2018-10-01
La generazione che non ha lavoro e non lo cerca costa all’Italia 21 miliardi
Sono oltre due milioni i ragazzi tra i 15 e i 29 anni che non studiano né lavorano, anche se hanno una laurea o un diploma in tasca. Siamo i peggiori in Europa con un esercito di nullafacenti che vale l'1,3% del Pil.Non studiano, non lavorano, non seguono percorsi di formazione. E, quel che è peggio, si sono arresi nella ricerca di un'occupazione. Arenati in un limbo di inattività cronica.Sono i Neet, acronimo anglosassone di «Not engaged in education, employment or training». In Italia il numero di questi giovani senza futuro è cresciuto a ritmi vertiginosi dal 2008, l'anno che ha segnato l'inizio della crisi economica. Attualmente nel nostro Paese sono circa 2 milioni 189.000 i ragazzi fra 15 e 29 anni ormai usciti dal sistema scolastico ma non ancora entrati nel mondo del lavoro. Si tratta del 24,1% del totale. Un esercito nullafacente che ha perso il treno dell'istruzione, che non contribuisce al sistema previdenziale e che pesa come un macigno sulla già debole ripresa economica italiana.I dati resi noti dall'Istat disegnano un Paese che, ancora una volta, segna il record di disoccupazione giovanile all'interno dell'Unione europea. Basti pensare che negli ultimi dieci anni i Neet di casa nostra sono aumentati del 5% circa. Uno spreco enorme: giovani, spesso in possesso di titoli di studio superiore, che dovrebbero rappresentare una risorsa per il Paese e invece non producono alcuna forma di reddito.All'interno della Ue la quota di Neet è mediamente ferma al 13,4%. Siamo la maglia nera d'Europa e la differenza con gli altri paesi del continente va via via peggiorando. Secondo i dati Ocse, infatti, in questa triste classifica noi siamo all'ultimo posto. Vicine a noi ci sono la Grecia (22,8%) e la Spagna (19,9%), dove, però, l'inversione di tendenza è già cominciata. La distanza con altri paesi è notevole, basti pensare che in Olanda i Neet sono solo il 7,5%.Se diamo uno sguardo oltre i confini del Vecchio Continente, la situazione non migliora. Sempre secondo i dati Ocse, nei paesi appartenenti a quest'area risultiamo ancora in fondo alla classifica. Peggio di noi fanno solo la Turchia (27%) e il Sud Africa (37,2%). Ma chi sono questi giovani estromessi dal sistema produttivo? Fino a dieci anni fa si trattava per lo più di ragazzi con titoli di studio bassi. Studenti stanchi di stare sui libri e poco interessati a crescere e a diventare competitivi. Oggi, soprattutto a causa della crisi economica, la situazione è diversa: sempre secondo l'Istat, il 25,5% dei Neet ha nel cassetto un diploma secondario superiore. Un altro 21,4% invece può vantare una laurea, che però evidentemente non basta per trovare un posto. Comunque la situazione, grazie alla lieve ripresa registrata negli ultimi mesi, sta leggermente migliorando. Tuttavia siamo ancora decisamente lontani da Paesi come Germania, Danimarca, Svezia o Olanda.L'identikit dei Neet tracciato dall'Istituto nazionale di statistica mette in luce come le difficoltà più grandi si incontrino nella fascia di età compresa fra 25 e 29 anni. Una volta terminati gli studi, anche quelli universitari, molti di questi giovani non riescono a mettere a frutto le loro abilità. E così il 31,5% finisce con l'abbandonare qualunque speranza. Fra i più giovani (15-19 anni) la quota dei Neet è invece più contenuta, registrando l'11,9%. Un altro 27,9% è di età compresa fra 20 e 24 anni. Ad avere la peggio sono le donne: fra loro la quota di Neet è del 26%, contro il 22,4% registrato per il sesso maschile. Anche in questo caso gli impedimenti più seri per entrare nel mondo del lavoro si registrano nelle aree del Mezzogiorno: al Sud i ragazzi che non studiano né lavorano sono più del doppio rispetto al Nord, la quota è rispettivamente del 34,4% e del 16,7%. Riguardo al Centro la percentuale media è del 19,7%. Secondo una ricerca Eurostat resa pubblica questa estate, è sempre il Belpaese, all'interno dell'Europa, a detenere il triste primato di zone con la più alta concentrazione di Neet. In cima alla classifica, infatti, ci sono quattro regioni italiane. Si tratta di Sicilia (30,9%), Campania (30,6%), Calabria (27,8%) e Puglia (27,7%). Record nel record per la provincia di Caltanisetta, dove il tasso di Neet è del 44,9%.Eppure la maggior parte di questi ragazzi vorrebbe lavorare. Semplicemente non riesce a trovare una collocazione e così, piano piano, si arrende e perde qualunque speranza. Basti pensare che proprio al Sud il 77% dei Neet si dichiara interessato a cominciare un percorso lavorativo, contro il 60,8% del Nord e il 67,5% del Centro.La presenza dei Neet crea grossi problemi all'economia del Paese. Sempre secondo l'Istat, il costo in perdita di produttività ha raggiunto quota 21 miliardi di euro (l'1,3% del Pil), e così la famiglia è chiamata a svolgere un generale ruolo di fattore di protezione per risorse e opportunità, mentre sono soprattutto le reti informali a incidere nel processo di ricerca e di collocazione. Come Ciro, appena laureato in Ingegneria meccanica, che trascorre la giornata a caricare il suo profilo di studi sui siti preposti alle candidature online, ma da un anno nessuna azienda sembra essersi accorta di lui. Per sbarcare il lunario insegna arti marziali. Oppure Laura che ha 29 anni, una laurea in Psicologia e un master in Psicoterapia. In attesa dell'occasione giusta fa la volontaria di Servizio civile per sentirsi utile almeno a sé stessa.L'universo dei Neet rappresenta quindi non solo un dramma ma anche un costo sociale insostenibile. Questo perché lo spreco di capitale umano qualificato riduce le prospettive di crescita, genera minori entrate fiscali e alimenta una più alta spesa sociale.
Giorgia Meloni al Forum della Guardia Costiera (Ansa)
«Il lavoro della Guardia Costiera consiste anche nel combattere le molteplici forme di illegalità in campo marittimo, a partire da quelle che si ramificano su base internazionale e si stanno caratterizzando come fenomeni globali. Uno di questi è il traffico di migranti, attività criminale tra le più redditizie al mondo che rapporti Onu certificano aver eguagliato per volume di affari il traffico di droga dopo aver superato il traffico di armi. Una intollerabile forma moderna di schiavitù che nel 2024 ha condotto alla morte oltre 9000 persone sulle rotte migratorie e il governo intende combattere. Di fronte a questo fenomeno possiamo rassegnarci o agire, e noi abbiamo scelto di agire e serve il coraggio di trovare insieme soluzioni innovative». Ha dichiarato la Presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni durante l'intervento al Forum della Guardia Costiera 2025 al centro congresso la Nuvola a Roma.
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