). Nel riquadro, il vescovo di Pinerolo Derio Olivero (Imagoeconomica)
Per il Viminale, Mohamed Shahin è una persona radicalizzata che rappresenta una minaccia per lo Stato. Sulle stragi di Hamas disse: «Non è violenza». Monsignor Olivero lo difende: «Ha solo espresso un’opinione».
Per il Viminale è un pericoloso estremista. Per la sinistra e la Chiesa un simbolo da difendere. Dalla Cgil al Pd, da Avs al Movimento 5 stelle, dal vescovo di Pinerolo ai rappresentanti della Chiesa valdese, un’alleanza trasversale e influente è scesa in campo a sostegno di un imam che è in attesa di essere espulso per «ragioni di sicurezza dello Stato e prevenzione del terrorismo». Un personaggio a cui, già l’8 novembre 2023, le autorità negarono la cittadinanza italiana per «ragioni di sicurezza dello Stato». Addirittura un nutrito gruppo di antagonisti, anche in suo nome, ha dato l’assalto alla redazione della Stampa. Una saldatura tra mondi diversi che non promette niente di buono.






