2023-11-26
Ci dà dei negazionisti chi non è neppure capace di fare i conti
Il «Fatto» ci attacca perché riveliamo che nel Nord Europa dem ci sono più femminicidi. Usano altri dati, ma sbagliano i calcoli.Se c’è una cosa che abbiamo imparato quest’anno è che i compagni, quando sono in difficoltà, ti accusano di negazionismo. Con questo termine, spiega la Treccani, «viene indicata una corrente antistorica e antiscientifica del revisionismo la quale, attraverso l’uso spregiudicato e ideologizzato di uno scetticismo storiografico portato all’estremo, reinterpreta determinati fenomeni». Dare del negazionista a qualcuno, dunque, equivale a definirlo non solo ignorante, ma in malafede. E poi negazionista fa rima con fascista e nazista. Infatti, il termine si usa di solito contro chi nega la Shoah. In Austria, Belgio e Germania negare il genocidio del popolo ebraico è un reato e lo storico britannico David Irving, autore di una trentina di libri sulla storia della Seconda guerra mondiale, lo ha imparato a sue spese. Per aver messo in dubbio la pianificazione dell’Olocausto, nel 2005, appena giunto a Vienna, venne arrestato e condannato.Dunque, chi dà del negazionista a qualcuno, anche se non ha argomenti da usare, è già a metà dell’opera perché non deve dimostrare niente. Gli basta una parola per definire il suo interlocutore un imbroglione, che nega l’evidenza e manipola la realtà. In questo anno mi sono sentito accusare di negazionismo tutte le volte che ho portato cifre e dati che smentivano il pensiero comune. Non accomodandomi alla narrazione che vorrebbe il cambiamento climatico responsabile di qualsiasi esondazione e di ogni grandinata o settimana di siccità (dimostrando che, più del cambiamento climatico, sono colpevoli gli amministratori), mi hanno messo nella lista dei negazionisti e a un fine democratico è perfino venuta l’idea di applicare nei confronti miei e di altri l’arresto che in Germania si esegue con chi dice che i campi di concentramento non sono mai esistiti.Ieri, dopo quella riguardante il clima, mi è piovuta in testa una nuova accusa di negazionismo, ma questa volta per i femminicidi. La mia colpa? Aver riportato una ricerca di Openpolis, fondazione indipendente che si occupa di raccogliere dati e di metterli a disposizione gratuitamente, sulle donne assassinate in diversi Paesi d’Europa. La ricerca parlava chiaro: nonostante l’allarme registrato in questi giorni a seguito dell’uccisione di Giulia Cecchettin da parte dell’ex fidanzato, in Italia non si può parlare né di un fenomeno in crescita né dire che da noi si registrino più vittime che altrove. Tutto ciò punta a negare che molte, troppe donne, ogni anno vengano assassinate da uomini che dicono di amarle? No, significa soltanto non piegarsi ai vari allarmi e, soprattutto, non cedere alle derive di chi, approfittando in maniera ignobile dell’omicidio di una ragazza di 22 anni, sta imbastendo una campagna politica che ha come obiettivi la demonizzazione della famiglia tradizionale (con l’accusa di essere la stampella del patriarcato), l’introduzione dell’educazione sessuale pro gender a scuola (con il pretesto di insegnare l’affettività ai bambini) e la criminalizzazione del governo (qui non c’è bisogno di sotterfugi, perché i compagni trovano mille scuse per avercela con Giorgia Meloni).Ma sono bastati quattro dati e aver precisato che le donne vengono uccise anche in Paesi ritenuti emancipati come quelli del Nord Europa (anzi, di più), per finire nella lista dei negazionisti compilata dal Fatto Quotidiano. E allora sarà bene precisare ciò che a sinistra non vogliono sentire. Punto primo. La tabella di Openpolis da me usata nei giorni scorsi conteneva dati risalenti al 2018 ed è una delle più complete perché, a differenza di quelle più recenti, considera 24 Paesi. In essa si poteva notare con facilità che l’Italia registrava meno femminicidi che nella maggior parte d’Europa: nella classifica, infatti, noi apparivamo quintultimi, abbondantemente sotto la media Ue. C’è da rallegrarsi? Niente affatto, ma neppure ci si deve flagellare sostenendo che la nostra società è retrograda e patriarcale. Il Fatto Quotidiano preferisce una ricerca di Openpolis più recente che, però, include solo 15 Paesi e l’Italia, tra questi, risulta quartultima, sempre sotto la media Ue. E allora? Che cosa cambia? L’unica cosa notata dai colleghi impegnati in un’operazione di manipolazione della realtà è che la Svezia, civilissimo Paese dove le donne sono più emancipate e non soggette al sistema maschilista che ha partorito «il figlio sano di un sistema patriarcale e della cultura dello stupro» (sono le parole con cui la sorella di Giulia Cecchettin ha definito Filippo Turetta), è che Stoccolma sta dietro di noi nella classifica di quest’anno, mentre prima ci precedeva. Quindi? Che cosa si vorrebbe dimostrare? Che in Italia il patriarcato stupra e uccide le donne e in Svezia, invece, sono tutte rose e fiori perché le donne si sono liberate dal maschio? Beh, allora converrà ripassare un po’ di statistiche. A Stoccolma e dintorni, negli ultimi cinque anni, sono stati denunciati 42.936 casi di stupro, un dato che porta il Paese libero dal patriarcato in vetta alla classifica mondiale della violenza sulle donne. Nel solo 2022, i reati sessuali portati all’attenzione dell’autorità giudiziaria sono stati 24.000 e i casi di stupro 9.400. Rispetto al 2021, i femminicidi sono calati da 24 a 23 e questa forse è la ragione per cui al Fatto hanno gioito pensando che l’Italia, con 56 omicidi di donne del 2022 (il dato è preso da FemminicidioItalia.info), fa molto peggio della Svezia. Peccato che per capire perché 23 assassini siano percentualmente di più dei tantissimi femminicidi italiani basti rapportare i delitti alla popolazione. Gli abitanti della Svezia sono 10 milioni, quelli dell’Italia 60. Dunque, se moltiplicassimo per sei gli omicidi ai danni di persone di sesso femminile a Stoccolma e dintorni, ricaveremmo un dato che è più del doppio rispetto a quello italiano.Non va bene 56 contro 23? Si vogliono usare le statistiche Istat che parlano di 106 femminicidi? Prego. La Svezia, pur essendo un Paese progredito e non retrogrado come il nostro, in proporzione sta sempre davanti a noi. Quindi, chi vuol provare a dimostrare che, in quanto intrisa di cultura patriarcale, in Italia le donne rischiano di più spara numeri a casaccio.Come vedete, nei confronti di chi mi critica non ho usato il termine negazionismo e altre stupidaggini del genere. Mi basta, però, riportare una frase contenuta nel rapporto Onu sulle violenze contro le donne. «Nonostante siano leader mondiali in termini di uguaglianza di genere, i Paesi nordici presentano il “paradosso nordico”, con tassi di violenza da partner intimo (Ipv) contro le donne sostanzialmente più alti della media Ue: 32% in Danimarca, 30% in Finlandia, 28% in Svezia e 22,4% in Islanda, rispetto a una media del 22 %. Questa incongruenza evidenzia un’area critica della politica sociale che necessità di attenzione in regioni altrimenti note per norme in genere progressiste».Insomma, nel Nord Europa governerà la sinistra, ma fa peggio che nel resto della Ue.