2022-10-10
Il Mozambico sprofonda nella violenza jihadista. Cristiani sgozzati e decapitati ogni giorno
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Dopo la morte della missionaria comboniana, Suor Maria De Coppi, 83 anni, originaria di Vittorio Veneto, uccisa in un attacco contro una missione nel Nord del Mozambico lo scorso 7 settembre, non si è mai fermata l’ondata di terrore nel Paese africano. A settembre gli insorti mozambicani che hanno giurato fedeltà all’Isis nell’aprile 2018 (che li ha accettati come affiliati nell’agosto 2019), hanno effettuato numerosi attacchi a Cabo Delgado e Nampula, dove hanno distrutto infrastrutture, case e provocato vittime. Secondo la Displacement Tracking Matrix dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni, più di 15.400 persone a Cabo Delgado sono state registrate in movimento tra il 31 agosto e il 20 settembre. Circa il 60% delle persone in movimento ha riferito di aver viaggiato a causa di attacchi o paura di attacchi, mentre circa il 37% si sta muovendo con l'intenzione di rientrare nelle proprie regioni di origine o di ricongiungersi alle proprie famiglie. Secondo gli ultimi rilevamenti circa 47.000 sfollati si trovano nel distretto di Eráti, nella provincia di Nampula, e sono ospitati da familiari e amici. Il trend è continuato ad ottobre tanto che fonti citate dal portale di notizie Carta de Mozambiqu hanno indicato che gli uomini dell’Isis hanno fatto irruzione venerdì 7 ottobre nel villaggio di Ntapuala, vicino alla città di Macomia, dove hanno decapitato un uomo mentre lavorava nel suo campo e lo stesso giorno altre due persone sono state decapitate in un'area compresa tra i villaggi di Koko e Nangololo, tra Macomia e Meluco. Lo scorso 5 ottobre i miliziani della branca locale dello Stato islamico conosciuta con il nome di Ansar Al-Sunna Wa Jamma, nota anche come al-Shabaab, sono penetrati all’interno del villaggio cristiano di Oumba, nella regione di Moida di Cabo Delgado, e hanno ucciso sgozzandole almeno cinque persone. Lo stesso era accaduto il 3 ottobre scorso nei distretti di Meluco e Macomia, nella provincia mozambicana di Cabo Delgado, dove tre persone state decapitate dai jihadisti. La scorsa settimana Bernardino Rafael, capo della polizia mozambicana, ha chiesto alla popolazione della provincia di Cabo Delgado «di resistere di fronte agli attacchi jihadisti con coltelli o machete, vista la crescente insicurezza in questa zona». Poi ha sottolineato che le forze di sicurezza «offriranno addestramento militare ad alcuni membri della popolazione per creare una Forza locale con l'obiettivo di raggiungere una maggiore sicurezza», ma ha anche chiesto alla popolazione «maggiore vigilanza». L’area di Cabo Delgado è teatro dall'ottobre 2017 degli attacchi dei miliziani islamisti noti come al-Shabaab, estranei all'omonimo gruppo che opera in Somalia, e mantiene legami con al-Qaeda. Dalla metà del 2019 sono stati per lo più rivendicati dallo Stato islamico in Africa centrale, che ha intensificato le sue azioni da marzo 2020. La crescente instabilità nell’area ha provocato dal 2017 la morte di più di 4.000 persone e la fuga di quasi un milione di persone che secondo l'agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) «sono state costrette a fuggire dalle loro case nella provincia di Cabo Delgado, nel Mozambico settentrionale, colpita dal conflitto, da quando vi sono scoppiate violenze estreme cinque anni fa». Il leader del gruppo jihadista mozambicano è Abu Yasir Hassan, noto anche come Yaseer Hassan e Abu Qasim, si tratta di un cittadino tanzaniano nato tra il 1981 e il 1983 che nel marzo 2021 è stato designato dagli Stati Uniti come «terrorista globale appositamente designato» a causa delle sue attività nell'insurrezione e dei suoi noti legami con l'Isis. L'Unhcr ha affermato che i suoi ultimi dati mostrano che 946.508 persone sono state sfollate entro la prima metà di quest'anno, sottolineando che il conflitto non si è placato e che migliaia di famiglie sono ancora costrette a lasciare le loro case a causa degli attacchi di gruppi armati non statali. Scorrendo il report dell’agenzia dell’Onu si legge che «le persone hanno assistito all'uccisione, alla decapitazione e allo stupro dei propri cari e le loro case e altre infrastrutture sono state rase al suolo. Anche uomini e ragazzi sono stati arruolati con la forza in gruppi armati. I mezzi di sussistenza sono andati perduti e l'istruzione è stata bloccata mentre l'accesso a beni di prima necessità come cibo e assistenza sanitaria è stato ostacolato. Molte persone sono state nuovamente traumatizzate dopo essere state costrette a trasferirsi più volte per salvarsi la vita». Il conflitto ora si sta estendendo anche ad altre provincie come quella di di Nampula, che a settembre è stata testimone di quattro attacchi di gruppi armati che hanno colpito almeno 47.000 persone e sfollato 12.000. Secondo Matteo Giusti saggista e africanista: «Il 4 ottobre è stato il trentennale dell’accordo di pace in Mozambico fra il Frelimo e la Renamo, un accordo mediato dalla comunità di Sant’Egidio che avrebbe dovuto aiutare il Paese a crescere pacificamente, ma l’ex colonia portoghese resta nel caos. Le province settentrionali, soprattutto Cabo Delgado, vedono attacchi quotidiani da parte di Isis Mozambico, la filiale locale dello Stato islamico. Villaggi attaccati, chiese bruciate, rapimenti e uccisioni stanno terrorizzando la popolazione che non riesce a tornare alle proprie case abbandonate ormai da mesi. I cristiani, la maggior comunità del Mozambico, sono l’obiettivo principale di questi islamisti che ogni volta che occupano un villaggio radunano gli “infedeli” nelle piazze per giustiziarli davanti a tutti». Nonostante le rassicurazioni pare che lo Stato mozambicano abbia le armi spuntate davanti a questa emergenza: «In questa terribile situazione l’esercito mozambicano, comprese le sue forze speciali addestrate da americani e portoghesi, si è dimostrato incapace di difendere il proprio Paese. Ma anche il supporto militare del Ruanda, che qui ha inviato mille uomini, e la task force della Comunità Economica dell’Africa Meridionale guidata dal Sud Africa non è riuscita ad arginare l’ondata jihadista. Palma, Mocimboa da Praia e le altre città del nord sono già cadute in mano ad Ansar al-Sunna e riconquistate a fatica dai governativi, ma oggi tutta la regione e a rischio conquista dell’Isis che qui vorrebbe fondare un califfato e mettere le mani sull’enorme ricchezza del sottosuolo». In soccorso del Mozambico si muove anche l’Europa, lo scorso 9 settembre il capo della diplomazia europea Josep Borrell si è recato in visita a Maputo dove ha ribadito sostegno dell'Ue al Mozambico annunciando nuovi aiuti militari per aiutare il Paese ad affrontare il terrorismo. Borrell ha incontrato nella capitale Maputo il presidente Filipe Nyusi, il ministro degli Esteri Veronica Macamo, e ha tenuto una conferenza stampa per esprimere «l'impegno e la solidarietà dell'Ue con il Mozambico nella sua lotta al terrorismo», oltre ad annunciare che l'Ue ha approvato ulteriori 15 milioni di euro di aiuti militari a sostegno del Mozambico nell'instabile provincia settentrionale di Cabo Delgado, regolarmente insanguinata dagli attacchi attribuiti ai jihadisti. I fondi forniranno a Maputo attrezzature e veicoli, tra le altre cose, e si aggiungono agli 89 milioni di euro già stanziati per sostenere le forze armate mozambicane, ha reso noto l'Ue in una nota. La sensazione però è che nonostante gli aiuti dei Paesi africani, degli Usa e dell’Ue il Mozambico, in particolare l’area di Cabo Delgado, continuerà a sprofondare sotto i colpi degli Ansar al-Sunna Wa Jamma. Un problema per la sicurezza del Mozambico e della sua popolazione ma non solo perché nell’area di Cabo Delgado -precisamente nella penisola di Afungi- si trova il più importante bacino di estrazione di gas naturale dell’intera Africa. Scoperto nel 2010, ha sconvolto per sempre le dinamiche della politica locale. Anche perché l’estrazione di idrocarburi in quest’area vale qualcosa come 150 miliardi di dollari e la prima produzione di gas naturale liquefatto (prevista per il 2024) è stimata in non meno di 43 milioni di tonnellate l’anno. Ora le attività estrattive sono ferme a causa dell’instabilità e le compagnie internazionali come Exxon che qui hanno investito miliardi di dollari rischiano di vedere andare in fumo i loro investimenti.
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Dopo l'apertura dei lavori affidata a Maurizio Belpietro, il clou del programma vedrà il direttore del quotidiano intervistare il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, chiamato a chiarire quali regole l’Italia intende adottare per affrontare i prossimi anni, tra il ruolo degli idrocarburi, il contributo del nucleare e la sostenibilità economica degli obiettivi ambientali. A seguire, il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, offrirà la prospettiva di un territorio chiave per la competitività del Paese.
La transizione non è più un percorso scontato: l’impasse europea sull’obiettivo di riduzione del 90% delle emissioni al 2040, le divisioni tra i Paesi membri, i costi elevati per le imprese e i nuovi equilibri geopolitici stanno mettendo in discussione strategie che fino a poco tempo fa sembravano intoccabili. Domande cruciali come «quale energia useremo?», «chi sosterrà gli investimenti?» e «che ruolo avranno gas e nucleare?» saranno al centro del dibattito.
Dopo l’apertura istituzionale, spazio alle testimonianze di aziende e manager. Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, dialogherà con Belpietro sulle opportunità di sviluppo del settore energetico italiano. Seguiranno gli interventi di Maria Rosaria Guarniere (Terna), Maria Cristina Papetti (Enel) e Riccardo Toto (Renexia), che porteranno la loro esperienza su reti, rinnovabili e nuova «frontiera blu» dell’offshore.
Non mancheranno case history di realtà produttive che stanno affrontando la sfida sul campo: Nicola Perizzolo (Barilla), Leonardo Meoli (Generali) e Marzia Ravanelli (Bf spa) racconteranno come coniugare sostenibilità ambientale e competitività. Infine, Maurizio Dallocchio, presidente di Generalfinance e docente alla Bocconi, analizzerà il ruolo decisivo della finanza in un percorso che richiede investimenti globali stimati in oltre 1.700 miliardi di dollari l’anno.
Un confronto a più voci, dunque, per capire se la transizione energetica potrà davvero essere la leva per un futuro più sostenibile senza sacrificare crescita e lavoro.
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Chi ha inventato il sistema di posizionamento globale GPS? D’accordo la Difesa Usa, ma quanto a persone, chi è stato il genio inventore?