2024-05-27
Nello Musumeci: «Vieteremo nuove case nei territori più a rischio»
Nello Musumeci (Imagoeconomica)
Il ministro: «Non accuso gli abitanti dei Campi Flegrei, anch’io vivo ai piedi dell’Etna. Ma molte autorizzazioni non andavano date. E i sindaci devono informare sui pericoli».«Ciò che sta facendo questo governo per tentare di ridurre l’esposizione ai rischi naturali nei Campi Flegrei non ha precedenti. Dopo anni di silenzi della classe politica, a tutti i livelli, che in passato ha sempre preferito voltarsi dall’altra parte, ci muoviamo concretamente per salvare il salvabile di un territorio vulnerabile». Nello Musumeci, ministro della Protezione civile e politiche del mare, racconta il nuovo piano del governo per salvare quel pezzo d’Italia a ridosso del Vesuvio, e risponde alle accuse che arrivano dagli amministratori campani: «Non ho mai detto che la colpa è dei cittadini che vivono in quelle zone: loro sono i penalizzati. Semmai la responsabilità è di quei politici che in passato hanno autorizzato la devastazione di quelle terre, lasciando costruire case persino sulla bocca del vulcano. Hanno fatto affari, noncuranti della gente».La terra trema ancora nelle ultime ore. Scosse avvertite a Pozzuoli, Arco Felice, Bagnoli, Quarto e Agnano. «Stiamo monitorando costantemente la situazione. Secondo gli esperti lo sciame sismico potrebbe proseguire per mesi, così come potrebbe esaurirsi. Purtroppo è un fenomeno sul quale la scienza non è ancora nelle condizioni di fare previsioni precise, quindi dobbiamo convivere con questi rischi: bradisismico, sismico e vulcanico. Dunque serve una convivenza “vigile”».E piani di evacuazione?«Il piano di evacuazione è previsto in ogni Piano comunale di protezione civile, e dunque non è una novità neppure nei Campi Flegrei. Ogni comune deve averlo tra i suoi strumenti di prevenzione. Noi abbiamo previsto un piano di “allontanamento”, chiamiamolo così, in particolare per il rischio bradisismico, che riguarda tre comuni: Pozzuoli, Bacoli e alcune municipalità di Napoli. Non era mai stato scritto, è stato appena redatto in questi mesi, è previsto dal nostro decreto legge e va testato».Non c’è il rischio che questi piani restino sulla carta?«Dipende da chi li gestisce. Il piano di allontanamento viene elaborato sul piano tecnico, e dev’essere reso noto agli abitanti. In caso di necessità il cittadino deve conoscere in anticipo i comportamenti da adottare. Le istituzioni non possono prenderti per mano e portarti al sicuro, ma offrire tutti gli elementi per renderti autoresponsabile».L’hanno attaccata per una frase: «Chi ha scelto di vivere nell’area dei Campi Flegrei sapeva di vivere in un’area difficile che presenta rischi». Ha dato la colpa agli abitanti?«Come potrei? Ho detto una cosa scontata. Da duemila anni si sa che lì la terra trema. Il punto è questo: perché le classi dirigenti, da Roma in giù, non hanno imposto una pianificazione urbanistica compatibile con la complessità dei rischi naturali esistenti? Perché ai cittadini è stata negata una adeguata informazione di prevenzione per renderli consapevoli del rischio reale di quei territori? La classe politica ha taciuto o minimizzato per anni, e questa è la prima colpa».La seconda?«Aver autorizzato insediamenti abitativi in zone ad alto rischio, con un tasso di densità e di antropizzazione davvero disarmante. Posso capire le case dei primi del Novecento, ma non è accettabile che nel dopoguerra si sia pianificato di costruire persino nella caldera di un vulcano attivo. È incredibile che ancora oggi esistano case popolari sul quel cratere, e alcune palazzine oltretutto abusive, per le quali la magistratura ha già disposto la demolizione».Perché i Campi Flegrei sono un problema irrisolto?«Si sono fatti affari sulla pelle dei cittadini, ci sarebbe molto materiale per il giornalismo di inchiesta. Parlo delle speculazioni edilizie, dei condizionamenti, soprattutto tra gli anni Cinquanta e Ottanta, e non soltanto nei Campi Flegrei».E la criminalità?«Non conosco in maniera specifica la realtà del napoletano, ma è noto a tutti come negli anni del boom economico, le organizzazioni criminali abbiano giocato un ruolo attivo in molte parti del Sud. La mafia va dove ci sono flussi di denaro, ed è per questo che ai commissari straordinari per la ricostruzione raccomandiamo oggi la massima attenzione, per impedire non solo le infiltrazioni criminali, ma anche le furbizie sempre in agguato. Ricostruire una casa distrutta dalla calamità non significa approfittarne per aggiungere un piano in più».Dunque è impossibile strappare quella gente al suo territorio?«Lo Stato non può obbligare quelle persone a lasciare la loro terra. Comprendo bene quanto sia difficile spezzare il vincolo identitario che lega un cittadino al suo territorio, al contesto paesaggistico, al dialetto, alla tomba dei morti e alla presenza dei vivi. Bisogna però rendere quelle zone quanto più sicure possibile, tenendo conto che il rischio zero non esiste».«Non facciamo demagogia», tuona il governatore De Luca.«Sono d’accordo con lui, non facciamo demagogia e nemmeno assolviamo quelle classi dirigenti che da Roma a Napoli, fino ai più piccoli comuni, sono stati artefici o rimasti inerti spettatori del massacro di un bellissimo e fragile territorio».Gli attuali amministratori locali hanno parte di responsabilità?«Le responsabilità sono del passato e non è compito mio cercarne altre. Di fronte a una situazione così delicata, il governo nazionale, per stile e non per moda, ha il dovere di interloquire con tutti, senza mai raccogliere provocazioni. Io mi occupo di proporre con i dipartimenti competenti gli interventi per la prevenzione strutturale e non. Ho appena discusso con il presidente Meloni di ulteriori azioni rispetto a quelle che abbiamo varato nell’ottobre scorso».Già, parliamo del nuovo piano del governo. Un fondo di 500 milioni, da utilizzare in che modo?«Prima bisogna definire l’entità degli edifici pubblici e privati su cui intervenire, valutarne la vulnerabilità sismica. E poi quantifichiamo le risorse necessarie. Noi pensiamo di partire risanando le scuole, i municipi, gli istituti carcerari, le infrastrutture pubbliche strategiche e il patrimonio privato, a cominciare dalle case che ricadono nel perimetro di maggiore esposizione al rischio».Vieterà nuove costruzioni in zone di pericolo?«Se un’area vulnerabile è fortemente urbanizzata è chiaro che non si può continuare a costruire mentre si preparano piani di allontanamento. Il governo, con una propria norma, impedirà nuovi insediamenti, in attesa che la regione possa legiferare, avendo una specifica competenza in maniera urbanistica».L’assessore regionale campano dice che il divieto è inutile, «sono sufficienti i piani urbanistici dei comuni».«Peccato che alcuni comuni abbiano già previsto centinaia di nuovi insediamenti. Il mio compito è dare obiettivi: come arrivarci è compito dei tecnici. Ribadisco: per il governo in certe aree non debbono più nascere nuove case».Ci saranno incentivi per chi vuole traslocare?«In questi giorni alcuni cittadini di quelle zone hanno notizie su eventuali sostegni alle delocalizzazioni. È uno strumento di prevenzione, lo stiamo già facendo ad Ischia. Stiamo valutando in queste ore se sostenere con contributi chi vuole lasciare una zona per spostarsi in un’area meno esposta. Ovviamente dovrà trattarsi della prima casa e non dev’essere un’abitazione abusiva».Il sostegno si concretizzerà attraverso il sismabonus?«Se la casa non è a norma antisismica, lo Stato ti consentirà di restarci, aiutando a consolidare l’abitazione per renderla più resistente. Lo farà con un contributo, anche se non si chiamerà “sismabonus”. Avrà caratteristiche diverse, nelle modalità e nelle procedure».Il sindaco di Bacoli chiede sicurezza e non «elemosine per andare via dai Campi Flegrei».«Il dovere dei sindaci è gestire con responsabilità il tessuto urbanistico del proprio comune, senza nascondere ai cittadini i rischi con cui devono convivere. Io vivo ai piedi dell’Etna, ma sono consapevole di abitare in un territorio a rischio vulcanico, e conosco quali comportamenti tenere in caso di necessità. Questo diritto all’informazione non è stato sempre consentito. E comunque un ministro non polemizza con i sindaci, spese se in campagna elettorale».Sui Campi Flegrei l’autonomia ha fallito?«Sicuramente ha fallito l’autonomia scolastica, visto che in Giappone già a partire dai 5 anni i cittadini sono perfettamente informati delle condotte da tenere in caso d’emergenza. Quanto all’autonomia politica, è mancata una corretta lettura del territorio. E poi c’è un dato presente nel codice genetico degli italiani: siamo un popolo non propenso alla prevenzione dei rischi naturali. Abbiamo avuto oltre centomila morti nel Novecento, ma i disastri non hanno mai rappresentato un insegnamento. Una volta asciugate le lacrime, purtroppo si procede sempre con la rimozione della memoria».È rimasto colpito dalla polemica politica?«Figuriamoci, sono abituato a tutte le esperienze. Provengo dal Msi. Ai miei tempi ci veniva impedito fisicamente di scendere in piazza, non mi faccio certo intimorire dal legittimo scontro dialettico. Spero solo che almeno il terremoto venga tenuto fuori dalla campagna elettorale. Ma questo non dipende da me, bensì dalla sensibilità istituzionale di altri».