2018-05-22
Uno studio Deloitte disegna il panorama mondiale della moda e della gioielleria. Per presenze battiamo gli altri Paesi, ma il fatturato medio è di 1,4 miliardi contro i 5 della Francia. Pechino cresce con i gioielli.L'Italia è una potenza nel settore del lusso. A dirlo è il «Global powers of luxury goods», lo studio di Deloitte che esamina e classifica le 100 maggiori aziende del settore «fashion & luxury» a livello globale. Secondo l'indagine (che fa riferimento ai bilanci 2016) il giro d'affari delle 100 più grandi aziende di beni di lusso al mondo nel 2016 si è fermato a quota 217 miliardi di dollari, con una media di 2,2 miliardi per società. Tra i primi cinque colossi a livello globale troviamo già una realtà italiana. Dopo - Lvmh, Moët, Hennessy, Louis vuitton, The Estée Lauder companies e Compagnie financière richemont, in quarta posizione c'è Luxottica seguita da Kering. Il mercato, va detto, è molto concentrato tra le prime posizioni. Le vendite aggregate delle multinazionali del lusso che occupano le prime dieci posizioni della classifica stilata da Deloitte rappresentano quasi la metà del totale (47,2%). In parole povere, su 217 miliardi realizzati da 100 aziende, ben 102,4 vengono fatturati dalle prime dieci aziende dello studio. Ma, la vera grandezza del nostro Paese nel mondo del lusso si può vedere nella classifica delle prime 100 aziende per fatturato. Complessivamente, le aziende italiane del settore realizzano il 16% dei ricavi totali globali. Come spiega Deloitte, l'Italia si conferma Paese leader nel settore con una presenza - la più alta al mondo - di 24 tra le 100 aziende che costituiscono la graduatoria. Sempre il nostro Paese, poi, ospita il maggior numero di aziende (6 su 20) con il tasso di crescita composto più elevato, tra le quali spiccano Valentino e Furla.Secondo lo studio, però, l'Italia non ha solo luci, ma anche qualche ombra. Il problema maggiore è quello della dimensione: il perimetro medio delle aziende italiane è infatti pari a 1,4 miliardi di dollari. Decisamente meno rispetto al secondo maggior Paese in termini di presenza nel settore: la Francia, che in termini di fatturato ha il 24,3% del mercato mondiale contro il nostro 15,6%. Le società transalpine in media hanno ricavi per 5,8 miliardi, oltre tre volte il risultato italiano. Il confronto, purtroppo, non regge nemmeno con la Svizzera (ricavi medi per 3,1 miliardi) e con gli Stati Uniti (3,5), altro grande attore del mercato. In termini di volume medio, se non altro, i gruppi italiani nel 2016 hanno battuto per ricavi la Spagna (741 milioni), la Germania (886 milioni) e il Regno Unito (1,1 miliardi), inserendo nel proprio mirino le multinazionali con sede in Cina.La Cina infatti, ogni anno che passa si sta confermando sempre di più un Paese di riferimento. Tanto per cominciare su 100 gruppi analizzati, nove provengono dal dragone cinese. Il problema è che già oggi ognuno di questi colossi fattura in media 1,9 miliardi di dollari in un anno, superando non di poco i numeri delle società italiane. A oggi la Repubblica Popolare detiene l'8% del mercato mondiale, avvicinandosi sempre di più alla Svizzera (che ha il 13% del mercato) e avendo superato da tempo Germania (2%), Spagna (1,4%) e Regno Unito (5,2%).Ma anche la Cina ha i suoi problemi. Il fatturato 2016 delle società del settore è crollato del 9,4% rispetto ai valori del 2015. Su nove aziende cinesi presenti all'interno dell'indagine, otto appartengono al mondo della gioielleria e dell'orologeria, un settore che nel 2016 ha sofferto non poco. Non tutte le aree del lusso, infatti, hanno avuto lo stesso successo. Guardando alle categorie prodotto delle 100 aziende analizzate da Deloitte, il comparto orologi e gioielleria è quello che ha perso più terreno con una flessione del 4%. Si registra invece una lieve crescita per il settore dell'abbigliamento e delle calzature (0,2%), e per borse e accessori (3,4%). Notizie positive anche per il settore cosmetica e profumeria che ha messo a segno una crescita del 7,6%. Il settore, insomma, è in crescita e l'Italia si conferma un attore importante. L'artigianalità italiana è e resta un valore da preservare che per ora ci rende il Paese più presente in un settore in crescita. «La crescita per il mercato dei beni di lusso continuerà», spiega Patrizia Arienti, esperta di Deloitte del mondo del lusso per Europa, Africa e Medioriente. «In futuro, la maggiore sfida che le aziende del lusso del nostro Paese saranno chiamate ad affrontare sarà essere in grado di coniugare tradizione ed esclusività del prodotto con strategie e modelli di business innovativi». Ci riusciremo? Per ora i presupposti ci sono tutti.
Ansa
Fabiano Mura, astro nascente della Cgil, aveva denunciato un’aggressione con tanto di saluti romani e skinhead rasati In piazza per lui scesero Salis, Landini e Orlando. Ma non era vero niente. E ora farà quattro mesi di servizi socialmente utili.
Quella mattina del 15 aprile una notizia che sembrava uscita da un film di denuncia sociale aveva scosso Sestri Ponente. L’ex segretario genovese della Fillea Cgil, Fabiano Mura (in quel momento tra gli astri nascenti del sindacalismo locale e ancora in carica), aveva raccontato di essere stato aggredito da due estremisti di destra («uno con la testa rasata») mentre si recava su un cantiere per incontrare degli operai ai quali avrebbe dovuto parlare del referendum su lavoro e cittadinanza dell’8 e 9 giugno. Gli ingredienti suggestivi, a dieci giorni dal 25 aprile (e a un mese dalle urne referendarie), c’erano tutti: la tensione ideale, la ferita simbolica inflitta al mondo del lavoro, i saluti romani, gli insulti e pure la fuga disperata fino alla sede del sindacato e poi in ospedale (dove Mura rimediò un certificato con cinque giorni di prognosi).
Nel riquadro, il chirurgo Ludwig Rehn (IStock)
Il medico tedesco Ludwig Rehn riuscì con successo a suturare il ventricolo di un paziente accoltellato che sopravvisse all'intervento, eseguito senza gli strumenti della cardiochirurgia moderna.
Non c’era più tempo per il dottor Ludwig Rehn. Il paziente stava per morire dissanguato davanti ai suoi occhi. Era il 7 settembre 1896 e il medico tedesco era allora il primario di chirurgia dell’ospedale civile di Francoforte quando fu chiamato d’urgenza per un giovane giardiniere di 22 anni accoltellato nel pomeriggio e trovato da un passante soltanto ore più tardi in condizioni disperate. Arrivò di fronte al dottor Rehn solo dopo le 3 del mattino. Da questo fatto di cronaca, nascerà il primo intervento a cuore aperto della storia della medicina e della cardiochirurgia.
Il paziente presentava una ferita da taglio al quarto spazio intercostale, appariva pallido e febbricitante con tachicardia, polso debole, aritmia e grave affanno respiratorio (68 atti al minuto quando la norma sarebbe 18-20) aggravato dallo sviluppo di uno pneumotorace sinistro. Condizioni che la mattina successiva peggiorarono rapidamente.
Senza gli strumenti diagnostici odierni, localizzare il danno era estremamente difficile, se non impossibile. Il dottor Rehn riuscì tuttavia ad ipotizzare la posizione del danno mediante semplice auscultazione. La ferita aveva centrato il cuore. Senza esitare, decise di intervenire con un tamponamento cardiaco diretto, un’operazione mai provata precedentemente. Rehn praticò un’incisione di 14 cm all’altezza del quinto intercostale e scoprì la presenza di sangue scuro. Esplorò il pericardio con le mani, quindi lo aprì, esponendo per la prima volta nella storia della medicina un cuore attivo e pulsante, seppur gravemente compromesso e sanguinante. Tra i coaguli e l’emorragia Rehn individuò la ferita da taglio all’altezza del ventricolo destro. Il chirurgo operò una rapida sutura della ferita al cuore con un filo in seta, approfittando della fase di diastole prolungata a causa della sofferenza cardiaca. La sutura fu ripetuta tre volte fino a che l’emorragia si fermò del tutto e dopo un sussulto del cuore, questo riprese a battere più vigoroso e regolare. Prima di richiudere il torace, lavò il cuore ed il pericardio con soluzione idrosalina. Gli atti respiratori scesero repentinamente da 76 a 48, la febbre di conseguenza diminuì. Fu posto un drenaggio toracico che nel decorso postoperatorio rivelò una fase critica a causa di un’infezione, che Rehn riuscì tuttavia a controllare per l’efficacia del drenaggio stesso. Sei mesi dopo l’intervento il medico tedesco dichiarava: «Sono oggi nella fortunata posizione di potervi dichiarare che il paziente è ritornato in buona salute. Oggi è occupato in piccole attività lavorative, in quanto non gli ho al momento permesso nessuno sforzo fisico. Il paziente mostra ottime prospettive di conservazione di un buono stato di salute generale».
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Roberto FIco (Ansa)
Ha il gozzo ormeggiato alla banchina gestita dall’Aeronautica e in mare è seguito da vistose imbarcazioni delle Forze dell’ordine.
Roberto Fico e la sua barca, anzi barchetta, anzi gozzo, anzi gozzetto: da settimane la politica campana e nazionale si sta dedicando alla imbarcazione dell’ex presidente della Camera, candidato alla guida della Regione Campania per il centrosinistra allargato. La Verità è in grado di raccontare per filo e per segno questa storia, correggendo una serie di imprecisioni che sono state riportate, e aggiungendo particolari gustosi che i diportisti napoletani conoscono benissimo. E’ bene ribadire sin da ora che nulla di quello che raccontiamo è illegale o illegittimo: si tratta solo di mettere in luce che i proclami dei sedicenti «anticasta» spesso non corrispondono ai comportamenti individuali. Punto primo: la barca che veniva ormeggiata presso l’area della banchina di Nisida gestita dall’Aeronautica militare, a quanto ci risulta, non sarebbe il «Paprika», il cabinato la cui foto ha fatto il giro dei media italiani con Fico a bordo, bensì un gozzo in legno scoperto, di colore blu, senza cabine e con un albero al centro. Non sappiamo se Fico abbia successivamente acquistato un’altra barca più grande, ma non è questo il tema.
Volodymyr Zelensky (Ansa)
Scandalo nel settore energetico: tangenti per 100 milioni ai funzionari della società pubblica del nucleare. Cinque arresti. Volodymyr Zelensky perde la faccia. Mosca attacca: «Soldi europei sottratti dal regime ucraino». Berlino: «Preoccupati, ora vigileremo».
Un nuovo scandalo di corruzione travolge Kiev, mettendo in crisi la credibilità del governo nel pieno della guerra contro la Russia e accendendo le tensioni con gli alleati occidentali. Il presidente Volodymyr Zelensky ha chiesto e ottenuto le dimissioni del ministro della Giustizia German Galushchenko e della ministra dell’Energia Svitlana Grynchuk, dopo averli accusati di aver perso la fiducia necessaria per restare nei loro incarichi. La decisione è arrivata dopo settimane di tensioni e indagini sul sistema energetico nazionale, già sotto pressione per i bombardamenti e le difficoltà economiche.






