2021-01-08
Tracollo delle vendite al dettaglio. E da noi i negozianti devono far fronte all'ennesimo lockdown e ai finti sconti del fisco.Imprese letteralmente messe in mezzo, prese in sandwich tra Covid, incertezza creata dallo Stato, crollo dei consumi. Più la spada di Damocle di alcune decine di milioni di atti pendenti da parte dell'Agenzia delle entrate. È questa la situazione che espone le Pmi a rischi letali: un mix che può condurre a uno tsunami di chiusure e fallimenti nel prossimo semestre. Intanto, c'è l'incertezza normativa a dominare. Per un verso, si attende un nuovo dpcm, del quale si inizierà a discutere in questo fine settimana per farne scattare gli effetti dal 16 gennaio. L'aria che tira a Palazzo Chigi è ancora quella di un regime di chiusura stretto: si prospettano addirittura il divieto di spostamento tra regioni fino a fine mese, il rinnovo del coprifuoco serale, una revisione restrittiva dei 21 parametri (in particolare dell'Rt) che potrebbe rendere «arancioni» molte regioni altrimenti «gialle» e una proroga delle chiusure di palestre, piscine, cinema, teatri. Per altro verso, si attende anche un ennesimo decreto ristori che dovrebbe prevedere un ulteriore scostamento da 20 miliardi (La Verità ne ha scritto ieri in dettaglio), più misure per affrontare la famigerata questione delle cartelle.Il problema è proprio la combinazione dei due provvedimenti: se il secondo è un piccolo cerotto, il primo aggrava e approfondisce la ferita di un'economia bloccata. Se mi tieni ancora chiuso, la mia situazione non potrà che peggiorare, in prospettiva. E, a questo punto, è proprio il paradigma scelto dal governo che non convince: come si può pensare di mantenere vivo un tessuto produttivo distribuendo qualche spicciolo di sussidi, ma di fatto impedendo una vera riapertura? A maggior ragione nel momento in cui sembra allungarsi a dismisura l'arco temporale dell'operazione vaccini, sembra surreale pensare di tenere l'economia ferma per altri 10-12 mesi: dunque, la discussione dovrebbe vertere su ragionevoli protocolli di riapertura. E invece questo capitolo resta ancora tabù. Intanto, i dati Eurostat già certificano una situazione disastrosa del commercio al dettaglio: a novembre il volume è calato del 6,1% nell'Eurozona rispetto a ottobre 2020. Sempre nell'Eurozona, a novembre, a confronto con ottobre, il commercio al dettaglio è crollato del 10,6% per i carburanti per autoveicoli, dell'8,9% per i prodotti non alimentari, e dell'1,7% per alimenti, bevande e tabacco. Dicevamo che resta l'altra incognita di quasi 50 milioni di atti dell'Agenzia delle entrate che al momento non sono stati più bloccati (l'ultimo stop, deciso a metà ottobre, è terminato il 31 dicembre). Solo dei marziani possono ritenere che, dopo un simile anno di crisi, e a maggior ragione nella situazione di lockdown strisciante in cui ci troviamo, gli italiani abbiano la liquidità per far fronte a questa botta. Che sarebbe per molte famiglie e imprese il colpo di grazia. La cosa surreale è che a subire l'arrivo delle cartelle potrebbero essere, in larga misura, le stesse categorie teoricamente destinatarie di minime misure di cosiddetto «ristoro»: dunque, lo Stato con una mano dà qualcosa e con l'altra si riprende molto di più. E non finisce qui. Intanto, chi ha usufruito di una sospensione dall'8 marzo scorso al 31 dicembre (rateizzazioni in corso sospese, cartelle sospese, eccetera) dovrà versare tutto entro il mese successivo alla scadenza del periodo di sospensione, dunque entro il 31 gennaio prossimo. E già qui non si capisce perché non si sia almeno deciso di far slittare in avanti tutto il piano di sospensione. Stesso discorso per le rottamazioni, naturalmente. E poi scatta tutto il resto, ad esempio le eventuali rate Iva il cui pagamento sia stato saltato da un'impresa in questo terribile 2020. La scorsa settimana, il viceministro grillino Laura Castelli, prima in un'intervista e poi in un post su Facebook, ha promesso che il prossimo decreto Ristori si occuperà del tema. Per il momento, e non si comprende perché, nulla sarebbe previsto per eventuali scadenze saltate nel 2020 (rate Iva, eccetera). Si parla invece di un ipotetico saldo e stralcio per gli anni precedenti. Ma, se non si rivede il limite Isee fissato a 20.000 euro, il rischio è di toccare solo una piccola parte del problema. Servirebbe invece una misura onnicomprensiva, la più larga ed estesa possibile, capace di abbracciare tutti i contribuenti interessati, e che arrivi fino al 2020. La filosofia dovrebbe essere quella di tranquillizzare tutti, dando certezze ragionevolmente rispettabili sia ai cittadini sia all'amministrazione fiscale. La Lega ha proposto da tempo una sorta di concordato preventivo di massa tra cittadini e amministrazione. Un'alternativa potrebbe essere l'eliminazione delle sanzioni e una nuova rateizzazione (possibilmente spalmata su tempi lunghissimi, oltre il limite dei dieci anni) dal 1° gennaio 2022, dando dunque un tempo adeguato per organizzarsi ed essere in grado di pagare. Ma la sensazione è che più di qualcuno, a Roma, o non abbia capito o faccia finta di non aver compreso la drammaticità della situazione.
(Getty Images)
Dopo 90 anni al timone, cessione da 3 miliardi. Il governo può valutare il golden power.
Ansa
Dieci anni fa scoppiò il Dieselgate, la truffa di Volkswagen sulle emissioni scoperta dagli statunitensi, già in guerra commerciale con Berlino. Per riprendersi, l’azienda puntò sull’elettrico e ottenne il sostegno di Ursula. Ma ad approfittarne sono stati i cinesi.
Alice Weidel (Ansa)
I Maga sfidano le censure del Vecchio continente: la vice di Alice Weidel e un militante escluso dalle elezioni per sospetti sulla sua «lealtà alla Costituzione» vanno a Washington dai funzionari di Marco Rubio e di Jd Vance.
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Il presidente di Unimpresa: «Va data sicurezza alle transazioni delle pmi che operano in più valute. L’Occidente imponga standard di qualità contro la concorrenza sleale».