2020-12-09
Nell'era Ricciardi tagliati due enti anti pandemia
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Tra le poche certezze che abbiamo riguardo la pandemia di coronavirus, c'è il fatto che l'Italia è arrivata totalmente impreparata ad affrontare l'emergenza. Come noto, non avevamo un piano pandemico aggiornato, questione su cui sta indagando la Procura di Bergamo, e su cui sarebbe lecito aspettarsi un commento del ministro della Salute, Roberto Speranza. Il nostro piano era fermo al 2006, un'era geologica precedente al tempo dell'informazione virale e delle grandi epidemie.Non è tutto, però. Nel corso degli anni, abbiamo fatto in modo di eliminare quasi scientificamente una serie di difese che ci avrebbero consentito, per lo meno, di non brancolare del tutto nel buio quando il tifone è arrivato. Come ha notato già ad aprile l'approfondito sito Sanità Informazione, «negli ultimi dieci anni sono stati chiusi il Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute (Cnesps), il gruppo Epico e il Centro Interuniversitario per la ricerca sull'influenza e le altre infezioni trasmissibili (Ciri-It)».Si tratta di enti sconosciuti ai più, che qualcuno deve avere giudicato inutili negli anni. Però, a quanto risulta, non lo erano affatto. Di che cosa si occupavano questi due istituti? Presto detto: di <prevenzione, sorveglianza e controllo delle malattie infettive> e di fornire supporto tecnico scientifico a Regioni e ministero della Salute. Cose che, col senno di poi, ci sarebbero state particolarmente utili al momento dell'esplosione della bomba covid.Come ha spiegato bene Sanità Informazione, «nel Cnesps un ruolo importante lo giocava il "Gruppo Epico" che, nel novembre 2006, aveva creato un modello matematico-organizzativo "per attuare, in caso di pandemia, gli interventi medici e sociali necessari a fronteggiare l'emergenza". Un modello "in grado di approfondire gli aspetti legati all'eventuale diffusione di una nuova pandemia non solo in termini di casi attesi, ma anche valutando l'impatto degli interventi delineati nel nuovo Piano nazionale di preparazione e risposta a una pandemia influenzale"».Tra le principali funzioni di questo istituto, lo abbiamo accennato, c'era quella di fornire supporto a Regioni e ministero, che infatti nei mesi scorsi non hanno avuto rapporti esattamente idilliaci. Su questo punto ha insistito molto Stefania Salmaso, ex direttrice del centro (ne lasciò la guida nel 2015). In un editoriale pubblicato su Epidemiologia e prevenzione (e ripreso qualche tempo fa dal Fatto quotidiano), la Salmaso ha scritto: «La risposta alla epidemia non si giova di una gestione frammentaria di venti regioni che non dialogano, non si scambiano in modo strutturato le esperienze, e non condividono strumenti, metodi, successi e insuccessi, il programma di formazione in epidemiologia applicata, coordinato per molti anni dall'Iss, era fondamentale per parlare tutti lo stesso linguaggio».Insomma, a quanto pare tra il 2015 e il 2018 l'Italia ha tagliato risorse che si sarebbero potute rivelare fondamentali. Tutto questo, ovviamente, è avvenuto nell'ambito di una razionalizzazione delle spese dell'Istituto superiore di sanità, contro cui protestarono diversi esperti. Molti di loro lavoravano per il Cnesps e nel 2015 firmarono una lettera in cui criticavano pesantemente la riorganizzazione in atto. Notavano, tra le alte cose, come «per alcune strutture siano prefigurati cambiamenti importanti, senza un'accurata valutazione delle implicazioni positive e negative di tali cambiamenti. Il rischio di quest'operazione è che si disperda un enorme patrimonio di competenze maturato negli anni, senza per contro avere certezza di un effettivo vantaggio.Quando preoccupazioni come quelle sopra descritte vengono manifestate da ricercatori e tecnici non è utile metterle a tacere, ma al contrario sarebbe auspicabile favorire la più ampia discussione possibile».Ma chi c'era alla guida dell'Iss in quegli anni? Chi si occupò della riorganizzazione? Un signore di nome Walter Ricciardi. Nel 2014 divenne commissario dell'Istituto superiore di sanità, e ne assunse la guida in qualità di presidente nel 2015, rimanendo al vertice fino al 2019. Chissà, magari se all'epoca avesse considerato maggiormente i rilievi degli specialisti che lo contestavano, all'inizio della pandemia avremmo avuto qualche arma in più per difenderci.
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)