2025-08-31
Gli allarmi al Cts sui ragazzi: «Usati come carne da macello»
Mentre i messaggi ufficiali del governo garantivano vaccini sicuri, fior di scienziati provarono in tutti i modi a sensibilizzare sui pericoli di Astrazeneca ai più giovani: «Ignorato l’equilibrio rischi-benefici: un orrore».La loro è stata un’inutile corsa contro il tempo e contro le decisioni «horror» del nostro governo di allora. Dagli atti dell’inchiesta genovese sulla morte della diciottenne Camilla Canepa emerge come, per mesi, un gruppo di coraggiose scienziate abbia, inutilmente, provato a impedire che decine di persone, per lo più giovani e donne, rischiassero di morire di trombosi.Un’impresa che è riuscita solo in parte. Gli inquirenti liguri, il 25 marzo 2022, hanno ascoltato la versione di Valeria Poli, ordinario di biologia molecolare a Torino, e di Anna Rubartelli, ematologa e ricercatrice in pensione. In quel momento fanno entrambe parte del team di esperte (una decina in tutto) denominato «Scienziate per la società», che comprende anche immunologhe, nefrologhe e farmacologhe titolari di cattedre universitarie e alla guida di centri di ricerca d’eccellenza. Si tratta di studiose impegnate anche nel sociale o in associazioni che si occupano di diritti delle persone. Ai magistrati hanno spiegato sconfortate che per mesi hanno provato a convincere il Comitato tecnico scientifico e il ministero della Salute a non inoculare il vaccino Astrazeneca nei ragazzi, soprattutto se di sesso femminile, visto che, in quel target, comportava molti più rischi che benefici.Pigrizia, ignavia, malafede. Nei verbali di sommarie informazioni, le due donne non sanno dare una spiegazione alle mosse del governo e dei suoi consiglieri. Ma descrivono perfettamente il proprio sbigottimento nel momento in cui hanno appreso che il Cts, il 12 maggio 2021, circa due mesi dopo la scoperta della Vitt (reazione ai vaccini a vettore virale, caratterizzata da gravi trombosi e contemporanea riduzione di piastrine) da parte di un luminare tedesco, il professore Andreas Greinacher, aveva dato il via libera alle giornate vaccinali per gli over 18. Senza distinzione di età o di genere. «Con orrore abbiamo visto che questi Open day […] hanno cominciato a dare Astrazeneca e Johnson & Johnson», dichiara la Poli ai pm. Anche la Rubartelli confessa il proprio turbamento di fronte alla decisione del Cts di dare il via libera agli Open day con Astrazeneca: «Non commento […] dopo che il ministero aveva detto che si consiglia di non fare il vaccino sotto i 60 anni… boh…».Il 16 marzo 2021 Greinacher riceve il primo campione di sangue di una paziente vaccinata con Astrazeneca che presenta trombosi associata a piastrinopenia. Nel giro di 24-48 ore il suo gruppo dà un nome alla nuova sindrome, la «Vaccine induced immune thrombotic thrombocytopenia». È stata osservata in soggetti da 20 a 50 anni, in maggioranza donne, con dei sintomi precisi: cefalea, dolore addominale, disorientamento e perdita dell’equilibrio. Il tutto a 5-15 giorni circa dalla prima vaccinazione con Astrazeneca. Il 20 marzo il professore tedesco presenta i dati della sua scoperta durante una conferenza stampa. Due giorni dopo la Siset, Società italiana di emostasi e trombosi, pubblica un documento con indicazioni su diagnosi e trattamento e il 24 marzo organizza un webinar proprio sulla Vitt. Per tutto questo, il giorno seguente, viene modificato il consenso informato collegato ad Astrazeneca, con l’inserimento del rischio di coaguli e bassi livelli di piastrine. Il ministero della Salute, però, diffonde una nota informativa concordata con Aifa (l’Agenzia italiana del farmaco) ed Ema (l’Agenzia europea per i medicinali) per ribadire che i benefici superano i rischi, pur ammettendo un legame possibile con casi molto rari di trombosi. In Italia iniziano a morire diverse persone, soprattutto donne. Il 7 aprile il Comitato per la valutazione dei rischi per la farmacovigilanza dell’Ema inserisce le forme rare di trombosi tra gli effetti collaterali molto rari del vaccino e raccomanda di aggiornare la sua scheda tecnica. Conferma, però, che i benefici restano superiori ai rischi. Lo stesso giorno il ministero della Salute raccomanda l’uso preferenziale sopra i 60 anni. La strada sembra segnata. Il 9 aprile lo studio di Greinacher viene pubblicato sul New England journal of medicine, praticamente la Cassazione in termini scientifici. La comunità internazionale non può più ignorare la scoperta. L’11 aprile la professoressa Rossella Mannucci, in un’intervista, afferma: «Giusto limitare l’uso di Astrazeneca. C’è una cura per la reazione avversa». E il 15 aprile le Scienziate per la società prendono ulteriore coraggio (prima dell’uscita su New England non volevano «andare a spaventare la gente», ma adesso «era giusto che si sapesse») e pubblicano sul Corriere della Sera una lettera intitolata «Le trombosi, i due studi e la malattia». Alla Rubartelli non va proprio giù il verbale del Cts del 12 maggio 2021: «Riporta l’incidenza (delle trombosi, ndr) senza stratificare per età… ma io mi sono segnata che già allora Ema e il Winton center di Cambridge (legato all’università e consulente dell’Ema, ndr), che è un grosso centro di statistica, in realtà avevano fatto dei bei grafici dove si vedeva chiaramente che sotto la fascia di età dei 40 anni sono maggiori i rischi che non i benefici. E infatti mi ero segnata “ma perché il Cts non ne parla? Perché non stratifica per età?”».La pm prova a fare l’avvocato del diavolo: «Il Cts può non averli recepiti...». La Rubartelli non ci sta: «Ma non è possibile, se c’è un Comitato tecnico scientifico, se lo so io, lo deve sapere anche lui». La donna evidenzia che lei ne era venuta a conoscenza di quelle notizie da pensionata, «facendo la nonna» e qualche consulenza, insomma per «interesse» personale. Mentre per i membri del Cts «era il loro lavoro, figuriamoci se non dovevano saperlo». La dottoressa insiste: «Figuriamoci se non lo sapevano, lo sapevano quanto noi. Tant’è che una volta c’era stato un battibecco con uno (Cinzia Caporale, ndr) che, invece, ci aveva risposto dicendo “guardate che gli immunologi da noi consultati dicono che non è vero che c’è questo rischio così alto” e noi avevamo risposto “vabbè, speriamo che abbiate ragione voi”. Ma, invece, avevamo ragione noi». In quel periodo gli unici che non tengono conto di quelle scoperte sono i «luminari» del Cts, di cui la Rubartelli ha «sempre avuto una gran stima»: «Li conosco tutti, cioè nel senso che siamo stati colleghi per tanti anni». Una consuetudine che non porta a nulla: «Abbiamo scritto al Cts in diverse occasioni, ma non ci hanno mai risposto niente». La toga chiede conferma: «Ah, non ha risposto nessuno?». Rubartelli: «No, mai. Oppure risposto cose insensate». Con loro era diventato difficile comunicare: «Sfuggivano molto. Quello che più conoscevo, per esempio, non voleva parlare e, comunque, non ero così in confidenza da potergli telefonare dicendo “Oh!! Ma sei scemo?!”, come avrei fatto». Per questo, «non potendogli dire così», alla fine, ha preferito non insistere. Le scienziate, alla fine, vengono totalmente «ignorate». Ma non si arrendono. A fine maggio 2021, 24 medici vaccinatori liguri, tra cui la Rubartelli, firmano una lettera aperta sull’Huffington Post, intitolata «Astrazeneca non è un vaccino per giovani». Ma l’ordine dei medici risponde minacciando procedimenti disciplinari. Roberto Burioni avverte che i camici bianchi «devono sostenere la campagna e vaccinare, non scatenare dubbi e sospetti nelle persone». La pm rilegge l’articolo, mentre raccoglie le sommarie informazioni. È un articolo durissimo. Per esempio c’è scritto: «Ci sembra che la scelta del governo e delle agenzie regolatorie di sconsigliare Astrazeneca sotto i 60 anni e poi di lasciarlo somministrare ai diciottenni sia sconcertante». I ribelli fanno sapere di «disapprovare» gli Open day perché non mettono «correttamente in guardia giovani dai rischi, per bassi che siano, e approfitta del loro lecito desiderio di riprendere una vita normale […] forse per utilizzare le dosi di Astrazeneca conservate nei frigoriferi perché rifiutate dagli ultrasessantenni». La Rubartelli ripete davanti agli inquirenti il leit-motiv di quella missiva («Siamo sconcertati») e ne trasmette il senso: «Io ero furibonda». Anche perché persino Astrazeneca aveva ceduto di fronte alle evidenze scientifiche sul rischio di trombosi: «Ha capito che era vero, non ha dubitato e, infatti, lo ha subito scritto sul bugiardino». Per l’esperta i membri del Cts non avrebbero alzato un dito per impedire che delle ragazze andassero a morire: «Nel momento in cui si sapeva che le giovani donne erano a rischio di questa complicanza, mentre il rischio di morire per Covid sinceramente era molto basso nelle donne sane e giovani, ed essendoci altri vaccini, sembrava un po’ assurdo non...». Cambiare rotta. Ma, invece, è andata proprio così.La teste ricorda quei momenti convulsi: «Il 14 maggio si cominciano a organizzare gli open day per gli over 18 e anche Giovanni Toti (all’epoca governatore della Liguria, ndr) dichiara al Quotidiano Sanità che siccome il parere finale del Cts è che si possono fare, li fa anche lui, giustamente». La donna snocciola aneddoti personali: «Comincio a ricevere telefonate continue di amici/amiche che mi dicono mio figlio/mia figlia… mia figlia stessa mi dice: “Mamma vado subito a farmi vaccinare”. Io le rispondo: “No tu non vai da nessuna parte”». Ed estese il divieto anche agli altri parenti più giovani: «Ai miei nipoti ho detto: “Guai a voi se fate Astrazeneca”». La Rubartelli commenta: «I ragazzi non vedevano l’ora, ma giustamente, perché potevano tornare a vivere, potevano tornare a divertirsi, ovviamente i ragazzi figli delle famiglie pro-vaccino...». L’ex docente ripensa alla decisione del governo: «Lo avevano tolto sotto i 60 anni e adesso lo facevano addirittura...». Si interrompe. Quindi riprende, ancora più dura: «Non mi ricordo dove, ma ne hanno fatto uno (si riferisce ai vaccination day, ndr) addirittura solo per i maturandi, cioè proprio carne da macello».Anche la Poli, di fronte agli inquirenti, non fa sconti: «Per un buon periodo sono stata… siamo state tranquille perché avevamo visto che Astrazeneca era riservato agli over 60 e ci sembrava che il pericolo fosse scongiurato». Ma poi arriva il verbale del Cts del 12 maggio, una seduta in cui, anziché raccomandare Astrazeneca alle persone tra i 50 e i 59 anni, come auspicato dal ministero, viene concesso un incredibile nulla osta agli Open day vaccinali per gli over 18. «Questo è quello che mi ha impressionato» ammette la Poli. «Il Cts non prendeva mai in considerazione il rapporto rischio/beneficio, la stratificazione per età». Tutte informazioni note, come detto da marzo e aprile. Le scienziate avevano iniziato la loro battaglia ancora prima che uscissero gli studi: «Abbiamo scritto, anche in tempi precedenti, al Cts, al ministro Speranza, descrivendo in modo dettagliato quello che si sapeva dei vaccini, dicendo “usiamoli tutti, ma usiamoli correttamente”». Poi, quando sono iniziati gli Open day hanno spedito una mail al presidente di Aifa Nicola Magrini e all’unica donna del Cts, la bioeticista Caporale (vedere articolo a pagina 3). «Noi abbiamo scritto al Cts quando si è cominciato a sapere che usavano Astrazeneca, però, non si sapeva ancora che era stato il Cts ad averlo autorizzato.Cioè, chi lo doveva sapere lo sapeva, però, il grande pubblico, per lo meno noi, non lo sapevamo e questa cosa, in realtà, è stata resa pubblica dal presidente Toti che, dopo la morte di Camilla Canepa, ha detto: “Beh, non è stata colpa mia, è il Cts che ci ha scritto che potevamo farlo”. Ed effettivamente c’è questa lettera ufficiale del Cts». Il resoconto della docente si fa drammatico e ricostruisce il tentativo, dopo gli articoli sui giornali, di divulgare un ulteriore alert: «Io mi ricordo di questa corsa contro il tempo per far uscire questa lettera pensando giustamente che avrebbe avuto, venendo dall’Associazione Luca Coscioni, una maggiore risonanza. Però, devo dire che abbiamo fatto tardi. Probabilmente lo avessimo fatto prima, magari Camilla non sarebbe morta, perché appunto prima abbiamo provato a utilizzare delle vie che non avrebbero portato la cosa alla ribalta… noi pensavamo fosse meglio così rispetto alla confusione che si sarebbe creata e poi niente... poi ci siamo arresi». E sono usciti allo scoperto. Portando la loro battaglia sui media. In Procura chiedono se dopo la morte della Canepa abbiano avuto contatti con i membri del Cts. «No, mai .... non ci hanno mai più (chiamati, ndr)… noi non li abbiamo ovviamente più contattati...» è la replica. Gli inquirenti constatano: «Siete stati ignorati». Poli conferma: «Completamente, nel bene e nel male, non ci sono stati riscontri... poi magari avranno anche avuto le loro pressioni». Chi le abbia messe in atto non è ancora stato chiarito.
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