2024-05-21
Teheran (per adesso) in mano a un filorusso
A guidare la Repubblica islamica fino al voto sarà Mokhber, braccio destro di Khamenei e artefice dell’accordo con Mosca sui droni. Il cambio di vertici potrebbe rafforzare le ambizioni nucleari del regime e, di conseguenza, compromettere la distensione con Riad.Polemiche per la solidarietà di Bruxelles. L’olandese Wilders: «Non in mio nome». Ursula muta, Michel e Borrell afflitti.Lo speciale contiene due articoli.È uno scenario ricco di incognite quello che si apre con la morte di Ebrahim Raisi, rimasto ucciso l’altro ieri insieme al ministro degli Esteri iraniano, Hossein Amir-Abdollahian, a seguito di un incidente in elicottero. Innanzitutto a livello di politica interna: arrivato alla presidenza iraniana nel 2021, Raisi era considerato un possibile successore dell’ayatollah Ali Khamenei alla carica di guida suprema. Non è quindi escludibile che la sua improvvisa scomparsa possa portare a un periodo di instabilità politica, scatenando una lotta di potere. La presenza di Khamenei ai vertici della Repubblica islamica rende improbabile che possano verificarsi dei cambiamenti di rotta sostanziali nella politica iraniana. Le incognite sorgono semmai su altre questioni. In primis, c’è l’età dello stesso Khamenei: ha 85 anni e il fatto che uno dei suoi più probabili successori sia improvvisamente morto crea una potenziale instabilità. Va anche ricordato che, assieme a Raisi, veniva dato in corsa il figlio dello stesso Khamenei, Mojtaba, che adesso potrebbe acquisire maggior peso politico. Non è comunque chiaro se disponga del sostegno sufficiente per arrivare alla carica di guida suprema. In secondo luogo, si apre la partita per la presidenza. Le Guardie della rivoluzione faranno di tutto per mantenere la loro influenza su questo scranno: in tal senso, un nome che già circola è quello del presidente del parlamento, Mohammad Baqer Qalibaf. Il punto è che non si possono escludere delle divisioni tra gli stessi pasdaran. Bisognerà infine capire se, oltre ai funerali in programma giovedì, si svolgeranno manifestazioni di piazza. E, in caso, di quale orientamento.Le prossime elezioni sono state programmate per il 28 giugno. Per il momento, l’incarico di presidente è passato nelle mani del primo vicepresidente iraniano, Mohammad Mokhber. Considerato assai vicino a Khamenei, Mokhber è un ex ufficiale delle Guardie della rivoluzione e intrattiene stretti legami con la Russia. Fu proprio lui, nell’ottobre 2022, a concludere un accordo con Mosca per fornirle droni e missili. Guarda caso, ieri Vladimir Putin e Mokhber hanno avuto una telefonata, evidenziando la loro «reciproca intenzione di rafforzare ulteriormente l’interazione russo-iraniana». Non solo. Il segretario del Consiglio di sicurezza russo, Sergei Shoigu, ha anche reso noto che Mosca assisterà Teheran nel cercare di far luce sulle cause dell’incidente: un’inchiesta in tal senso è stata del resto annunciata dal capo di Stato maggiore iraniano, Mohammad Bagheri.Delle pesanti incognite si registrano frattanto anche sul fronte della politica estera. La leadership iraniana si è infatti ritrovata parzialmente decapitata nel pieno della crisi di Gaza. Se dovesse finire preda di una lotta di potere intestina, la Repubblica islamica rischierebbe di ritrovarsi con una strategia regionale azzoppata. Non è un mistero che Teheran stia da tempo foraggiando un pericoloso network terroristico, per cercare di ridurre l’influenza di Israele e degli Stati Uniti sul Medio Oriente. Non a caso, a esprimere ieri le proprie condoglianze per la morte di Raisi sono stati Hamas, Hezbollah e gli Huthi: tutti gruppi finanziati da Teheran. Insomma, la crisi di Gaza potrebbe avviarsi verso una svolta: un Iran spaccato al suo interno e ripiegato su sé stesso porterebbe all’indebolimento della propria rete di proxy (a partire da Hamas). Senza contare che una simile situazione potrebbe sfibrare il network internazionale tessuto da Raisi in questi anni: ieri, a porgere le loro condoglianze, sono stati, tra gli altri, Cina, Turchia, Siria e Libano. Israele, che per bocca di un funzionario ha categoricamente escluso un proprio coinvolgimento nella morte del presidente iraniano, potrebbe ora ribaltare la situazione a suo favore nello scontro regionale col regime khomeinista.Un’altra incognita riguarda le pericolose ambizioni nucleari di Teheran. Il presidente defunto aveva rafforzato i rapporti della Repubblica islamica con potenze nucleari tutt’altro che raccomandabili, come Pakistan e Corea del Nord. Era inoltre metà aprile, quando il Washington Post rivelò che l’Iran sarebbe stato molto vicino alla bomba atomica. Ciononostante, il mese scorso, l’amministrazione Biden non aveva smentito che i colloqui indiretti tra Washington e Teheran per ripristinare il controverso accordo sul nucleare iraniano stessero proseguendo: un ulteriore esempio del pericolosi appeasement dell’attuale Casa Bianca verso gli ayatollah. Da questo punto di vista è significativo il fatto che, a sostituire Abdollahian come ministro degli Esteri, sia stato ieri Ali Bagheri Kani: uno dei principali negoziatori iraniani per il nucleare. A luglio scorso, lo stesso Mokhber sostenne che l’Iran avrebbe dovuto diventare autosufficiente nella realizzazione di reattori nucleari. È quindi improbabile che Teheran abbandonerà le proprie ambizioni atomiche.Ambizioni che tuttavia stanno compromettendo la sua distensione con Riad. I sauditi temono che gli iraniani possano entrare in possesso dell’ordigno nucleare. E sono rimasti anche impensieriti dal recente attacco di Teheran contro Israele. Una serie di circostanze che sta portando Riad a riavvicinarsi a Washington: appena l’altro ieri, il consigliere per la sicurezza nazionale americano, Jake Sullivan, ha incontrato il principe ereditario saudita Mohammad bin Salman per discutere di un accordo in materia di sicurezza e di assistenza sul fronte del nucleare a uso civile. Insomma, Teheran sta ormai cadendo in una spirale di crescenti difficoltà.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/morte-raisi-successione-2668326452.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="ue-nel-caos-pure-per-le-condoglianze-michel-e-borrell-afflitti-ursula-muta" data-post-id="2668326452" data-published-at="1716292193" data-use-pagination="False"> Ue nel caos pure per le condoglianze: Michel e Borrell afflitti, Ursula muta La morte del presidente dell’Iran, Ebrahim Raisi, ha dato il via all’ennesima polemica all’interno dell’Unione europea e confermato un dato già evidente prima: anche se si parla di esercito comune, la verità è che nemmeno esiste una politica estera europea. Intorno alle 19 di domenica, mentre erano ancora in corso le ricerche dell’elicottero su cui era in volo il presidente iraniano, il commissario Ue per la Gestione delle crisi, Janez Lenarcic, ha annunciato l’attivazione di Copernicus, il servizio di mappatura di risposta rapida dell’Unione, in aiuto di Teheran. La scelta ha scatenato reazioni ostili, anche perché nell’ultimo anno e mezzo Bruxelles ha imposto all’Iran dieci pacchetti di sanzioni per violazione dei diritti umani, in aggiunta a diverse altre misure in risposta alla fornitura di droni e missili alla Russia. Inoltre, l’Ue chiede da tempo il rilascio dello svedese Johan Floderus, diplomatico europeo detenuto in Iran da due anni con l’accusa di spionaggio. All’interno del vecchio continente ci si interroga sul significato della parola solidarietà quando essa si rivolge a un regime e, in particolare, a un uomo noto come «il macellaio di Teheran», accusato di essere coinvolto nelle esecuzioni di massa di migliaia di prigionieri politici nel 1988. Tra i promotori della linea della solidarietà, spicca il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel: «L’Ue», ha scritto sul suo profilo X, «esprime le sue sincere condoglianze per la morte del presidente Raisi e del ministro degli Esteri Abdollahian, come anche degli altri membri della loro delegazione e dell’equipaggio, in un incidente in elicottero. Il nostro pensiero va alle famiglie». Analoghe dichiarazioni sono arrivate dall’Alto rappresentante Ue per la politica estera, Josep Borrell: «L’Unione europea esprime le proprie condoglianze per la morte del presidente della Repubblica islamica dell’Iran Ebrahim Raisi, del ministro degli Esteri Hussein Amir Abdollahian e di altri funzionari iraniani coinvolti nel tragico incidente in elicottero di domenica. L’Ue esprime le proprie condoglianze alle famiglie di tutte le vittime e ai cittadini iraniani colpiti». Dall’altro lato, risulta significativo il silenzio del presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. Tra le diverse critiche, poi, emergono quelle di Geert Wilders, leader del Partito per le Libertà olandese e azionista di maggioranza del governo di Amsterdam, il quale ha dapprima ripostato su X l’annuncio - da parte di Lenarcic - dell’attivazione di Copernicus, con il commento «Solidarietà europea con il male», poi ha fatto lo stesso con il post di Michel, aggiungendo questa volta l’hashtag «Not in my name» (non in mio nome). «Spero che l’Iran torni presto a essere uno Stato laico», ha infine pubblicato sul suo profilo, «con la libertà per il popolo iraniano e senza un regime oppressivo e barbaro di mullah islamici». In seguito è arrivata la difesa di Lenarcic: la fornitura di Copernicus «per facilitare un’operazione di ricerca e soccorso», ha dichiarato, «non è un atto di supporto politico a nessun regime o governo. È semplicemente un’espressione della più basilare umanità». Su cui, però, ognuno va per conto suo. Negli anni Settanta Henry Kissinger, storico segretario di Stato Usa, si chiedeva ironicamente: «Chi devo chiamare se voglio chiamare l’Europa?». Anni dopo è stato istituito l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, oggi Borrell. Eppure, la domanda rimane - ancora oggi - senza risposta.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)
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