2022-08-25
Morto dopo Pfizer, archiviazione negata: «Bisogna accertare se c’entra il vaccino»
Nel riquadro, Traian Calancea
Traian Calancea, 24 anni, fu ucciso da un aneurisma a 10 giorni dalla dose. Critiche sulla perizia: «Uno degli autori è membro dell’Aifa».Un giudice, che invita il pubblico ministero a procedere nelle indagini per accertare l’eventuale nesso causale tra l’iniezione del vaccino anti Covid e il decesso improvviso di un giovane, non è notizia di poco conto. Rincuora, che non tutti i tribunali respingano quasi «a priori» la possibilità di un evento avverso, anche letale, dopo l’inoculo. Il gip di Trento, Enrico Borrelli, ha detto no alla richiesta di archiviazione del procedimento penale per la morte il 20 ottobre 2021 del ventiquattrenne Traian Calancea di Trento, studente di origine moldava non sopravvissuto a una massiva emorragia cerebrale dieci giorni dopo la prima dose di Comirnaty, il vaccino Pfizer. Il sostituto procuratore, Licia Scagliarini, ha tempo fino al 30 giugno 2023 per procedere negli accertamenti, scrive il gip nel decreto depositato ieri presso la Cancelleria del tribunale di Trento. Un sospiro di sollievo per la mamma del giovane, Svetlana Rosca, assistita dall’avvocato Renate Holzeisen del foro di Bolzano. Il gip Borrelli ha «dato atto delle deduzioni e dei depositi ad opera delle parti opponenti» e ha «ritenuto opportuno un supplemento di indagine tecnica, limitatamente al richiamato nesso causale». In parole povere, ha detto verificate meglio se il poveretto può essere morto per quella somministrazione di vaccino avvenuta pochi giorni prima. Come scrisse La Verità nell’ottobre di un anno fa, i sanitari del 118 che avevano trovato Traian privo di vita, nel bagno della sua abitazione di Trento, attribuirono la morte a un «malore a domicilio». Mamma Svetlana, però, non si era rassegnata. Suo figlio stava bene, non soffriva di alcuna patologia, era uno sportivo, istruttore di Kick boxing. Lavorava in un’agenzia immobiliare per pagarsi gli studi, era iscritto a economia e commercio, e proprio per essere a posto con il green pass il 10 ottobre del 2021 aveva fatto la prima dose di Pfizer. Dieci giorni dopo, quella morte improvvisa. La signora, che lavora come ausiliaria all’Ospedale San Camillo di Trento, quella sera aspettava che il figlio andasse a prenderla per riportarla a casa in auto e, non vedendolo comparire, si era preoccupata. Nemmeno rispondeva al cellulare. Fu trovato esanime sul pavimento del bagno, un malore fulminante. Svetlana presentò denuncia contro ignoti. «L’autopsia doveva essere richiesta d’ufficio», commentò alla Verità l’avvocato Holzeisen, «purtroppo questo è un altro caso emblematico dell’assenza di una farmacovigilanza attiva nel nostro Paese». Venne aperto un procedimento penale, ma il 31 marzo di quest’anno il pm Scagliarini presentò richiesta di archiviazione. I periti che aveva nominato erano giunti alla conclusione che la morte era «conseguita a un evento neurologico acuto secondario a rottura aneurismatica con conseguente sviluppo di emorragia subaracnoidea, complicata da una forma acuta di edema polmonare neurogenico». Nessun cenno alle possibili cause scatenanti. Non si cercò di verificare se il vaccino fosse da mettere in correlazione causale con la rottura dell’aneurisma, anzi i periti la esclusero perché «non vi sarebbe stata un’evidenza scientifica certa che colleghi il vaccino con un aumento della pressione arteriosa». Salvo poi ammettere: «Si precisa ulteriormente come la rilevazione della proteina Spike non risulta possibile con i mezzi a nostra disposizione». L’avvocato Holzeisen, che a sua volta si avvaleva di periti di parte, fu su questo punto molto netta: «La perizia, mancante proprio su questo aspetto cruciale, risulta inutile al fine di accertare la verità». Test si potevano fare, ma in loro assenza non è stato possibile «né confermare né escludere un meccanismo direttamente legato alla “materia” vaccinale, cioè alla proteina Spike». Non solo, i periti della Procura avevano utilizzato l’algoritmo dell’Aifa per stabilire che «la rottura “spontanea” di un aneurisma cerebrale e formazione conseguente di emorragia subaracnoidea è possibile, ma estremamente rara», che «l’età media all’esordio è pari a 50 anni» e che la probabilità di morire per emorragia subaracnoidea è di «0,16 su 1.000.000». Traian aveva solo 24 anni, era sano, eppure a fronte di un evento così raro è stato omesso ogni esame in merito alla correlazione tra la vaccinazione e l’aumento improvviso della pressione arteriosa. Holzeisen vuole anche maggiori indagini sull’operato del centro vaccinale, che ha eseguito l’inoculo malgrado il giovane avesse una cefalea acuta e dolorosa, senza farlo scendere dall’auto quindi «in una struttura provvisoria sul campo». Ed è critica pure sulle scelte operate dalla Procura di Trento, che nominò tra i periti il professor Ugo Moretti, associato di farmacologia presso Università di Verona. «Moretti è il responsabile della farmacovigilanza in Veneto e Provincia di Bolzano e membro della commissione Aifa», spiega. «In tale funzione avrebbe dovuto garantire che l’inoculazione di queste sostanze avvenisse solo a condizione della prescrizione medica, prevista dalle deliberazioni di autorizzazione condizionata; avrebbe dovuto bloccare l’inoculazione negli hub vaccinali perché condotta in gravissima violazione della normativa del 15 luglio 1997 sulle sperimentazioni di farmaci che richiedono un consenso informato e libero. Inoltre, ha sempre dichiarato che i vaccini anti Covid sono sicuri e li consiglia ai bambini. È evidente che non poteva mai fare il consulente della Procura, perché evidentemente non può avere un interesse all’accertamento della verità», conclude Renate Holzeisen.
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