2023-07-08
Il muro di balle sul Covid comincia a cedere
Hanno provato in ogni modo a ostacolare l’avvio della commissione di inchiesta. Perfino con la ridicola scusa che non s’indaga sulle Regioni. Ma lo stato d’emergenza ha accentrato tutto nelle mani di governi e commissari.Per la memoria, in Italia si sono scatenate guerre civili. Non passa giorno senza che veniamo invitati a ricordare e vivificare qualche tragedia, attentato, omicidio o mistero. Fare memoria ci lacera, ma è obbligatorio. O, meglio, lo è sempre tranne che sulla più recente e inaudita delle ferite collettive: l’epidemia di Covid. Quei tre interminabili anni non bisogna ricordarli, anzi vanno rimossi il prima possibile, destinati all’oblio come un brutto sogno sudato da lavare via la mattina sotto la doccia.È bastata la proposta, avanzata parecchi mesi fa, di istituire una commissione di inchiesta sul Covid per scatenare i gendarmi della memoria sanitaria. Sulle prime pagine sono comparsi per settimane editoriali furenti, rabbiose opinioni di presunti esperti secondo cui indagare non si doveva, tantomeno tramite uno strumento di indagine parlamentare. Alcuni luminari sono stati addirittura convocati in aula delle attuali forze d’opposizione perché sostenessero l’inutilità della commissione e contribuissero ad allungarne i tempi di realizzazione. E costoro, ovviamente, si sono prestati.Sin dal primo giorno, non appena la proposta di cui è relatrice la combattiva Alice Buonguerriri di Fratelli d’Italia è approdata in Parlamento, il Partito democratico ha promesso feroce opposizione e minacciato ostruzionismo: impegni che, a differenza di tanti altri, sono stati mantenuti. Il percorso della norma che istituisce la commissione è stato lungo e parecchio travagliato, un parto difficile. Ma ecco che giovedì, finalmente, la Camera ha dato il primo via libera. E puntuali sono arrivati gli inviti a dimenticare, a seppellire, a passare oltre. Una sintesi efficace della linea smemorata l’ha fornita Massimo Ciccozzi, responsabile dell’Unità di Statistica medica ed Epidemiologia della Facoltà di Medicina e Chirurgia del Campus Bio-Medico di Roma. «Aveva un valore fare la commissione tempo fa», ha detto. «Ma il senso oggi di rinvangare il passato?». Beh, il senso è che il castello di balle costruito in tempo di pandemia non è ancora crollato, che continuiamo a spendere soldi per vaccini inutili, che ci sono ancora persone danneggiate condannate all’invisibilità, che sono stati commessi - nella migliore delle ipotesi - clamorosi errori che hanno svalutato l’intera classe medica, irrimediabilmente compromessa con i politici. Eccolo, il senso: è finito il can can mediatico, ma la macchina sanitaria è ancora operativa e si prepara al prossimo giro di giostra.Erano attese, ma rimangono patetiche, le intemerate di Giuseppe Conte e Roberto Speranza, i quali si sono scambiati pure un viscido abbraccio in aula. Conte gridava che la commissione è «una farsa, uno schiaffo agli italiani, un plotone di esecuzione che ha due nomi: Conte e Speranza». L’ex ministro della Salute - che quando era in sella si rifugiava nel più ostinato silenzio - ha ritrovato la favella e con foga ha evocato la persecuzione: «Questa commissione, per come l’avete impostata, ignorando tutte le proposte delle opposizioni, ha un’unica finalità: mettere su un tribunale politico per colpire i membri dei governi che vi hanno preceduti», ha detto.Frigne ben prevedibili, si diceva. Così come era prevedibile che i sacerdoti della Cattedrale sanitaria (i quali sì hanno perseguitato, accusato senza prove e condannato senza ragione milioni di italiani) s’inventassero una grottesca linea di difesa, tratteggiata proprio ieri dallo stesso Speranza e immediatamente ripresa dai giornali amici.Nota di colore: finché c’era da richiedere l’affossamento della commissione d’inchiesta, gli articoli sull’argomento svettavano sulle prime pagine; ora che l’affossamento non c’è stato, le cronache sono nascoste fra le pagine interne, e per lo più occupate dalle lamentele di 5 stelle e Pd.Ma torniamo a Speranza. A suo dire è stata «una mossa strabiliante escludere le regioni dal perimetro dei lavori della commissione. Regioni che, come è noto, hanno competenze primarie nella gestione della sanità, e chiaramente ne hanno avute nella risposta all’emergenza pandemica». Capita la strategia? Temendo di non poter evitare l’indagine parlamentare, il fenomeno prova a scaricare il barile sulle regioni. Manco a dirlo, una bella truppa di amici si è precipitata a sostenere la stessa tesi. Sostegno peloso da Andrea Crisanti, già determinato critico di Speranza e ora più morbido senatore del Pd: «Penso che questa commissione ha senso solo se non ha dei limiti. E i limiti che sono stati posti a mio avviso hanno un’ispirazione politica, e sono un limite al raggiungimento della verità», ha detto all’AdnKronos. «A mio avviso hanno ragione Roberto Speranza e Giuseppe Conte quando dicono che una commissione che ha come delimitazione o come limite invalicabile di non valutare ciò che hanno fatto le Regioni non è una commissione alla ricerca della verità». Conclusione crisantiana: «Io penso che gli italiani abbiano sì il diritto di sapere quello che è successo, se ci sono stati degli errori. E come ho già detto gli errori non necessariamente hanno una valenza penale. Magari fare un’operazione simile può essere una cosa che aiuta anche tutti quanti a riconciliarci. Ma questa iniziativa, questo voto, credo sia un’occasione persa sia per giungere alla verità, sia per arrivare se non altro a una riconciliazione di tutti su questo tema. È qualcosa che alimenta le divisioni». Ma pensa: adesso è la commissione di inchiesta a creare divisioni, scemi noi convinti che a dividere dolorosamente gli italiani fossero stati i fan del green pass. E se Matteo Bassetti è apparso più conciliante e forse speranzoso di essere convocato come esperto dalla commissione, Massimo Galli è riemerso dall’ombra per ruggire. A lui l’indagine parlamentare sembra uno strumento «per un regolamento di conti politico. Meglio sarebbe stato concentrare le energie sulla prevenzione e sul futuro, senza dimenticare che anche il presente non è ancora privo di rischi». Anche Galli ha battuto sul tasto delle regioni: «È assai singolare che la commissione, da quello che appare, sembra fatta per ricercare la responsabilità dei governi precedenti e non, per esempio, le eventuali mancanze che derivano dal sistema sanitario regionalizzato e dalla capacità delle Regioni e delle amministrazioni regionali di far fronte alla pandemia».Bravi, bel tentativo. I solerti negazionisti, tuttavia, dimenticano alcuni particolari. Ad affidare la gestione della pandemia al governo erano i piani pandemici (per altro mai applicati). Le autorità nazionali hanno avocato a sé i poteri dichiarando lo stato di emergenza. Speranza e Conte si sono intestati anche politicamente la lotta al virus illudendosi di riuscire a sconfiggerlo (ricordiamo en passant le odiose conferenze stampa dell’avvocato e il ridicolo libro dell’ex ministro intitolato Perché guariremo). Posto che l’operato delle regioni è già finito nel mirino dei magistrati con l’inchiesta di Bergamo e dunque se ci sono responsabilità verranno a galla, è semplicemente offensivo sostenere che la commissione non abbia senso perché rischia di escludere i governatori (i quali comunque non sono certo al riparo da approfondimenti politici). Solo il fatto che le campagne vaccinali siano state gestite da strutture commissariali dovrebbe suggerire ai loquaci esperti e agli svergognati politicanti un rispettoso silenzio. Questa però è la linea che hanno scelto: la linea dell’oblio, della memoria negata. Una linea che, sperano, donerà loro l’impunità anche sul piano politico oltre che su quello giudiziario. Per salvare sé stessi hanno deciso di insultare gli italiani ancora una volta.