2023-02-16
Mosca: «Ursula ginecologa incompetente»
Ursula von der Leyen e Dmitry Medvedev
Dmitry Medvedev attacca von der Leyen dopo l’annuncio del decimo pacchetto di sanzioni. Da Ue e Jens Stoltenberg pressing per l’invio di armi a Kiev. Sergej Lavrov contro gli Usa: «Il sabotaggio al Nord Stream umilia Berlino». La Svizzera blocca la confisca dei beni privati russi.Ieri pomeriggio sono tornate a suonare le sirene antiaeree nella regione di Kiev, attivando un allarme rientrato poco meno di un’ora. Sei gli obiettivi aerei intercettati dalle forze ucraine, la maggior parte abbattuti. L’amministrazione militare ha specificato trattarsi di «palloni volanti che si muovevano sotto l’influenza del vento e che potrebbero trasportare riflettori radar e apparecchiature di intelligence».Per quanto riguarda l’invio di armi a Kiev, restano in stand by le forniture di caccia, come conferma Berlino: «Solo quando i cieli sopra l’Ucraina rimarranno al sicuro per i prossimi tre-quattro mesi, allora si potrà parlare di passi successivi», ha detto ieri il ministro della Difesa tedesco. E un’altra frenata arriva anche dal ministro della Difesa britannico, Ben Wallace, che sottolinea come la fornitura di un contingente di aerei comporterebbe anche l’invio di «200 militari della Raf». Ma la corsa ad armare l’Ucraina continua senza esitazioni. Infatti, mentre i governi di Paesi Bassi e Danimarca hanno annunciato che non consegneranno i carri armati Leopard-2, ieri l’Alto rappresentante Ue per la Politica estera, Josep Borrell, parlando all’Eurocamera ha esortato ad aumentare gli aiuti: «Abbiamo fatto il massimo ma non basta. Io non voglio una guerra con nessuno, ma per ottenere un negoziato, per ottenere la pace bisogna aiutare l’Ucraina a vincere la guerra. La guerra si deciderà questa primavera e questa estate». Stessa musica anche alla riunione a Bruxelles dei ministri della Difesa della Nato, dove il segretario Jens Stoltenberg ha annunciato l’impegno degli alleati a incrementare gli aiuti «in armi pesanti e addestramento di truppe». Inoltre, il norvegese ha sottolineato che, per fare fronte ai fabbisogni delle truppe ucraine, i partner della Nato si sono impegnati a collaborare con le industrie per incrementare la produzione di munizioni. «L’obiettivo di dedicare il 2% del Pil alle spese per la difesa deve essere il minimo e non il massimo», spiega Stoltenberg, «con i ministri della Difesa abbiamo avviato una discussione che concluderemo al vertice di Vilnius», in programma il prossimo luglio. «Non ci lasceremo trascinare nella guerra che Vladimir Putin ha scelto di fare», ha assicurato invece il segretario Usa alla Difesa Lloyd Austin, che specifica: «Non defletteremo dal compito principale della Nato, che è quello di difendere il territorio e la popolazione dei Paesi dell’Alleanza atlantica», sebbene l’Ucraina, è bene ricordarlo, non sia un Paese del Patto atlantico. Vicini all’ingresso sarebbero invece Svezia (il cui premier ieri era in visita a Kiev) e Finlandia, almeno da quanto annunciato ieri da Stoltenberg, che ha passato la palla al presidente turco Erdogan (contrario all’entrata dei due Paesi nordici a causa della loro protezione ad alcune decine di dissidenti curdi) con il quale avrà una riunione oggi in Turchia. Da Strasburgo, invece, arriva l’annuncio di nuove sanzioni, entro il 24 febbraio, contro la Russia: «Proporremo un decimo pacchetto di misure, con nuovi divieti commerciali e controlli sulle esportazioni di tecnologia verso la Russia, dal valore complessivo di 11 miliardi di euro. Proporremo, tra l’altro restrizioni all’esportazione di molteplici componenti elettronici utilizzati nei sistemi armati russi, come droni, missili ed elicotteri, e l’inserimento nella black list dei propagandisti e dei comandanti militari di Putin», ha annunciato Ursula von der Leyen al Parlamento europeo. «Per la prima volta proponiamo di sanzionare anche le entità iraniane», ha aggiunto la presidente della Commissione. Il nuovo pacchetto di sanzioni è stato salutato con zelo da Mosca: «La ginecologa di più alto rango della Ue (von der Leyen è laureata in ginecologia, ndr) con malcelata gioia sta calcolando le perdite della Russia a causa della nuova ondata di sanzioni, ma non conta le perdite delle sue società europee», ha commentato il vice presidente del Consiglio di sicurezza russo, Dmitry Medvedev. E dalla Russia ieri si è espresso anche il ministro degli Esteri, Sergej Lavrov, per il quale «la politica dell’Occidente per trasformare l’Ucraina in una roccaforte anti-russa sta raggiungendo il punto di non ritorno». Lavrov ha condannato nuovamente anche il sabotaggio del Nord Stream 1 e 2, definito «atto di terrorismo non solo contro la Russia ma anche contro la Germania, che è stata umiliata». Gli Usa, per il ministro russo, «vogliono risolvere anche la questione tedesca, in modo che Berlino non abbia mai più un ruolo» sulla scena internazionale.Buone notizie per Mosca, invece, dalla Svizzera: il governo elvetico ha infatti annunciato che la confisca di beni russi privati nel Paese per aiutare a ricostruire l'Ucraina sarebbe contraria alla legge svizzera. La conclusione del governo di Berna arriva dopo la consultazione con il dipartimento di Giustizia. Il Consiglio federale, dopo lo scoppio della guerra, si era infatti allineato a Bruxelles, appoggiando le sanzioni contro Mosca e congelando miliardi di beni russi. Ma, ieri, il governo ha fatto un passo indietro, chiarendo che «l'espropriazione di beni privati di origine lecita senza indennizzo non è consentita dalla legge svizzera», sottolineando però che «il sostegno all'Ucraina continuerà». Berna ha inoltre affermato di star vagliando la la possibilità di confiscare le riserve valutarie della Banca centrale russa e altri beni statali. Intanto, Il ministro ucraino della Difesa Oleksii Reznikov resta al suo posto, per decisione del presidente Zelensky, sebbene la scorsa settimana, dopo le accuse di corruzione a numerosi funzionari del suo dicastero, le sue dimissioni fossero date per certe. Il presidente ucraino oggi apparirà in video al Festival del cinema di Berlino.
La deposizione in mare della corona nell'esatto luogo della tragedia del 9 novembre 1971 (Esercito Italiano)
Quarantasei giovani parà della «Folgore» inghiottiti dalle acque del mar Tirreno. E con loro sei aviatori della Royal Air Force, altrettanto giovani. La sciagura aerea del 9 novembre 1971 fece così impressione che il Corriere della Sera uscì il giorno successivo con un corsivo di Dino Buzzati. Il grande giornalista e scrittore vergò alcune frasi di estrema efficacia, sconvolto da quello che fino ad oggi risulta essere il più grave incidente aereo per le Forze Armate italiane. Alle sue parole incisive e commosse lasciamo l’introduzione alla storia di una catastrofe di oltre mezzo secolo fa.
(…) Forse perché la Patria è passata di moda, anzi dà quasi fastidio a sentirla nominare e si scrive con la iniziale minuscola? E così dà fastidio la difesa della medesima Patria e tutto ciò che vi appartiene, compresi i ragazzi che indossano l’uniforme militare? (…). Buzzati lamentava la scarsa commozione degli Italiani nei confronti della morte di giovani paracadutisti, paragonandola all’eco che ebbe una tragedia del 1947 avvenuta ad Albenga in cui 43 bambini di una colonia erano morti annegati. Forti le sue parole a chiusura del pezzo: (…) Ora se ne vanno, con i sei compagni stranieri. Guardateli, se ci riuscite. Personalmente mi fanno ancora più pietà dei leggendari piccoli di Albenga. Non si disperano, non singhiozzano, non maledicono. Spalla a spalla si allontanano. Diritti, pallidi sì ma senza un tremito, a testa alta, con quel passo lieve e fermissimo che nei tempi antichi si diceva appartenesse agli eroi e che oggi sembra completamente dimenticato (…)
Non li hanno dimenticati, a oltre mezzo secolo di distanza, gli uomini della Folgore di oggi, che hanno commemorato i caduti di quella che è nota come la «tragedia della Meloria» con una cerimonia che ha coinvolto, oltre alle autorità, anche i parenti delle vittime.
La commemorazione si è conclusa con la deposizione di una corona in mare, nel punto esatto del tragico impatto, effettuata a bordo di un battello in segno di eterno ricordo e di continuità tra passato e presente.
Nelle prime ore del 9 novembre 1971, i parà del 187° Reggimento Folgore si imbarcarono sui Lockheed C-130 della Raf per partecipare ad una missione di addestramento Nato, dove avrebbero dovuto effettuare un «lancio tattico» sulla Sardegna. La tragedia si consumò poco dopo il decollo dall’aeroporto militare di Pisa-San Giusto, da dove in sequenza si stavano alzando 10 velivoli denominati convenzionalmente «Gesso». Fu uno di essi, «Gesso 5» a lanciare l’allarme dopo avere visto una fiammata sulla superficie del mare. L’aereo che lo precedeva, «Gesso 4» non rispose alla chiamata radio poiché istanti prima aveva impattato sulle acque a poca distanza dalle Secche della Meloria, circa 6 km a Nordovest di Livorno. Le operazioni di recupero dei corpi furono difficili e lunghissime, durante le quali vi fu un’altra vittima, un esperto sabotatore subacqueo del «Col Moschin», deceduto durante le operazioni. Le cause della sciagura non furono mai esattamente definite, anche se le indagini furono molto approfondite e una nave pontone di recupero rimase sul posto fino al febbraio del 1972. Si ipotizzò che l’aereo avesse colpito con la coda la superficie del mare per un errore di quota che, per le caratteristiche dell’esercitazione, doveva rimanere inizialmente molto bassa.
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