2025-04-23
Pro Cina o Usa, derby tra porporati
Donald Trump parteciperà al funerale, Pechino ha mandato le condoglianze. La competizione tra superpotenze sarà il convitato di pietra dell’elezione. E prendono forma le cordate.Il duello tra Washington e Pechino in vista del conclave è iniziato. Ieri, dopo più di 24 ore dalla morte di papa Francesco, il governo cinese ha offerto le proprie condoglianze, senza specificare se invierà o meno una rappresentanza ai funerali. «Negli ultimi anni, la Cina e il Vaticano hanno mantenuto contatti costruttivi e condotto scambi amichevoli. La Cina è disposta a compiere sforzi congiunti con il Vaticano per promuovere il continuo miglioramento delle relazioni Cina-Vaticano», hanno dichiarato da Pechino. Il riferimento è al controverso accordo sino-vaticano sulla nomina dei vescovi che, originariamente siglato nel 2018, è stato rinnovato tre volte: l’ultima a ottobre scorso, quando l’intesa, da sempre fortemente caldeggiata soprattutto dal cardinal Pietro Parolin, è stata prorogata per altri quattro anni.Non è un mistero che questo accordo abbia irritato notevolmente gli Stati Uniti. Nel 2020, l’allora segretario di Stato americano, Mike Pompeo, cercò invano di evitare che fosse rinnovato. L’anno dopo, il suo successore alla guida del dipartimento di Stato americano, Tony Blinken, ebbe un incontro con Parolin, in cui si parlò anche del problema della libertà religiosa in Cina. E, guarda caso, di libertà religiosa hanno discusso, appena sabato scorso, lo stesso Parolin e il vicepresidente statunitense, J.D. Vance. Tutto questo, mentre lunedì, poco dopo la scomparsa del Pontefice, Donald Trump ha offerto le sue condoglianze, ordinando le bandiere a mezz’asta. Non solo. Il presidente americano ha annunciato che sabato sarà a Roma insieme alla moglie Melania per partecipare ai funerali di Francesco. Una scelta che ha un significato (anche) di carattere geopolitico.Non dobbiamo dimenticare che l’accordo sino-vaticano ha spaccato internamente la Chiesa. Il Papa e Parolin hanno spinto la Santa Sede sempre più vicino alla Cina: una linea politica, questa, significativamente appoggiata dalla Compagnia di Gesù e dalla Comunità di Sant’Egidio. Dall’altra parte, vari porporati di orientamento «ratzingeriano» auspicano che il baricentro della politica estera vaticana ritorni maggiormente a Occidente. E proprio l’accordo sino-vaticano potrebbe creare alcuni blocchi in seno al conclave.Tra i sostenitori dell’intesa figura, ovviamente, Parolin ma anche Matteo Zuppi, Luis Antonio Tagle e Stephen Chow, il vescovo gesuita di Hong Kong che si è molto adoperato a favore della distensione tra Pechino e la Santa Sede. Di contro, a criticare l’accordo - tra i papabili - sono stati Timothy Dolan, Raymond Burke e Gerhard Müller. Vale la pena di ricordare che Dolan, arcivescovo di New York, è stato il prelato che ha recitato la preghiera inaugurale durante l’insediamento di Trump alla Casa Bianca lo scorso 20 gennaio. Tra l’altro, l’attuale presidente americano ha nominato come ambasciatore presso la Santa Sede Brian Burch, che la stampa d’Oltreatlantico ha frequentemente descritto come un «critico» dello stesso Francesco.È, quindi, chiaro che il prossimo conclave si inserirà nella sempre più intensa competizione geopolitica che intercorre tra Stati Uniti e Cina. Trump e Xi Jinping si stanno contendendo l’influenza su ampie parti del Sud gtlobale. Pechino vede nella sponda vaticana un modo per rafforzare il proprio prestigio politico-diplomatico in aree come l’Africa e l’America Latina: esattamente quanto vuole evitare l’inquilino della Casa Bianca, che punta a isolare il più possibile la Repubblica popolare sia sul piano diplomatico che su quello commerciale.Senza, poi, trascurare che Washington teme che la Santa Sede possa prima o poi rompere i propri rapporti diplomatici con Taiwan. Non solo. Oltre a essere storicamente vicino a Dolan, Trump conta numerosi cattolici nella propria amministrazione, a partire proprio da Vance. Si sta, quindi, ritagliando il ruolo di portavoce di quella Chiesa statunitense che, più volte bacchettata da Francesco durante il suo pontificato, auspica una Santa Sede più lontana dalla Cina e maggiormente attenta ai «valori non negoziabili» di ratzingeriana memoria. Ora, è vero che la maggior parte dei cardinali elettori sono stati nominati da Francesco. Il che potrebbe far credere che l’accordo sino-vaticano sia, di fatto, blindato. Tuttavia i porporati di designazione bergogliana non costituiscono un gruppo compatto. E molti di loro non si conoscono vicendevolmente. Senza contare che l’accordo sino-vaticano ha mostrato dei limiti oggettivi. Non solo Pechino lo ha più volte violato, ma la situazione dei cattolici cinesi non è granché migliorata da quando è stato siglato. Xi ha, infatti, promosso una politica di «sinicizzazione», per mettere i fedeli sotto pressione e indottrinarli sulla base dei principi del socialismo (ieri Asianews riferiva che ai vescovi cinesi non è consentito di esprimersi sulla morte del Papa).Si tratta di un fattore che a molti porporati non sfugge. Le stesse difficoltà geopolitiche, in cui Pechino è piombata a seguito dei dazi statunitensi, potrebbero avere indirettamente un peso durante il conclave. La partita, insomma, è tutta da giocare.
Il giubileo Lgbt a Roma del settembre 2025 (Ansa)
Mario Venditti. Nel riquadro, da sinistra, Francesco Melosu e Antonio Scoppetta (Ansa)