2018-06-12
Nel conflitto tra America e Cina una vera pace non serve a nessuno
Le due grandi potenze hanno interesse a mantenere divise le due Coree e a denuclearizzare quella del Nord. Per Kim Jong Un l'arsenale atomico è moneta di scambio per conservare il regime.L'incontro tra Kim Jong Un e Donald Trump è stato preparato a lungo dagli sherpa nordcoreani e statunitensi in modi almeno in parte condivisi con il leader cinese Xi Jinping e quello sudcoreano Moon Jae in. La bozza dell'accordo è stata secretata. Ma si può ipotizzare che il solo fatto che l'incontro avvenga indichi che un qualche accordo ci sarà.Ipotesi. Probabilmente l'accordo generale produrrà l'avvio di un (molto) graduale processo di pacificazione della penisola coreana, per altro già delineato negli incontri bilaterali tra Kim e Moon, con lo scopo di siglare un trattato di pace visto che Corea del Nord e del Sud sono ancora formalmente in guerra tra loro avendo siglato solo una sospensione della stessa nei primi anni Cinquanta. I due coreani hanno certamente l'interesse a stilare tale trattato. Ma Washington non vuole che la pacificazione arrivi al punto da eliminare i motivi della sua presenza militare nella Corea del Sud, utile come presidio anticinese e anche antirusso (Mosca ha aumentato i propri investimenti petroliferi e di controllo militare nell'area viciniore). E Pechino non vuole una Corea riunificata, con un mercato interno di 70 milioni di persone, storicamente ostile alla Cina e con una capacità nucleare indirizzabile in pochi minuti contro Pechino. Pertanto Cina e America hanno in comune l'interesse a mantenere divise le due Coree e a denuclearizzare quella del Nord. Ma tale coincidenza di interessi non è totale. Il pensiero strategico cinese, che opera su scenari di lunghissimo termine, da tempo mira all'inclusione della Corea del Sud, nonché di Giappone e Indonesia, entro il perimetro della «Greater China» cioè della sua sfera di influenza economica, quindi politica. Quello statunitense, più variato e meno preciso sugli obiettivi prospettici, comunque considera la pur remota possibilità di puntare i missili nucleari prodotti dai nordcoreani, in caso di una Corea riunificata, ma anche no, contro la Cina. E al pensiero strategico russo non sfugge l'opportunità di poter utilizzare l'arsenale nordcoreano per dissuasioni contro Cina, America e anche Giappone, motivo geopolitico che ha alimentato sospetti sul contributo tecnologico di Mosca al riarmo recente e piuttosto sofisticato di Kim. Ma se l'arsenale nordcoreano rimanesse operativo a medio e lungo raggio, allora il Giappone non esiterebbe a dotarsi di un deterrente nucleare, opzione che sta predisponendo riservatamente nonostante i problemi di consenso interno. La Cina vuole evitare che l'arsenale nordcoreano diventi una scusa per una nuclearizzazione di Tokyo in funzione anticinese. L'America vuole lo stesso per non perdere il controllo sul Giappone, ma deve rassicurare Tokyo. In questo risiko, quale vero accordo sarà quindi possibile? Mi occupai direttamente della questione nordcoreana e dintorni, fino al 2010, in veste di condirettore di Globis, University of Georgia, nei pressi di Atlanta, quando l'altro condirettore, Han Park, di origine coreana, volle rendere tale istituto luogo di dialoghi informali tra autorità nordcoreane, sudcoreane e statunitensi, nell'ambito di una missione di «Track 2 diplomacy» per aiutare i processi di pacificazione. Da quell'esperienza, parlando con i nordcoreani del regime allora guidato dal padre di Kim, Kim Jong Il, trassi la convinzione che questi erano consapevoli di non poter reggere a lungo un regime chiuso, ma che aprendolo alla pacificazione con i sudcoreani, e al mercato, nemmeno volevano disciogliere il regime stesso, come successo alla Germania Est e che per questo dovevano dotarsi di un potere di scambio e dissuasione che poi il giovane Kim, alla morte del padre, realizzò in forma di deterrente nucleare a raggio ampio. Pertanto penso che anche oggi i nordcoreani vedano il loro arsenale nucleare come moneta di scambio per mantenere il regime, dandogli un modello economico sostenibile. Quali scambi? A parte l'avvio graduale del trattato di pace tra le Coree, per soddisfare le priorità economiche di Kim e quelle di sicurezza di Moon, Trump, che vuole l'effetto mediatico per suoi fini interni, probabilmente chiederà a Kim solo l'abbandono rapido delle capacità nucleari di lungo e medio raggio che possono colpire America, Giappone e la base di Guam, lasciando tempo per quelle di breve raggio pur enfatizzando l'impegno a parole di una denuclearizzazione totale. In cambio offrirà aiuti economici, condizionati al rispetto dell'accordo. La Cina resterà silenziosa, cercando di sfruttare il ruolo di controllore di Kim per ridurre la pressione statunitense sui dazi, pronta a sabotare l'accordo se andasse in direzioni non volute. Il vero conflitto è tra America e Cina e fino a che questo durerà sarà difficile una vera pacificazione tra i rispettivi proxy coreani nonostante il loro rimarchevole sforzo per diventare indipendenti da usi strumentali nei giochi tra potenze. www.carlopelanda.com
Foto Pluralia
La XVIII edizione del Forum Economico Eurasiatico di Verona si terrà il 30 e 31 ottobre 2025 al Çırağan Palace di Istanbul. Tema: «Nuova energia per nuove realtà economiche». Attesi relatori internazionali per rafforzare la cooperazione tra Europa ed Eurasia.
Il Forum Economico Eurasiatico di Verona si sposta quest’anno a Istanbul, dove il 30 e 31 ottobre 2025 si terrà la sua diciottesima edizione al Çırağan Palace. L’evento, promosso dall’Associazione Conoscere Eurasia in collaborazione con la Roscongress Foundation, avrà come tema Nuova energia per nuove realtà economiche e riunirà rappresentanti del mondo politico, economico e imprenditoriale da decine di Paesi.
Dopo quattordici edizioni a Verona e tre tappe internazionali — a Baku, Samarcanda e Ras al-Khaimah — il Forum prosegue il suo percorso itinerante, scegliendo la Turchia come nuova sede di confronto tra Europa e spazio eurasiatico. L’obiettivo è favorire il dialogo e le opportunità di business in un contesto geopolitico sempre più complesso, rafforzando la cooperazione tra Occidente e Grande Eurasia.
Tra le novità di questa edizione, un’area collettiva dedicata alle imprese, pensata come piattaforma di incontro tra aziende italiane, turche e russe. Lo spazio offrirà l’occasione di presentare progetti, valorizzare il made in Italy, il made in Turkey e il made in Russia, e creare nuove partnership strategiche.
La Turchia, ponte tra Est e Ovest
Con un PIL di circa 1.320 miliardi di dollari nel 2024 e una crescita stimata al +3,1% nel 2025, la Turchia è oggi la 17ª economia mondiale e membro del G20 e dell’OCSE. Il Paese ha acquisito un ruolo crescente nella sicurezza e nell’economia globale, anche grazie alla sua industria della difesa e alla posizione strategica nel Mar Nero.
I rapporti con l’Italia restano solidi: nel 2024 l’interscambio commerciale tra i due Paesi ha toccato 29,7 miliardi di euro, con un saldo positivo per l’Italia di oltre 5,5 miliardi. L’Italia è il quarto mercato di destinazione per l’export turco e il decimo mercato di sbocco per quello italiano, con oltre 430 imprese italiane già attive in Turchia.
Nove sessioni per raccontare la nuova economia globale
Il programma del Forum si aprirà con una sessione dedicata al ruolo della Turchia nell’economia mondiale e proseguirà con nove panel tematici: energia e sostenibilità, cambiamento globale, rilancio del manifatturiero, trasporti e logistica, turismo, finanza e innovazione digitale, produzione alimentare e crescita sostenibile.
I lavori si svolgeranno in italiano, inglese, russo e turco, con partecipazione gratuita previa registrazione su forumverona.com, dove sarà disponibile anche la diretta streaming. Il percorso di avvicinamento all’evento sarà raccontato dal magazine Pluralia.
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Matteo Del Fante, ad di Poste Italiane (Ansa)
«Non esiste al mondo un prodotto così diffuso e delle dimensioni del risparmio postale», ha dichiarato Matteo Del Fante, amministratore delegato di Poste Italiane, a margine dell’evento «Risparmio Postale: da 150 anni la forza che fa crescere l’Italia», a cui ha presenziato anche il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. «Come l’ha definito il Presidente della Repubblica, si tratta di un risparmio circolare: sono 27 milioni i risparmiatori postali», ha spiegato ai giornalisti Dario Scannapieco, amministratore delegato di Cassa Depositi e Prestiti.
Donald Trump e Xi Jinping (Ansa)