Finora è con il silenzio che se la sono cavata. Grazie a una congiura iniziata anni fa e che ancora oggi prosegue. Bastava osservare le prime pagine dei grandi quotidiani di ieri: c’erano le intemerate di Giuseppe Remuzzi contro Robert Kennedy Jr. che taglia i fondi ai vaccini Mrna, c’erano le parole del ministro Orazio Schillaci sui miliardi in più da spendere per la sanità. Ma della commissione d’inchiesta sul Covid e delle clamorose rivelazioni da essa emerse non v’era traccia. Il che è decisamente allucinante visto quanto ci è costata la pandemia in termini umani, economici, politici e sociali. I più continuano a stare zitti, a fare finta che non sia accaduto niente. Se salta fuori un mezzo pasticcio combinato da un politico (preferibilmente di destra) dieci anni fa, i media ne discutono per settimane, gli inviati dei talk show s’avventano sul presunto colpevole e lo addentrano finché non cede. Ma sul Covid niente: come se non fosse mai esistito.
Tutto ciò, chiaramente, ha reso piuttosto facili le cose per coloro che hanno gestito il grande carrozzone pandemico, Roberto Speranza in primis. L’ex ministro l’arte del silenzio l’ha praticata a lungo: ha sempre rifiutato confronti e interviste serie, ha evitato le domande dei cronisti e pure quelle dei comuni cittadini, malati compresi. In compenso ha scritto un libro ricco di bugie, ma in pochissimi gliene hanno chiesto conto.
Anche ora Speranza tace. Eppure se volesse potrebbe difendersi con forza. Potrebbe rispondere alle pesantissime affermazioni di Giuseppe Ippolito, già direttore per la ricerca e l’innovazione del ministero della Salute, componente del primo e secondo Cts, insomma uno dei capoccioni chiamati a fronteggiare la pandemia in prima linea, uno che evidentemente non ci sta a prendersi colpe che non ritiene essere sue. Ippolito parla della tanto sbandierata task force anti Covid e la definisce «un bailamme di persone che ogni giorno cambiavano». Dice che i pazienti, se lasciati a casa e non concentrati in ospedale, «avrebbero sicuramente avuto un esito migliore». Ma soprattutto dice e ripete: «Noi fornivamo pareri e la politica decideva cosa farci». Tradotto: la politica, non la scienza, ha guidato la gestione dell’affaire Covid. Tanto che, a un certo punto, i componenti del Cts pensarono di togliersi di torno perché i politici continuavano a subissarli di domande a cui non sapevano bene che cosa rispondere. A tale riguardo il racconto di Ippolito è vivido: «Più volte», spiega, «abbiamo ipotizzato di “sminarci” da una situazione per cui, in una giornata fatta di 14-15 ore in un sotterraneo, da noi arrivava sul tavolo di tutto: se si dovevano chiudere gli stadi, se le partite si potevano far giocare a porte chiuse, se si potevano importare le auto, le mascherine, il trattamento delle ostie, le acquasantiere. Era una specie di porto di mare».
Di questo scaricabarile continuo tra scienza e politica qualcuno dovrebbe rendere conto. In particolare, Roberto Speranza dovrebbe rendere conto delle bugie raccontate a proposito della task force, che fu venduta come la risposta più efficiente possibile al virus. Dovrebbe rendere conto del mancato utilizzo del piano pandemico, su cui Ippolito ha parole chiarissime. Del resto il suo intervento era scritto nero su bianco anche nei verbali della suddetta task force: lui disse che il piano sarebbe stato bene attivarlo, ma non ci fu alcuna discussione in merito, e la politica non prese alcuna decisione.
In questo quadro, le possibilità sono due: o Ippolito mente clamorosamente, e allora andrebbe pubblicamente sbugiardato, oppure dice il vero, e allora qualcuno dovrebbe pagare. Tanto più che qualche giorno fa la Cassazione ha stabilito che pure le condotte omissive possono integrare il reato di epidemia colposa: se non è omissione non attivare il piano pandemico, che cosa potrebbe esserlo?
Non solo però Speranza non risponde né smentisce. Non solo i politici che allora stavano al governo tacciono. Ci sono persino esponenti di Pd e 5 stelle che hanno il coraggio di lamentarsi perché le frasi di Ippolito sono state rese pubbliche.
Il pentastellato Alfonso Colucci e la dem Ylenia Zambito, membri della Commissione d’inchiesta, hanno diffuso un comunicato di fuoco sostenendo che la testimonianza dell’ex funzionario del ministero sia stata pubblicata prima del tempo. «Per l’ennesima volta la Commissione Covid viene usata da Buonguerrieri e da Fratelli d’Italia a scopi esclusivamente politici, con il risultato di travisarne gravemente il senso e l’utilità istituzionale, oltre a svilire un’istituzione del rilievo costituzionale di una commissione bicamerale d’inchiesta», dicono Pd e 5 stelle. «Che poi questa violazione sia stata perpetrata, per dire, in tutta fretta, che le decisioni prese dalla politica in quel periodo erano prese per l’appunto dalla politica e non direttamente dagli scienziati è di una banalità sconcertante e conferma che i colleghi di Fratelli d’Italia non hanno compreso nulla di quanto accaduto durante la pandemia».
Come replicano Colucci e Zambito alle parole di Ippolito? Semplice: non replicano. In compenso ripetono la solita solfa: «Come è sempre stato detto, il governo di allora si affidò alla scienza per avere indicazioni da tradurre poi in decisioni che tenessero conto di tutti gli aspetti interessati da quella tragica vicenda, compresi quelli sociali ed economici». Già, ribadiscono che tutte le decisioni sulla pandemia furono prese «seguendo la scienza». Peccato che un illustre rappresentante della suddetta scienza abbia detto di fronte al Parlamento che avvenne esattamente il contrario: i politici chiedevano ma poi agivano per conto proprio, salvo poi cercare di scaricare le responsabilità.
Purtroppo, lo squallido giochino è riuscito. E riesce ancora adesso grazie al silenzio generale.