2021-10-09
Dodici Paesi europei chiedono più muri. Bruxelles: «Pagateli con i vostri soldi»
La Commissione dà l'ok alle barriere fisiche anti migranti, ma precisa: «Noi non daremo un euro». E l'Italia che fa?«A big, fat, beautiful wall!». Un muro grande, grosso e bellissimo. Era quello che Donald Trump, ex presidente degli Stati Uniti, promise e poi fece costruire al confine con il Messico. Uguale entusiasmo e tenacia sembrano mostrare, anni dopo, dodici Paesi dell'Ue. Scrivono un'accorata lettera alla Commissione europea e alla presidenza di turno slovena. Chiedono «nuovi strumenti» per proteggere le loro frontiere groviera. Recinzioni e muri, insomma. Per tentare di bloccare gli incessanti flussi migratori. Bruxelles, pilatescamente, risponde: fate pure. Ma da noi non avrete un centesimo. La missiva, di quattro pagine, è firmata dai ministri dell'Interno di Austria, Cipro, Danimarca, Grecia, Lituania, Polonia, Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Lettonia e Slovacchia. E noi? «Governi di ogni colore chiedono di bloccare l'immigrazione clandestina, con ogni mezzo necessario, così sia» segnala il leader della Lega, Matteo Salvini. Prima di chiedere provocatoriamente: «L'Italia che dice?». Già. E l'Italia? Lady Viminale, Luciana Lamorgese, dopo aver infranto quest'anno ogni record di sbarchi, tace e ferocemente dissente. Figurarsi: una servitrice della patria ultramegaprogressista del suo lignaggio. Puah. I soliti sovranisti. Tutti a rimorchio di quell'Orbán lì. Feccia. Imparassero da lei, piuttosto. Servono patti, accordi, redistribuzioni. Come va predicando da anni. Con gli strepitosi risultati che abbiamo sotto gli occhi. E l'incontro chiarificatore tra lei e Salvini, ipotizzato dal premier Mario Draghi più di un mese fa? Vedremo.Comunque sia: il tempismo della lettera dei dodici non è casuale. Ieri, in Lussemburgo, è cominciato il Consiglio dei ministri degli Interni dell'Ue. E quasi mezza Europa vuole muri grandi e grossi, come quelli trumpiani. «Per evitare, piuttosto che affrontare in seguito, le gravi conseguenze di sistemi migratori e di asilo sovraccarichi e capacità di accoglienza esaurite» si spiega nella missiva. I ministri aggiungono: manca «capacità di agire con decisione quando necessario». Insomma: si interviene sempre tardi e male. Urge, invece, trovare soluzioni per ridurre «i fattori di attrazione». Come «le barriere fisiche», appunto. Sembrano «essere un'efficace misura di protezione che serve gli interessi dell'intera Ue, non solo dei Paesi membri di primo arrivo». Una «misura legittima», chiariscono a scanso di equivoci. Che «dovrebbe essere finanziata in modo aggiuntivo e adeguato attraverso il bilancio Ue, come questione urgente». Ed è proprio sul punto, la pecunia, che l'Europa risulta fermamente contraria: «Bisogna rafforzare la protezione dei nostri confini esterni» premette la commissaria Ue agli Affari interni, Ylva Johansson, al termine del Consiglio europeo. «Alcuni Stati membri hanno costruito recinzioni e strutture di protezione, ne hanno il diritto e lo posso capire» delucida. «Ora però, se occorre utilizzare i fondi Ue per fare questo, devo dire no» conclude.Pavidità mascherata da rigorismo. Ognuno faccia come meglio crede. Basta che si paghi ogni mattone. Quello che già accade in molti Paesi, insomma. Ad esempio, Polonia e Lituania, in queste settimane, stanno alzando barriere difensive con la Bielorussia. Il regime di Alexander Lukashenko spinge i migranti al confine, per destabilizzare l'Unione. «La nostra politica di migrazione e di asilo dev'essere resistente agli abusi» scrivono a proposito i dodici. «Nessun Paese terzo dovrebbe essere in grado di utilizzare il nostro sistema di asilo per scopo di esercitare pressioni politiche e ricattare l'Ue e i suoi Stati membri, o sfruttare l'attuale situazione in Afghanistan». La richiesta dei Paesi sovranisti, per l'occasione coadiuvati da qualche «frugale», è volutamente un dito negli occhi all'imbambolata Bruxelles. La commissaria Johansson ammette «forti pressioni migratorie», per carità. «Abbiamo l'aggressione di Lukashenko, un aumento degli arrivi attraverso il Mediterraneo e la rotta atlantica» dettaglia. Perciò, aggiunge, occorre «fare progressi sul Patto per l'immigrazione e l'asilo». Che però è fermo da un anno. Dunque, nell'attesa, reitera l'ovvio: chiunque ha il diritto di costruire muri e muretti, basta che non batta cassa. Del resto, su 28 membri della Ue, ben dieci hanno già eretto barriere. Quasi sempre per fermare gli immigrati. Dopo il 2018, soprattutto. La più lunga è alla frontiera tra Bulgaria e Turchia: 235 chilometri. Altri 40 chilometri, che si aggiungono ai 12,5 esistenti, sono stati alzati al confine tra Grecia e Turchia, nella zona del fiume Evros. Una recinzione annunciata dal governo ellenico in estate. Atene teme infatti il ritorno dei talebani a Kabul. Potrebbe innescare una nuova crisi dei rifugiati, come quella che nel 2015 portò quasi un milione di persone in Europa, proprio attraverso quel varco. Dunque, la Grecia sigilla. Il confine verrà sorvegliato anche da un sofisticato sistema di monitoraggio digitale. «Non possiamo aspettare passivamente il possibile impatto. Le nostre frontiere saranno sicure e inviolabili» assicura il ministro per la Protezione dei cittadini, Michalis Chrisochoidis. La Spagna, invece, ha rinforzato reti e filo spinato nelle sue due enclavi in Marocco: Ceuta e Melilla. Mentre la Francia ha intenzione di blindare il porto di Calais. In Italia però non s'ode un fiato. Intanto, ieri il totalizzatore ministeriale segnava il tutto esaurito: 47.959 sbarchi da inizio anno.