2022-11-24
«Su morti e lockdown i numeri non tornano»
Nei riquadri, da sinistra: Peter Doshi e John Ioannidis (iStock)
Gli esperti al convegno di Torino, boicottato dal Politecnico, denunciano gravi errori nei calcoli dei modelli che determinarono i diktat pandemici. John Ioannidis: «Extramortalità sovrastimata». Maurizio Rainisio: «Conteggio dell’indice Rt sbagliato per due anni».Alla fine, nonostante l’incredibile boicottaggio da parte del Politecnico di Torino, dell’Istituto superiore di sanità e dell’ex Cts, il grande convegno scientifico PoliCovid 22 - Salute, scienza e società alla prova della pandemia è iniziato. Terminerà domani, dopo gli interventi di scienziati autorevoli e noti in tutta la comunità scientifica internazionale come John Ioannidis, Sunetra Gupta, Tom Jefferson e Peter Doshi, oltre ai tanti insigni accademici, giuristi ed esperti che si stanno avvicendando sul palco torinese per fare, dopo due anni, il primo bilancio sulla gestione pandemica. Uno sforzo lodevole da parte del comitato organizzativo, che non prevedeva la defezione, a quattro giorni dall’inizio, di chi avrebbe dovuto patrocinare e ospitare l’evento, il Politecnico, e da chi era stato invitato a un confronto su dati e modelli diffusi in questi due anni e mezzo, l’Istituto superiore di sanità presieduto da Silvio Brusaferro. La sfacciata motivazione della diserzione di Iss ed ex Cts è che il convegno dava spazio a punti diversi sulla pandemia: il confronto, insomma, non ci doveva essere, perché «la scienza non è democratica», come sostiene con orgoglio qualche virologo nostrano.Questa caricatura della scienza a Torino per fortuna non c’era, ma l’ha raccontata, in una rigorosa relazione, uno dei massimi epidemiologi mondiali, il professor John Ioannidis, cattedra di politiche sanitarie all’università americana di Stanford, che è partito dagli strumenti più utilizzati per calcolare quali misure adottare contro il virus - i famosi modelli predittivi - per poi smontarli uno ad uno. «I modelli hanno una lunga tradizione di successo, ma il Covid è stato anche il loro crash test». Per fare un esempio pratico, Ioannidis ha chiamato in causa nientemeno che l’Imperial College (sì, quello di Andrea Crisanti, oggi deputato del Partito democratico): «Il loro team è uno tra i migliori al mondo. Uno dei modelli più noti che hanno prodotto, pubblicato su Nature, diceva che i lockdown avevano risparmiato 3.1 milioni di persone in Europa». Sulla base di questo modello, le restrizioni in tutti i Paesi sono state incoraggiate. Ebbene - racconta Ioannidis - i modellisti dell’Imperial ne avevano anche realizzato un altro, che smentiva l’efficacia dei lockdown. «Ci siamo domandati come mai lo stesso team, sugli stessi dati, avesse potuto emettere due modelli completamente diversi. Quale era il più attendibile? Noi siamo arrivati alla conclusione che quello che diceva che i lockdown non erano stati efficaci era fatto molto meglio. È strano che l’Imperial, pur sapendo che il secondo modello fosse migliore, abbia deciso di pubblicare proprio quello meno attendibile: un chiaro caso di selected reporting», osserva Ioannidis. Un altro esempio riferito da Ioannidis riguarda l’eccesso di mortalità che, incidentalmente, ci vede ai primi posti nella classifica di chi ha conseguito i risultati peggiori «Paragonando i modelli elaborati nei Paesi ad alto reddito, abbiamo osservato che sono usciti dati completamente diversi». In effetti, il margine di errore tra quelli ufficiali, 1.9 milioni di morti Covid nel mondo, e quelli calcolati da Lancet/IHME, ossia 2.8 milioni, sbaglia solo di 900.000 persone…! Il modello eLife ha stimato invece 2.0 milioni di deceduti, l’Economist 2.2 milioni, mentre quello di Ioannidis ne ha calcolati 1.5 milioni sulla base della stratificazione per fascia di età, di cui pochi hanno tenuto conto. Ma le morti sono state sovrastimate o sottostimate? Secondo Ioannidis, all’inizio sottostimate, ma poi, con l’arrivo dei tamponi, sono state probabilmente sovrastimate. In Finlandia hanno dovuto recentemente abbassare le loro stime dei decessi del 40%. Dopo Ioannidis, è stato il turno di Sunetra Gupta, una dei tre firmatari della Great Barrington Declaration. «Quando abbiamo capito che morivano i più vulnerabili, era molto chiaro anche il costo del lockdown - spiega Gupta - e dagli studi sugli altri coronavirus, sapevamo già che sia l’infezione naturale che i vaccini potevano solo dare protezione contro la malattia severa e la morte, ma non bloccavano l’infezione. Combinando queste informazioni, insieme con Martin Kulldorff e Jay Bhattacharya, a settembre 2020 siamo andati dal governo inglese con una proposta, quella della «protezione mirata» dei vulnerabili, che avrebbe consentito al resto della popolazione di tornare alla vita normale. Ci siamo scontrati contro enormi e inimmaginabili resistenze».Molto interessanti le rilevazioni dello statistico Maurizio Rainisio, che ha smontato tutta l’architettura modellistica di Silvio Brusaferro e di Stefano Merler (sì, l’esperto della Fondazione Kessler che aveva previsto 150.000 terapie intensive occupate). Inutile dire che l’Otelma della statistica - consulente privilegiato di Roberto Speranza, ça va sans dire - non ne ha imbroccata una. Rainisio ha smontato tutte le conclusioni dello studio Manica et al. sull’efficacia delle famose zone colorate durante la seconda ondata. Vi ricordate quella stressante altalena tra giallo, arancione e rosso che determinava se potevamo mandare i nostri figli a scuola o no, circolare la sera o andare nei negozi? Ebbene, gli autori senior di questo lavoro sono proprio Brusaferro e Merler, che hanno contribuito fortemente a indirizzare le azioni del governo italiano durante la pandemia. Secondo Rainisio, tutte le osservazioni degli autori non dimostrano che l’istituzione delle zone colorate abbia determinato una diminuzione dell’Rt, già in calo prima delle settimane da loro prese a modello. «I dati riportati nel loro articolo sono semplicemente incompatibili con i dati osservati», dice Rainisio. «Le valutazioni what-if del loro studio sono stati giochi di prestigio più pericolosi che inutili». Un esempio per tutti: il loro calcolo dell’Rt, stabilito secondo l’algoritmo dell’Iss chiamato EpiEstim. In realtà questo algoritmo assegnava Rt a una data successiva di 7 giorni. In più veniva calcolato sull’insorgenza dei sintomi anziché sul giorno dell’infezione. Per due anni, dunque, l’indice Rt stato è stato calcolato in modo non corretto. «Il rapporto di causa-effetto, che gli autori hanno ripetutamente sostenuto, non è dimostrato. Anzi - aggiunge Rainisio - i dati non sono incompatibili con l’ipotesi di un effetto negativo ancorché ritardato di alcuni giorni». Capito? Non solo hanno sbagliato ma potrebbero pure aver fatto danni. Con buona pace del Nobel per la Fisica Giorgio Parisi, che a ottobre del 2020 invocava «provvedimenti drastici»: ci sono stati, ma non hanno prodotto nulla. Sarà forse per l’analisi di Rainisio che Brusaferro e Merler non si sono presentati a Torino? Dure le conclusioni di Laurent Mucchielli, direttore del Centro Nazionale della Ricerca Scientifica in Francia. «La narrazione sul Covid ha poggiato su 4 convinzioni: la pandemia è una minaccia per l’umanità; non ci sono cure mediche per i malati; il lockdown è l’unico modo di contenimento; il vaccino miracoloso è l’unico strumento per sconfiggere la pandemia. Sono tutte e quattro confutabili». Amen.
Jose Mourinho (Getty Images)