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2021-08-23
Neopagani d’Italia
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«L'uomo non può vivere senza inginocchiarsi davanti a qualcosa», ammoniva Fëdor Dostoevskij: «Se l'uomo rifiuta Dio, si inginocchia davanti a un idolo». A 140 anni dalla sua morte, ci si dovrebbe decidere a riconoscere valore sociologico a questa frase del celebre scrittore russo. Per un motivo semplice: perché ne ha. Lo prova la forte crescita, specie nell'Occidente dove le grandi religioni organizzate - cattolicesimo in primis - sono in difficoltà, del neopaganesimo. Un termine da immaginare come contenitore dato che a esso sono collegate tutta una serie di antiche tradizioni etniche e magiche caratterizzate da due elementi.
Il primo è quello messo in luce dai sociologi Stefania Palmisano e Nicola Pannofino, autori di un recente lavoro sul tema, Religione sotto spirito (Mondadori 2021), ossia la «la labilità di confini tra spiritualità e marketing, Oriente e Occidente, esoterismo e pratiche di benessere». I culti neopagani, sia chiaro, non sono riducibili solo a questo, ma di certo oggi beneficiano di una certa visione del mondo agile e fumosa al tempo stesso, «che concilia gli angeli con la reincarnazione, Osho con Gesù, e tende all'unificazione», per dirla con le parole di Palmisano e Pannofino rilasciate al settimanale Il Venerdì .
Il secondo elemento caratterizzante del neopaganesimo è, appunto, il suo boom. Difficile, in effetti, negare l'odierno revival della wicca, del druidismo, dello sciamanesimo e di credenze più o meno ancestrali - e più o meno rivisitate - che alcuni sociologi classificano con l'acronimo Sbnr, che sta per spiritual but not religious. Solo negli Stati Uniti, e solo dal 2006 al 2011, si stima che i culti neopagani abbiano conosciuto una crescita del 10%, con picchi di oltre il 30% di avanzamento per realtà come il panteismo e credenze di stampo naturalistico. Se si considera un arco temporale più esteso soffermandosi su un singolo culto, i riscontri sono ancora più netti.
Basti pensare che secondo il Trinity College, nel 1990, negli Stati Uniti le streghe wicca erano circa 8.000, non pochissime. Peccato però che nel 2008 risultassero 340.000 e, nel 2018, fossero addirittura quadruplicate. Con il risultato, secondo la Catholic news agency, che oggi questo culto interessa da 1 a 1,5 milioni di persone. Numeri impressionanti se si pensa che in totale i presbiteriani praticanti ammontano a 1,4 milioni. Non solo. Va precisato come negli Stati Uniti esistano persone avvicinatesi al mondo della stregoneria le quali, però, rigettano l'etichetta neopagana, perché la considerano limitante o perché, semplicemente, si riconoscono in una spiritualità individualista.
Ciò significa che, per quanto i dati del Pew research center stimino in appena lo 0,4% la popolazione Usa aderente alla fede wicca, è possibile che le streghe e simpatizzanti possano essere anche più di 1,5 milioni.
Anche in un Paese di tradizione cattolica come l'Italia il fenomeno va assumendo dimensioni sempre più significative; basti pensare che, se alla fine degli anni Novanta si parlava di qualche migliaio di adepti, statistiche più recenti portano quel numero, oggi, a oltre 200.000. Sbaglierebbe, però, chi prestasse troppa attenzione a tali numeri, sia perché sono inevitabilmente imprecisi, sia perché essi non considerano fino in fondo quel lato sommerso di persone che non sono neopagane e che, tuttavia, a tale realtà guardano con interesse, lasciandone traccia su Internet.
Emblematiche le considerazioni della giornalista Charlotte Richardson Andrews, la quale, in un accurato articolo sulla rivista Dazed del febbraio 2019, notava come l'anno prima, su Instagram, l'hashtag #WitchesofInstagram fosse ricorso su 2,2 milioni di post, quello #Pagan addirittura in 2,6 milioni. Certo, molti saranno stati contenuti ironici e scherzosi, ma sarebbe sbagliato sottovalutare l'interesse, in particolare dei giovani, alla sfera neopagana. Allo stesso modo, sarebbe fuorviante immaginare il fenomeno come caratteristico di una specifica classe sociale. Ancora 20 anni fa, infatti, Brandon A. Hale, antropologo dell'università dell'Illinois, dopo una ricerca sul campo condotta anche intervistando svariati adepti, osservò che «alcuni neopagani lavoravano come fornai, altri in prestigiose università dove erano all'opera per mappare il genoma umano».
Quel che appare plausibile è però un nesso, tornando a Dostoevskij, tra l'arretramento del cristianesimo e il revival neopagano. A suggerirlo, nel novembre 2018, era stato non un bollettino parrocchiale, bensì la laicissima rivista Newsweek, con un articolo a firma di Benjamin Fearnow. Beninteso: questo non autorizza a immaginare una sorta di travaso d'anime tra giovani che smettono di andare in chiesa e nuovi adepti ai culti neopagani, anche perché i più lasciano la pratica religiosa ma non cessano d'identificarsi almeno formalmente nel cristianesimo; tuttavia, è indiscutibile come i più esposti al fascino di certe credenze - caratterizzate dall'appeal del soprannaturale, ma spesso prive di implicazioni morali cogenti (di qui l'acronimo Sbnr) - siano i giovani e, nello specifico, proprio coloro che si lasciano alle spalle la formazione cristiana ricevuta.
«L’angoscia profonda dell’uomo di oggi che ha rifiutato Dio»
«La fragilità di ogni legame e la diffusa percezione dell'appartenenza come mancanza di libertà, creano certamente un clima quanto mai adatto al nomadismo spirituale, ma sono diversi gli elementi che concorrono a questo risultato». Così dice alla Verità Elena Melis, psicoterapeuta e responsabile nazionale della formazione degli operatori dei centri di ascolto del Gris, il Gruppo di ricerca e informazione socio-religiosa che da anni fa formazione e consulenza sulle religioni, le sette e la fenomenologia a esse correlate. «Il ritorno di un certo neopaganesimo», dice, «è l'uomo che rifiuta Dio e prova a fare di sé stesso un dio e si fabbrica idoli per curare la sua angoscia esistenziale».
Dottoressa, la tendenza del neopaganesimo, stregoni, sciamani e vampiri, è una realtà sempre più in espansione: che cosa sta succedendo?
«L'ateismo, sia teorico sia pratico, produce l'effetto della ricerca di idoli. Così si ripescano dal passato esperienze religiose abbandonate e perdute e, per renderle più attraenti e commercializzabili, vi si applica una sorta di lifting: si toglie ciò che non piace all'uomo moderno e si mette quanto è in sintonia con il gusto di oggi. Lo si fa sia prendendo elementi di esperienze religiose diverse, sia aggiungendo elementi nuovi, sia anche inventandoli di sana pianta. Il risultato spesso è un prodotto venduto come un prezioso pezzo antico che altro non è che un pezzo da raccolta indifferenziata».
In effetti, la religione oggi prevalente pare essere la cosidetta Sbnr, ovvero spiritual but not religious, spirituali ma non religiosi.
«Tutto favorisce il nomadismo spirituale, anche il mito moderno dell'eterna giovinezza, o meglio dire, dell'eterna adolescenza. La ribellione al mondo degli adulti, la pretesa di onnipotenza e segreta voglia di protezione, la mancanza di definizione di sé e di una visione chiara del futuro, la tendenza a vivere solo nel presente. Siamo in un grande supermarket emotivo, spiritualità compresa».
Faccia un esempio.
«La reincarnazione è una delle credenze diffuse in occidente dal neospiritualismo. Si tratta però di un'idea di reincarnazione molto diversa da quella delle tradizioni religiose orientali da cui è stata estrapolata. In Oriente infatti la reincarnazione è vista come una dolorosa condanna che l'uomo deve subire affinché possa essere purificato e finalmente liberato da questa necessità. In Occidente invece la reincarnazione è stata presentata come la possibilità di vivere sempre nuove vite e fare sempre nuove e illimitate esperienze. In questa visione niente è definitivo e la persona può illudersi di avere sempre infinite possibilità di scelta per poter essere tutto ciò che vuole e cambiare sempre la propria sorte. È il sogno americano che tutto sia possibile, se non in questa, almeno in un'altra vita».
Ma se a uno piace partecipare a un rito wicca o va in moschea o in una chiesa, che differenza fa?
«Queste partecipazioni non sono per niente indifferenti, ma hanno effetti molto diversi sui partecipanti, sia sul piano psicologico, sia sul piano esistenziale. Il rito infatti rappresenta una particolare fede, ma non è (come invece accade in teatro) una semplice rappresentazione: è anche un'azione che si compie nei confronti e insieme con qualcun altro, anche se invisibile. Perciò se questo essere spirituale esiste veramente, allora gli effetti non possono essere gli stessi, perché gli spiriti in questione non sono gli stessi».
Quindi, non tutto lo spirituale è per il benessere?
«Le malattie dello spirito sono riconosciute, denunciate e curate da almeno 4.000 anni: l'ebraismo-cristianesimo è ben conscio che esiste spirito e spirito, spiriti e spiriti! Se la spiritualità non si riduce solo a una ricerca di sé stessi e del proprio benessere emotivo - cosa che sarebbe più corretto inquadrare come una sorta di psicoterapia - ma è relazione tra il nostro spirito e altri spiriti (angeli, demoni, spiriti di defunti) e con Dio, allora le conseguenze di questa relazione sul nostro spirito, ma non solo, possono essere sia positive sia negative».
Forse lei parla così perché è cattolica?
«No, è una riflessione valida comunque, è per lo meno da ingenui pensare che tutti gli spiriti siano positivi, e molti di quelli che lo hanno pensato si sono dovuti ricredere. In ogni caso rilevo che nel nostro clima culturale, dove appunto predomina una spiritualità à la carte, l'unica moda che sembra tenere è quella dell'Abc: anything but catholic, tutto fuorché cattolico».
A proposito, la Conferenza episcopale spagnola recentemente ha diffuso un documento in cui si parla appunto di una diffusa «proposta neopagana» che mira a una società tutta emotiva e «sensitiva»…
«Questo potrebbe essere solo il primo passo. La “proposta neopagana" è, sì, in sintonia con l'attuale società emotiva e sensitiva, ma, se predominerà, potrebbe avere come prodotto finale non la società liquida ma la società assolutista, e come ideologia vincente non il politeismo, ma il satanismo».
Però, sembra che anche qualcuno che si definisce cattolico, e magari va a messa la domenica, non abbia problemi a credere nella reincarnazione o fare un giretto dal mago.
«Anche nei cattolici constatiamo purtroppo spesso una grave carenza di formazione che li porta a non saper distinguere ciò che è conforme agli insegnamenti della Chiesa da ciò che non lo è: a confondere la preghiera con il rito magico, il culto dei defunti con lo spiritismo e a pagarne poi le nefaste conseguenze».
Il cardinal Joseph Ratzinger ha sempre criticato la soluzione delle teorie pluralistiche per le quali una via di salvezza vale l'altra. Piuttosto proponeva la necessità di una critica delle religioni, capace di far emergere ciò che realmente corrisponde alla dignità umana nei culti e nella morale di queste realtà. Cosa significa?
«Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e adesso papa Francesco hanno tutti condannato con forza la teoria che tutte le religioni sono uguali, interpretazione questa di origine chiaramente laicista, e hanno invece cercato i punti di collaborazione negli aspetti positivi presenti in esse: appunto in ciò che corrisponde alla dignità umana. Questo ecumenismo cattolico è in antitesi totale con quello “qualunquista"».
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Diminuiscono i cattolici e crescono gli aderenti a sette etniche e magiche con streghe e druidi. Negli Usa i culti sono quadruplicati negli ultimi anni. Da noi aderiscono soprattutto giovani.«L'angoscia profonda dell'uomo di oggi che ha rifiutato Dio». La responsabile dei centri Gris, Elena Melis: «Queste religioni "vendute" come pezzi antichi con l'aggiunta di un po' di modernità». Lo speciale comprende due articoli. «L'uomo non può vivere senza inginocchiarsi davanti a qualcosa», ammoniva Fëdor Dostoevskij: «Se l'uomo rifiuta Dio, si inginocchia davanti a un idolo». A 140 anni dalla sua morte, ci si dovrebbe decidere a riconoscere valore sociologico a questa frase del celebre scrittore russo. Per un motivo semplice: perché ne ha. Lo prova la forte crescita, specie nell'Occidente dove le grandi religioni organizzate - cattolicesimo in primis - sono in difficoltà, del neopaganesimo. Un termine da immaginare come contenitore dato che a esso sono collegate tutta una serie di antiche tradizioni etniche e magiche caratterizzate da due elementi.Il primo è quello messo in luce dai sociologi Stefania Palmisano e Nicola Pannofino, autori di un recente lavoro sul tema, Religione sotto spirito (Mondadori 2021), ossia la «la labilità di confini tra spiritualità e marketing, Oriente e Occidente, esoterismo e pratiche di benessere». I culti neopagani, sia chiaro, non sono riducibili solo a questo, ma di certo oggi beneficiano di una certa visione del mondo agile e fumosa al tempo stesso, «che concilia gli angeli con la reincarnazione, Osho con Gesù, e tende all'unificazione», per dirla con le parole di Palmisano e Pannofino rilasciate al settimanale Il Venerdì .Il secondo elemento caratterizzante del neopaganesimo è, appunto, il suo boom. Difficile, in effetti, negare l'odierno revival della wicca, del druidismo, dello sciamanesimo e di credenze più o meno ancestrali - e più o meno rivisitate - che alcuni sociologi classificano con l'acronimo Sbnr, che sta per spiritual but not religious. Solo negli Stati Uniti, e solo dal 2006 al 2011, si stima che i culti neopagani abbiano conosciuto una crescita del 10%, con picchi di oltre il 30% di avanzamento per realtà come il panteismo e credenze di stampo naturalistico. Se si considera un arco temporale più esteso soffermandosi su un singolo culto, i riscontri sono ancora più netti.Basti pensare che secondo il Trinity College, nel 1990, negli Stati Uniti le streghe wicca erano circa 8.000, non pochissime. Peccato però che nel 2008 risultassero 340.000 e, nel 2018, fossero addirittura quadruplicate. Con il risultato, secondo la Catholic news agency, che oggi questo culto interessa da 1 a 1,5 milioni di persone. Numeri impressionanti se si pensa che in totale i presbiteriani praticanti ammontano a 1,4 milioni. Non solo. Va precisato come negli Stati Uniti esistano persone avvicinatesi al mondo della stregoneria le quali, però, rigettano l'etichetta neopagana, perché la considerano limitante o perché, semplicemente, si riconoscono in una spiritualità individualista. Ciò significa che, per quanto i dati del Pew research center stimino in appena lo 0,4% la popolazione Usa aderente alla fede wicca, è possibile che le streghe e simpatizzanti possano essere anche più di 1,5 milioni. Anche in un Paese di tradizione cattolica come l'Italia il fenomeno va assumendo dimensioni sempre più significative; basti pensare che, se alla fine degli anni Novanta si parlava di qualche migliaio di adepti, statistiche più recenti portano quel numero, oggi, a oltre 200.000. Sbaglierebbe, però, chi prestasse troppa attenzione a tali numeri, sia perché sono inevitabilmente imprecisi, sia perché essi non considerano fino in fondo quel lato sommerso di persone che non sono neopagane e che, tuttavia, a tale realtà guardano con interesse, lasciandone traccia su Internet. Emblematiche le considerazioni della giornalista Charlotte Richardson Andrews, la quale, in un accurato articolo sulla rivista Dazed del febbraio 2019, notava come l'anno prima, su Instagram, l'hashtag #WitchesofInstagram fosse ricorso su 2,2 milioni di post, quello #Pagan addirittura in 2,6 milioni. Certo, molti saranno stati contenuti ironici e scherzosi, ma sarebbe sbagliato sottovalutare l'interesse, in particolare dei giovani, alla sfera neopagana. Allo stesso modo, sarebbe fuorviante immaginare il fenomeno come caratteristico di una specifica classe sociale. Ancora 20 anni fa, infatti, Brandon A. Hale, antropologo dell'università dell'Illinois, dopo una ricerca sul campo condotta anche intervistando svariati adepti, osservò che «alcuni neopagani lavoravano come fornai, altri in prestigiose università dove erano all'opera per mappare il genoma umano».Quel che appare plausibile è però un nesso, tornando a Dostoevskij, tra l'arretramento del cristianesimo e il revival neopagano. A suggerirlo, nel novembre 2018, era stato non un bollettino parrocchiale, bensì la laicissima rivista Newsweek, con un articolo a firma di Benjamin Fearnow. Beninteso: questo non autorizza a immaginare una sorta di travaso d'anime tra giovani che smettono di andare in chiesa e nuovi adepti ai culti neopagani, anche perché i più lasciano la pratica religiosa ma non cessano d'identificarsi almeno formalmente nel cristianesimo; tuttavia, è indiscutibile come i più esposti al fascino di certe credenze - caratterizzate dall'appeal del soprannaturale, ma spesso prive di implicazioni morali cogenti (di qui l'acronimo Sbnr) - siano i giovani e, nello specifico, proprio coloro che si lasciano alle spalle la formazione cristiana ricevuta.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/neopagani-ditalia-2654754085.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="langoscia-profonda-delluomo-di-oggi-che-ha-rifiutato-dio" data-post-id="2654754085" data-published-at="1629663805" data-use-pagination="False"> «L’angoscia profonda dell’uomo di oggi che ha rifiutato Dio» «La fragilità di ogni legame e la diffusa percezione dell'appartenenza come mancanza di libertà, creano certamente un clima quanto mai adatto al nomadismo spirituale, ma sono diversi gli elementi che concorrono a questo risultato». Così dice alla Verità Elena Melis, psicoterapeuta e responsabile nazionale della formazione degli operatori dei centri di ascolto del Gris, il Gruppo di ricerca e informazione socio-religiosa che da anni fa formazione e consulenza sulle religioni, le sette e la fenomenologia a esse correlate. «Il ritorno di un certo neopaganesimo», dice, «è l'uomo che rifiuta Dio e prova a fare di sé stesso un dio e si fabbrica idoli per curare la sua angoscia esistenziale». Dottoressa, la tendenza del neopaganesimo, stregoni, sciamani e vampiri, è una realtà sempre più in espansione: che cosa sta succedendo? «L'ateismo, sia teorico sia pratico, produce l'effetto della ricerca di idoli. Così si ripescano dal passato esperienze religiose abbandonate e perdute e, per renderle più attraenti e commercializzabili, vi si applica una sorta di lifting: si toglie ciò che non piace all'uomo moderno e si mette quanto è in sintonia con il gusto di oggi. Lo si fa sia prendendo elementi di esperienze religiose diverse, sia aggiungendo elementi nuovi, sia anche inventandoli di sana pianta. Il risultato spesso è un prodotto venduto come un prezioso pezzo antico che altro non è che un pezzo da raccolta indifferenziata». In effetti, la religione oggi prevalente pare essere la cosidetta Sbnr, ovvero spiritual but not religious, spirituali ma non religiosi. «Tutto favorisce il nomadismo spirituale, anche il mito moderno dell'eterna giovinezza, o meglio dire, dell'eterna adolescenza. La ribellione al mondo degli adulti, la pretesa di onnipotenza e segreta voglia di protezione, la mancanza di definizione di sé e di una visione chiara del futuro, la tendenza a vivere solo nel presente. Siamo in un grande supermarket emotivo, spiritualità compresa». Faccia un esempio. «La reincarnazione è una delle credenze diffuse in occidente dal neospiritualismo. Si tratta però di un'idea di reincarnazione molto diversa da quella delle tradizioni religiose orientali da cui è stata estrapolata. In Oriente infatti la reincarnazione è vista come una dolorosa condanna che l'uomo deve subire affinché possa essere purificato e finalmente liberato da questa necessità. In Occidente invece la reincarnazione è stata presentata come la possibilità di vivere sempre nuove vite e fare sempre nuove e illimitate esperienze. In questa visione niente è definitivo e la persona può illudersi di avere sempre infinite possibilità di scelta per poter essere tutto ciò che vuole e cambiare sempre la propria sorte. È il sogno americano che tutto sia possibile, se non in questa, almeno in un'altra vita». Ma se a uno piace partecipare a un rito wicca o va in moschea o in una chiesa, che differenza fa? «Queste partecipazioni non sono per niente indifferenti, ma hanno effetti molto diversi sui partecipanti, sia sul piano psicologico, sia sul piano esistenziale. Il rito infatti rappresenta una particolare fede, ma non è (come invece accade in teatro) una semplice rappresentazione: è anche un'azione che si compie nei confronti e insieme con qualcun altro, anche se invisibile. Perciò se questo essere spirituale esiste veramente, allora gli effetti non possono essere gli stessi, perché gli spiriti in questione non sono gli stessi». Quindi, non tutto lo spirituale è per il benessere? «Le malattie dello spirito sono riconosciute, denunciate e curate da almeno 4.000 anni: l'ebraismo-cristianesimo è ben conscio che esiste spirito e spirito, spiriti e spiriti! Se la spiritualità non si riduce solo a una ricerca di sé stessi e del proprio benessere emotivo - cosa che sarebbe più corretto inquadrare come una sorta di psicoterapia - ma è relazione tra il nostro spirito e altri spiriti (angeli, demoni, spiriti di defunti) e con Dio, allora le conseguenze di questa relazione sul nostro spirito, ma non solo, possono essere sia positive sia negative». Forse lei parla così perché è cattolica? «No, è una riflessione valida comunque, è per lo meno da ingenui pensare che tutti gli spiriti siano positivi, e molti di quelli che lo hanno pensato si sono dovuti ricredere. In ogni caso rilevo che nel nostro clima culturale, dove appunto predomina una spiritualità à la carte, l'unica moda che sembra tenere è quella dell'Abc: anything but catholic, tutto fuorché cattolico». A proposito, la Conferenza episcopale spagnola recentemente ha diffuso un documento in cui si parla appunto di una diffusa «proposta neopagana» che mira a una società tutta emotiva e «sensitiva»… «Questo potrebbe essere solo il primo passo. La “proposta neopagana" è, sì, in sintonia con l'attuale società emotiva e sensitiva, ma, se predominerà, potrebbe avere come prodotto finale non la società liquida ma la società assolutista, e come ideologia vincente non il politeismo, ma il satanismo». Però, sembra che anche qualcuno che si definisce cattolico, e magari va a messa la domenica, non abbia problemi a credere nella reincarnazione o fare un giretto dal mago. «Anche nei cattolici constatiamo purtroppo spesso una grave carenza di formazione che li porta a non saper distinguere ciò che è conforme agli insegnamenti della Chiesa da ciò che non lo è: a confondere la preghiera con il rito magico, il culto dei defunti con lo spiritismo e a pagarne poi le nefaste conseguenze». Il cardinal Joseph Ratzinger ha sempre criticato la soluzione delle teorie pluralistiche per le quali una via di salvezza vale l'altra. Piuttosto proponeva la necessità di una critica delle religioni, capace di far emergere ciò che realmente corrisponde alla dignità umana nei culti e nella morale di queste realtà. Cosa significa? «Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e adesso papa Francesco hanno tutti condannato con forza la teoria che tutte le religioni sono uguali, interpretazione questa di origine chiaramente laicista, e hanno invece cercato i punti di collaborazione negli aspetti positivi presenti in esse: appunto in ciò che corrisponde alla dignità umana. Questo ecumenismo cattolico è in antitesi totale con quello “qualunquista"».
Per l’Ucraina nel 2026 si prospettava un buco di bilancio di 72 miliardi di euro. La Ue poteva (solo teoricamente) scegliere se coprire quel buco utilizzando i fondi russi sequestrati per la gran parte presso la società depositaria belga Euroclear oppure ricorrere, via bilancio Ue, alle tasche dei contribuenti.
La scelta è stata a favore di quest’ultima soluzione, con l’essenziale distinguo che qualsiasi conseguenza finanziaria, a partire dal pagamento degli interessi, di tale scelta non ricadrà sui contribuenti ungheresi, cechi e slovacchi.
È questa l’estrema sintesi della «non soluzione» adottata ormai all’alba di venerdì dal Consiglio europeo, con l’aggravante che, da ieri, la Ue non è più a 27 ma a 24. Perché Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca hanno fermamente rifiutato di dover subire le conseguenze finanziarie derivanti dagli oneri per interessi (certi) e capitale (quasi certo) di questa scelta. Quindi avanti a 24, perché l’articolo 20 del Trattato consente la cosiddetta «cooperazione rafforzata», quando un gruppo di almeno nove Stati membri intende avanzare in modo più integrato in ambiti di competenza non esclusiva dell’UE. Solo quando Viktor Orbán, Andrej Babiš e Robert Fico hanno dato semaforo verde a questa soluzione, il Consiglio è uscito da uno stallo che cominciava a diventare imbarazzante.
Ma si tratta di un minimo comune denominatore trovato all’ultimo, quando il piano A, strombazzato ai quattro venti da mesi, se non proprio dal marzo 2022, quando fu attuato il sequestro delle attività finanziarie russe, è miseramente fallito. La nota opposizione del Belgio e del suo premier, Bart De Wever, si è presto rivelata una posizione non isolata. Infatti c’erano già da tempo, ma covavano sottotraccia, le perplessità di due pesi massimi della Ue come Italia e Francia. Giorgia Meloni ed Emmanuel Macron hanno avuto gioco relativamente facile nello smontare il castello di carte e artifici legali di dubbia solidità montato da Ursula von der Leyen. Tanto che su Politico.Eu sono state diverse le voci trapelate dall’interno del summit che hanno esplicitamente accusato la Commissione di non aver fornito sufficiente chiarezza sugli aspetti legali controversi dell’operazione basata sull’utilizzo dei fondi russi, al punto che il fronte dei dubbiosi si è rapidamente allargato e De Wever si è sentito in una botte di ferro nel continuare a fare il «poliziotto cattivo».
La soluzione adottata, a favore della quale è subito partito uno «spin» mediatico anche da parte di chi avrebbe dovuto scappare a nascondersi per il fallimento, come la Von der Leyen, ha comunque numerosi punti di vulnerabilità, su cui rischia ancora di inciampare seriamente.
Partiamo dal primo passaggio, quello dell’emissione obbligazionaria dedicata sui mercati da parte della Commissione, che potrebbe essere accolta con poco entusiasmo dagli investitori. Perché quei fondi andranno, poi, prestati all’Ucraina le cui probabilità di rimborso sono praticamente pari a zero. Infatti, nessuno ritiene probabile che la Russia pagherà mai riparazioni di guerra. Quindi gli interessi e il capitale resteranno a carico del bilancio Ue e, in ultima istanza, dei contribuenti di 24 Stati membri su 27. E gli investitori non hanno certo dimenticato quanto pubblicato il 7 dicembre sul Financial Times, estratto testualmente dalla proposta di regolamento della Commissione, che spingeva per la soluzione alternativa dell’utilizzo dei fondi russi: «La capacità della Ue e dei suoi Stati membri di fornire finanziamenti aggiuntivi all’Ucraina è attualmente limitata e non corrisponde all’entità del fabbisogno».
Invece, alla ventiquattresima ora, questa è diventata la soluzione. Lo spazio di manovra di bilancio che qualche settimana fa non esisteva, ieri si è materializzato per miracolo. Perché era l’ultima spiaggia prima del fallimento. Ma questo gli investitori lo sanno e lo faranno pesare, col rischio di aumentare la tensione in tutto il mercato dei titoli governativi, già teso per altri motivi. La foglia di fico, peraltro presente nel documento separato approvato da 25 Paesi, secondo cui i fondi russi «rimarranno bloccati e l’Unione si riserva il diritto di utilizzarli per rimborsare il prestito, in piena conformità del diritto dell’Ue e internazionale», lascia davvero il tempo che trova. Se la Commissione, in quattro anni di tentativi, non ha convinto nessuno circa l’utilizzo legittimo di quei fondi, cosa induce a pensare che riesca a farlo in futuro? Con l’ulteriore difficoltà che è ormai noto che quei fondi sono stati già «opzionati» come merce di scambio per chiudere il negoziato con Mosca promosso da Washington.
Poi c’è l’aspetto degli equilibri di finanza pubblica. I Parlamenti di Germania, Francia, Spagna e, in misura minore, l’Italia stanno cercando di definire da settimane le rispettive leggi di bilancio. Tra accese discussioni su tagli di spesa e aumenti di imposte, che talvolta valgono solo qualche manciata di milioni.
Quei parlamentari e i rispettivi elettori ora scoprono che, nel giro di poche ore, la Commissione - la cui maggior parte delle entrate deriva dai contributi degli Stati membri - ha trovato spazio di bilancio per coprire un prestito (nella sostanza, un sussidio) di 90 miliardi all’Ucraina, «anche per le sue esigenze militari». In particolare, in Germania, qualche oppositore interno di Friedrich Merz - che non gradiva la soluzione adottata proprio per non trovarsi in difficoltà sul fronte interno - potrebbe tornare a bussare alla Corte di Karlsruhe, obiettando che impegnare le risorse del contribuente tedesco, via bilancio Ue, è semplicemente incostituzionale perché di fatto esautora il Bundestag. E chissà che finalmente qualcuno si svegli anche in Italia.
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(Getty Images)
Lo so che vi ho già raccontato l’incredibile sentenza di cui sono vittima in quanto direttore di Panorama, ma passato il giorno e la sorpresa per la condanna, mi rendo conto che le querele minacciano la libertà di stampa più di quanto possa fare la politica o un editore. Può un sostantivo valere 80.000 euro? Può il diritto di critica verso operazioni dichiaratamente politiche essere negato con sanzioni pecuniarie? È evidente che nessuno degli attori dell’azione giudiziaria ha avuto un danno reputazionale, perché non è stato accusato di alcun orrendo delitto e ha potuto continuare a operare liberamente come prima e forse più di prima. E allo stesso tempo è lampante la sproporzione fra una critica e il risarcimento disposto in favore di chi non era neppure chiamato in causa, perché il suo nome non compariva sulla copertina del settimanale. Di questo passo, se io critico le aziende farmaceutiche per le procedure poco trasparenti sui vaccini, legittimo tutte le imprese del mondo che si occupano di sieri a fare causa, come ad esempio ha fatto una Ong tedesca, il cui rappresentante neppure parla l’italiano.
Tanto per farvi comprendere quanto sia assurdo ciò che è capitato, pensate che per ingiusta detenzione lo Stato riconosce a un innocente messo in galera 235,82 euro per ogni giorno passato dietro le sbarre. Una parola ritenuta fuori posto come «pirata» e perciò giudicata diffamatoria, pur se espressa una sola volta in una edizione, è stata invece sanzionata con 10.000 euro a testa in favore dei querelanti, più spese legali, con il risultato che il risarcimento assomma a oltre 80.000 euro, ovvero molto di più di quanto può incassare un povero cristo che si è visto mettere in prigione per un anno, avendo la vita e la reputazione rovinata prima di essere riconosciuto innocente.
Per incassare 80.000 euro Panorama deve vendere 30.000 copie in più rispetto a quelle che settimanalmente vengono acquistate all’edicola. Ed è abbastanza facile capire che bastano alcune sentenze come quella emessa dal tribunale per mandare in fallimento una testata. I giornali vivono di ciò che vendono, non dei soldi che incassano dalle querele. Anche quando viene data loro ragione, nessuno li risarcisce per la denuncia temeraria. Se va bene si vedono riconosciute le spese legali, che a volte non riescono a coprire l’intera parcella degli avvocati.
È questa la vera minaccia alla libertà di stampa, questo il bavaglio che si cerca di imporre a chi canta fuori dal coro. Il risultato è che gran parte dei giornali annacqua notizie e giudizi decidendo spesso di non pubblicare quelli scomodi. Sapete quante volte mi è capitato di sentirmi dire da colleghi che lavorano in altre testate: beati voi che potete scrivere liberamente, senza avere i limiti imposti dagli editori, dalle relazioni politiche e pure dalle minacce delle sentenze? Molte. Però non so in che cosa consista la nostra beatitudine, forse nell’incoscienza di non volerci fare imporre la mordacchia. Sta di fatto che per noi vale una regola semplice: pubblichiamo tutto, anche quello che gli altri preferiscono nascondere. E diciamo ciò che pensiamo, senza imbarazzi e senza censure. È successo con i vaccini e con il green pass e di recente con le frasi del consigliere di Sergio Mattarella che auspicava un «provvidenziale scossone» per cambiare la situazione politica. Succederà ancora. Perché come La Verità anche Panorama è un vascello corsaro, che non ha paura di chiamare le cose con il loro nome e non si fa fermare da chi vorrebbe impedirci di scriverle.
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Matteo Salvini e Galeazzo Bignami (Ansa)
Scende in campo in prima persona il leader della Lega, Matteo Salvini, vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti: «Solidarietà a Panorama e al direttore Maurizio Belpietro», sottolinea Salvini, «condannati per aver detto la verità sulle Ong. La libertà di stampa e di opinione sono sacre e non possono essere imbavagliate: faremo tutto il possibile per aiutare Panorama e la sua redazione». Dal Carroccio arrivano numerose prese di posizione: «Il Tribunale di Milano», argomenta il deputato Igor Iezzi, «ha condannato Maurizio Belpietro e Panorama a risarcire, con 80.000 euro, sette Ong per diffamazione. Il motivo? Un titolo di copertina dove venivano definiti “I nuovi pirati”. Siamo alla follia. Al direttore e al settimanale la nostra piena solidarietà. Siamo certi che gli italiani non si siano dimenticati le dichiarazioni dei vari Casarini e Rackete che poco hanno a che vedere con la legalità e molto con un approccio da “corsaro”. Per la Lega la stampa deve essere libera, e si schiererà sempre contro chi vuole imbavagliarla, soprattutto quando ad essere imbavagliati sono sempre i giornalisti che non si schierano a sinistra». «Esprimo la mia convinta solidarietà a Maurizio Belpietro e alla redazione di Panorama», sottolinea il senatore Gianluca Cantalamessa, «è incredibile che sia stata definita diffamatoria una copertina che indicava come “i nuovi pirati” soggetti che dichiarano apertamente di voler violare le leggi italiane e disobbedire alle autorità quando navigano nel Mediterraneo alla ricerca di migranti. Una decisione del Tribunale di Milano che lascia sconcerto per l’entità della sanzione. Colpisce, come ricorda lo stesso Belpietro, l’enorme disparità di trattamento rispetto ad altri casi: mentre per aver dato dei “bastardi” a Giorgia Meloni e Matteo Salvini», ricorda Cantalamessa, «lo scrittore Roberto Saviano è stato condannato a pagare 1.000 euro, qui ci troviamo di fronte a una cifra molto alta che ha il sapore di un bavaglio alla libera stampa. Non si può essere perseguitati per aver esercitato il diritto di critica verso chi rivendica la violazione delle norme dello Stato». «Piena solidarietà al direttore di Panorama, Maurizio Belpietro, e a tutta la redazione», dichiara il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alessandro Morelli, «per l’assurda decisione del Tribunale di Milano che ha condannato la testata a risarcire sette Ong per un titolo critico nei loro confronti. Una decisione che non è degna di un Paese democratico e che lede il principio sacrosanto della libertà di stampa tutelato dalla Costituzione. La Lega ed il governo tutto, sono dalla loro parte». Anche Fratelli d’Italia scende in campo ai massimi livelli per far sentire la propria vicinanza a Belpietro e a Panorama, e per esprimere lo sdegno del partito di maggioranza relativa nei confronti di una decisione incomprensibile: «Solidarietà al direttore Belpietro ed a tutta la redazione di Panorama», dice il capogruppo di Fdi alla Camera, Galeazzo Bignami, «che, come racconta in un articolo, è stata condannata a pagare dal Tribunale di Milano 80.000 euro ad alcune Ong come risarcimento per il titolo di una copertina, in cui sotto il titolo “Pirati” si criticava il loro operato attraverso la pubblicazione di documenti riservati. Una vicenda incredibile resa assurda dal fatto che non una parola dell’articolo è stata contestata. Ha ragione il direttore Belpietro, è evidente il tentativo da parte di queste organizzazioni di “tappare la bocca” a chi da tempo denuncia l’operato di alcune Ong in aperta violazione con le leggi nazionali ed a sostegno dei mercanti di uomini. Per questo siamo ancora più vicini al direttore Belpietro e a Panorama e censuriamo con forza questa incredibile condanna». Da Montecitorio a Palazzo Madama, interviene il capogruppo di Fdi al Senato, Lucio Malan: «Manifesta solidarietà a Maurizio Belpietro e alla redazione di Panorama», argomenta Malan, «per l’incredibile vicenda della condanna. Una sorta di lesa maestà delle Ong. La Costituzione tutela la libertà di espressione e queste Ong hanno spesso dichiarato, anche in audizioni in Parlamento, le motivazioni ideologiche e politiche nella loro attività di raccogliere migranti per farli sbarcare in Italia. Se è punibile usare un’espressione, chiaramente evocativa e non letterale, per criticare determinate posizioni politiche, cessa la possibilità di discussione degna di un Paese libero e democratico». Sulla stessa lunghezza d’onda tanti altri esponenti di Fdi, tra i quali il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro e i parlamentari Sara Kelany, Grazia Di Maggio, Emanuele Loperfido, Alessandro Amorese, Paolo Marcheschi, Riccardo De Corato.
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Maurizio Landini e Rosy Bindi (Ansa)
L’iniziativa con cui scende in campo il sindacato di Maurizio Landini, oggi presso l’Istituto Luigi Sturzo, in via delle Coppelle a Roma «vede coinvolte tantissime associazioni e organizzazioni, a partire da Acli, Anpi, Arci, Libera», come spiega il Comitato, «ed è aperta a tutte le realtà e le personalità della società civile, e ai singoli cittadini che vogliono partecipare e dare un contributo per respingere la legge Nordio». Obiettivo della conferenza stampa illustrare ruoli e funzioni del Comitato, presentate le ragioni, i contenuti e i valori che saranno portati avanti nella campagna referendaria «per fermare il tentativo di colpire l’autonomia e l’indipendenza della magistratura, minando l’equilibrio e il bilanciamento dei poteri disegnato dalle madri e dai padri costituenti». Il Comitato «A difesa della Costituzione e per il No al referendum», già attivo da alcune settimane, per «sensibilizzare l’opinione pubblica sui rischi derivanti dalla riforma costituzionale sulla separazione delle carriere e sull’importanza di preservare l’attuale sistema di garanzie a tutela dei diritti dei cittadini» ha scelto una figura che da anni sostiene di non voler fare più politica e di essersi allontanata dal Pd, Rosy Bindi. Accanto a lei, nel comitato in veste di presidente, anche Giovanni Bachelet, figlio di Vittorio Bachelet, assassinato dalle Brigate Rosse. Non mancano figure pubbliche note, come il premio Nobel Giorgio Parisi, Fiorella Mannoia e l’attore Massimiliano Gallo.
Intanto ieri pomeriggio, sempre nella Capitale, è nato il maxi comitato vicino al centrodestra che sostiene il sì al referendum sulla separazione delle carriere. Si chiama «Sì Riforma» ed è promosso da magistrati, componenti di organi rappresentativi delle giurisdizioni, docenti universitari e avvocati. L’obiettivo è sostenere le ragioni della riforma, che prevede la separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri, l’istituzione di una Corte disciplinare per i magistrati e il sorteggio dei componenti del Consiglio superiore della magistratura. La professione forense è rappresentata ai più alti livelli, dal presidente Cnf Francesco Greco, dal consigliere Vittorio Minervini, che è anche vicepresidente della Fondazione avvocatura italiana, dal coordinatore di Ocf Fedele Moretti e dai presidente delle Camere civili, Alberto Del Noce. Tra i 33 firmatari del Comitato anche Luigi Salvato, che fino a pochi mesi fa ha ricoperto la carica di procuratore generale della Cassazione, e Nicolò Zanon (professore ordinario di Diritto costituzionale ed ex vicepresidente della Corte Costituzionale). Il ruolo di portavoce del comitato è stato attribuito ad Alessandro Sallusti.
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